Come porre fine al ciclo di violenza tra palestinesi e israeliani

Author Daoud Kuttab 10 June 2016

Il ciclo di violenza in Palestina e Israele è diventato così prevedibile che chiunque a seguito di una notizia può facilmente prevedere che cosa succederà dopo. Per i palestinesi, gli israeliani e la comunità internazionale, la prevedibilità del ciclo di violenza indica nella fine dell’occupazione israeliana il modo più efficace per porre fine alla violenza.

L’attacco dell’8 giugno in un mercato di Tel Aviv che ha lasciato quattro israeliani morti non fa eccezione a questa dinamica.
I palestinesi denunciano l’assenza di un processo di pace e la mancanza di un orizzonte politico come causa  di crescita del ciclo di violenza. Muammar Orabi, direttore generale della Wattan News Agency con sede a Ramallah, ha detto ad Al-Monitor che ciò che è accaduto a Tel Aviv è una conseguenza naturale dell’attuale  declino politico.

“I palestinesi hanno perso la speranza, e  nei territori occupati vi è un senso di frustrazione senza precedenti “, ha aggiunto Orabi.

Questo parere non è solo il punto di vista dei  palestinesi. In un’intervista con la giornalista Ilana Dayan sulla radio dell’esercito israeliano (Galei Tzaha) il 10 giugno, Ron Huldai, il popolare sindaco di Tel Aviv, ha puntualizzato le responsabilità. Huldai,  ex pilota dell’aeronautica e ambizioso leader del Partito laburista, ha detto che ci sono più di 200 dispute territoriali in tutto il mondo, aggiungendo: “Ma potrebbe esserci un solo paese al mondo  in cui un altro paese è sotto occupazione, senza diritti civili. Non si può tenere un popolo in una situazione di occupazione e di speranza pensando che tutto vada bene “.

La necessità di porre fine alla violenza è stata espressa anche dal membro della Knesset  Ayman Odeh, leader  della coalizione dei partiti prevalentemente arabi. Odeh è stato citato sul Jerusalem Post per le sue parole: “Allontanare  israeliani e palestinesi dal ciclo di terrore e spargimento di sangue. Dobbiamo lottare insieme per porre fine all’occupazione, e fare la cosa giusta per la giustizia e la pace per entrambi i popoli. “

L’attacco al mercato di Tel Aviv, di fronte al quartier generale militare israeliano, è avvenuto in un momento in cui la maggior parte degli ufficiali israeliani stavano considerando che il numero di attacchi di coltello da parte dei palestinesi era drasticamente diminuito.

Izzeldin Abuelaish, medico di Gaza che ha perso i suoi tre ragazze durante la guerra 2009 a Gaza, denunciando l’attacco e descrivendolo come “inutile” ha detto ad Al-Monitor che l’attacco è un’arma a doppio taglio. In un’intervista telefonica, ha detto, “Da un lato, si incoraggiano  i governanti che hanno sempre cercato scuse per non fare la pace con i palestinesi, e, allo stesso tempo, mostra chiaramente la frustrazione di un popolo sotto occupazione e senza diritti “.

Abuelaish, il cui libro “Io non odio” ha contribuito a fargli guadagnare più lauree ad honorem e tre nomination consecutive per il Premio Nobel per la Pace dal 2013, è scettico circa la volontà del governo israeliano di perseguire la pace. “La pace è un modo di vivere che si traduce in azioni e parole”, ha detto Abuelaish.

Attualmente lavora come professore di medicina presso l’Università di Toronto, Abuelaish fa appello a una maggiore pressione su Israele per contribuire a spezzare il ciclo della violenza. “I palestinesi sono stati bruciati più volte dalla violenza. Dobbiamo fermare questa violenza, e oggi l’unico modo per farlo  è che il mondo sia molto più coinvolto”, ha detto.

Abuelaish ha detto che lui aborrisce la violenza e preferisce la resistenza non violenta, come ad esempio il movimento di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS), questo è il mezzo appropriato per contribuire a porre fine all’occupazione. “Il ciclo della violenza si sta intensificando, e abbiamo bisogno di pressioni da parte del mondo, compresa l’azione non violenta come il movimento BDS, per contribuire a mettere fine a tutto questo”, ha detto.

Politici israeliani stanno mettendo la testa sotto la sabbia, mentre incominciano a capire che la correlazione tra l’occupazione e la violenza contro gli israeliani è in crescita marcatamente. Circa un mese fa, il 28 aprile, un funzionario militare israeliano, il Col. Shay Klapper, ha previsto che gli effetti della occupazione non scomparirebbero neanche con la diminuzione di un particolare metodo di resistenza. “La quiete non è stabile” ha detto.

Klapper, comandante di battaglione israeliano nei distretti settentrionali della Cisgiordania, prevede che la diminuzione del numero di attacchi terroristici sarebbe di breve durata. “Quando l’onda si rinnova, sarà a un ritmo molto più alto”, ha riferito  Klapper al giornale Ynet. “Non sarà un ritorno con i  13 enni e i coltelli.” Ynet, un servizio leader nelle News, ha anche riferito che altri cinque comandanti militari di alto livello condividono simili punti di vista.

Lo scoppio di ciò che i palestinesi chiamano “habbeh” (in arabo “sfogo”) – che coinvolge gli attacchi, la maggior parte con coltelli –  ha provocato risposte militari israeliane sproporzionate, spesso anche esecuzioni extragiudiziali. Il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem,  il 6 giugno ha riferito dell’esistenza di prove inconfutabili  di esecuzioni sommarie – da parte dii soldati israeliani – di manifestanti palestinesi che non rappresentavano nessun pericolo  per la loro vita. In un comunicato stampa, B’Tselem ha sostenuto di essere in possesso delle registrazioni video di almeno due casi negli ultimi mesi, in cui i soldati israeliani giustiziano attivisti palestinesi. I due omicidi hanno avuto luogo a Hebron, non lontano dal villaggio di Yatta, la città natale dei due palestinesi accusati dell’attentato nel mercato di Tel Aviv.

I leader mondiali si rendono conto che per rompere il ciclo della violenza, deve essere creato  un orizzonte politico per i palestinesi. Quando il presidente francese Francois Hollande e il segretario di Stato Usa John Kerry, così come altri leader, usano il termine “soluzione dei due Stati”, essi stanno indicando indirettamente che  la chiave per porre fine alla violenza è quella di porre fine all’occupazione.

La fine dell’occupazione e  creazione di uno stato palestinese sono le condizioni richieste  da tutte le parti, locali, regionali e internazionali, che hanno partecipato alla conferenza internazionale proposta dalla Francia. In una dichiarazione congiunta, i partecipanti ai colloqui di Parigi del 3 giugno, tra cui il segretario generale Ban Ki-moon e circa 25 diplomatici europei e arabi di alto livello, hanno esortato israeliani e palestinesi a impegnarsi “sinceramente” per la soluzione di due Stati e per creare le condizioni per porre “completamente fine” all’occupazione israeliana delle terre palestinesi.

La frustrazione palestinese con 49 anni di occupazione ha portato moderati ed estremisti alla ricerca di diversi metodi di resistenza. I palestinesi hanno cercato la via diplomatica, la violenza e metodi nonviolenti.  Israele non ha mai risposto in modo adeguato, mentre ha sempre sostenuto falsamente l’interesse  alla pace.

Il ciclo di violenza israelo-palestinese può essere spiegata col terzo principio della dinamica di Isaac Newton. Dal punto di vista dei laici, la teoria di Newton è riassunto dal motto ormai familiare che per ogni azione, corrisponde una reazione uguale e contraria. L’unico modo logico per porre fine a questo ciclo di azione-reazione violenta è quello di porre fine all’occupazione.

Trad. Invictapalestina.org

font: http://www.al-monitor.com/pulse/originals/2016/06/palestinian-attack-tel-aviv-cycle-of-violence.html

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Daoud Kuttab is a Palestinian journalist, a media activist and a columnist for Palestine Pulse. He is a former Ferris Professor of journalism at Princeton University and is currently the director-general of Community Media Network, a not-for-profit organization dedicated to advancing independent media in the Arab region.

 

0 risposte a “Come porre fine al ciclo di violenza tra palestinesi e israeliani”

  1. Mi piacerebbe davvero scrivere (e soprattutto informarmi) sulla questione Palestinese ma non saprei da dove cominciare. Posso chiedervi articoli, libri e fonti da cui poter iniziare? Ad esempio so che esiste una risoluzione Onu degli Anni 40 che ha favorito la creazione dello stato di Israele. Dico bene? Scusate la mia ignoranza in ogni caso.
    Saluti,
    Ricky – Scrivedendo.

    1. Seguendo la nostra pagina FB si possono leggere articoli e info aggiornate. “La pulizia etnica della Palestina” di Ilan Pappè è un saggio molto dettagliato sulla storia della Palestina, a livello di romanzo consigliamo “Ogni mattina a Jenin” di Susan Abulawa. Molti altri testi sono recensiti nel nostro blog http://invictapalestina.wordpress.com.

      Cordialmente

      Rosario

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