UK – Caduto il comitato ristretto: non si possono mettere sullo stesso piano le critiche a Israele e l’antisemitismo.

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Un Taxi londinese passa davanti ad attivisti filopalestinesi che sistemano uno striscione gigante che chiede uno stato palestinese riconosciuto, in Parliament Square nel centro di Londra il 13 ottobre 2014. (AFP)

Non sarei qui a scrivere questa rubrica se il comitato ristretto degli affari interni del Parlamento del Regno Unito non avesse trascinato la mia patria, la Palestina, nella polemica sull’antisemitismo venuta fuori qua per la sua decisione, presa questo mese, di ridefinire il termine.

La Gran Bretagna, che fece la Dichiarazione Balfour per i sionisti nel 1917, con le conclusioni di questo rapporto, nel 2016, ha dato ai sionisti il diritto di ridurre al silenzio i palestinesi e i loro sostenitori.

Qualcuno a leggere questo potrebbe sorprendersi, ma è esattamente ciò che è successo quando il comitato ristretto ha deciso di inserire Israele – che si trova nella Palestina storica – nella nuova definizione proposta di antisemitismo.

Il solo fatto che il comitato abbia inserito lo stato di Israele nel dibattito sull’antisemitismo è stato, a mio avviso, un atto sbagliato e un cattivo servizio per la comunità ebraica di questo paese.

Il comitato ha deciso che si deve “mirare a stabilire una definizione che raggiunga un giusto equilibrio tra il condannare con forza l’antisemitismo in tutte le sue forme e il mantenere la libertà di parola – in particolare in relazione alle legittime critiche rivolte al governo di Israele”.

Tuttavia, una volta che si sono legate le critiche ad Israele all’odio verso gli ebrei nel Regno Unito, si è attraversata una linea che rende implicitamente in qualche modo responsabile delle azioni di uno stato straniero la comunità ebraica. Le definizioni di antisemitismo stabilite in precedenza non presentavano una tale connessione.

Proprio come nel 1917 la nostra voce di palestinesi britannici non è stata né cercata né sentita, mentre la voce della comunità ebraica è stata cercata e sentita da parte dei membri del Parlamento. Se qualcuno ci avesse consultati avremmo detto che abbiamo una visione chiara su cosa siano razzismo e antisemitismo. Visione che, a differenza delle opinioni di alcuni collaboratori che hanno fornito prove, non è viziata dalla volontà di sostenere uno stato straniero.

Compresi rappresentanti di gruppi di Friends of Israel nei principali partiti politici e diversi gruppi che pretendono di parlare in nome della comunità ebraica, ma che fanno parte della lobby filoisraeliana, tra i quali il Board of Deputies of British Jews e il Jewish Leadership Council.

È significativo che il presidente della Conservative Friends of Israel, Eric Pickles, ex presidente del partito conservatore, figuri come ministro plenipotenziario del Regno Unito per le questioni del dopo olocausto. Pickles ha detto alla commissione: “Il vecchio stereotipo degli ebrei che possiedono tutto, del loro aspetto e modo di vestire è assolutamente inaccettabile, ma una sorta di nuovo antisemitismo è entrata dalla porta di servizio, grazie all’antisionismo. Se le cose che la gente dice su israeliani o sionisti le avesse dette sugli ebrei, sarebbero state viste chiaramente come forma di anti-semitismo”.

Lo stesso rabbino capo ha suggerito che “il sionismo è stato parte integrante del giudaismo dagli albori della nostra fede”, quando in realtà ha cominciato a svilupparsi solo nel 19° secolo.

I palestinesi si oppongono all’antisemitismo

Come scrissi all’inizio di quest’anno quando scoppiò la polemica che circonda il presunto antisemitismo nel partito laburista britannico, noi palestinesi britannici affermiamo di voler vedere sradicato l’antisemitismo e di volere che vengano anche imposte sanzioni a Israele per i suoi crimini contro di noi. Siamo accanto ai nostri concittadini ebrei britannici nella loro lotta per sradicare la specifica forma di razzismo che li riguarda ed è rivolta contro di loro e siamo accanto ai palestinesi nella nostra patria che cercano una giusta soluzione alla nostra difficile situazione collettiva.

Ho sempre ben inteso cosa si intende per razzismo e quale sia la forma specifica di anti-semitismo che colpisce gli ebrei. La definizione di antisemitismo con cui sono cresciuto è che è “odio verso gli ebrei in quanto ebrei”. Questa definizione può e deve essere applicata in qualsiasi paese in cui si vive, compreso nel mondo arabo, e si dovrebbe applicare in una futura Palestina indipendente.

Quando gli ebrei sono presi di mira perché ebrei, questo è antisemitismo. Non vi è alcuna necessità di modifiche o rinnovi ogni pochi anni per motivi politici. Sento già i lamenti, che non ho il diritto di definire l’antisemitismo contro gli ebrei. Tuttavia, i lamenti verranno da chi non aveva alcun diritto di occupare o assecondare l’occupazione della mia terra.

Negli ultimi anni si è avuto un movimento che volge a modificare e persino ridefinire il termine antisemitismo alla luce della creazione di Israele, come conseguenza del formarsi nel 19° secolo di una ideologia politica: il Sionismo.

Si trovano varie definizioni del sionismo, ma, per quanto riguarda i palestinesi, l’ideologia ruotava intorno alla creazione di un’entità politica per gli ebrei nella nostra patria, la Palestina storica, senza il nostro consenso, perché pensavano che questo avrebbe risolto il loro problema. Il fatto che per noi sia stato e continui ad essere una catastrofe non è altro che un piccolo inconveniente.

Stranamente, i sionisti affermano di avere un diritto eterno per popolare in modo esclusivo una determinata terra e il mondo deve accettare questa affermazione senza porre domande, è semplicemente il “ritorno”. Dico stranamente perché i cristiani non sostengono di godere di un diritto eterno sul luogo, la Palestina, in cui è nata la loro religione, né tutti i musulmani rivendicano un diritto eterno sul luogo in cui è nata la loro religione, la Mecca e Medina.

Ancora più stranamente i pretendenti alla mia terra, quando fecero la loro richiesta, non vi abitavano; il mio popolo invece sì, i palestinesi vi abitavano. Ebrei, cristiani e musulmani hanno abitato la Palestina come popolo, come hanno fatto anche in Iraq, Siria, Egitto e Yemen, per citare solo alcuni paesi arabi dove gli ebrei vivevano insieme ai musulmani. La Palestina non era una terra vuota come affermano i sionisti.

Israele non è stato costretto con la forza in Palestina; una Palestina indipendente sarebbe probabilmente emersa in cui cristiani, ebrei e musulmani sarebbero diventati cittadini di quella nuova nazione palestinese, così come sarebbe stato in Siria e in Iraq, per esempio. E’ con la creazione forzata di Israele che si è generata la catastrofe per i palestinesi (la Nakba) e il disordine nel Medio Oriente, per avere costretto la maggior parte degli ebrei a lasciare le loro terre arabe per la fondazione di Israele.

‘Modello di popolo sotto occupazione’

A noi palestinesi viene detto che dobbiamo accettare Israele come una realtà, che non dobbiamo mettere in discussione il suo diritto di esistere. Ma chi viene a chiederci questo non avrebbe mai accettato la creazione di un’entità sionista nella propria patria. Come ho sostenuto in una lettera che scrissi a maggio, i gallesi non avrebbero mai accettato la creazione di Israele nella loro terra se Balfour avesse promesso il Galles ai sionisti.

Non solo si è chiesto ai palestinesi di accettare Israele, ci si aspetta pure che ci si comporti come un “modello di popolo sotto occupazione”, intanto che si decide cosa fare di noi.

La cosiddetta “comunità internazionale” ha finora mancato di fare pressione su Israele perché si accordi per la concessione più dolorosa che un popolo potrebbe dare, accettare l’esistenza di uno stato straniero su quasi l’80% della propria patria storica. Israele vuole di più.

Recentemente il ministro dell’Istruzione israeliano ha lanciato un esplicito appello all’annessione della Cisgiordania, per essere ancora più vicini alla realizzazione del sogno sionista: Israele dal “fiume al mare”. Visto che i governi occidentali ci hanno deluso, noi palestinesi ci siamo rivolti ai cittadini comuni perché ci sostengano e loro lo hanno fatto.

Il nostro appello per una campagna di pressione su Israele attraverso il Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) – campagna pacifica – ha preso slancio. Israele comincia a risentirne e, piuttosto che rivedere la propria posizione e rispettare legittime richieste, ha deciso di combattere.

Israele ha destinato importanti risorse a questa lotta e ha invitato anche i suoi sostenitori in altri paesi a fare lo stesso. Il governo britannico ha continuamente espresso la sua opposizione al BDS e l’attuale ministro degli Esteri è stato sorpreso, lo scorso novembre, in una polemica al riguardo quando visitò Palestina e Israele come sindaco di Londra.

Ridefinizione di antisemitismo

Inoltre, alcuni sostenitori del sionismo e apologeti delle pratiche illegali di Israele negli ultimi anni hanno tentato di ridefinire il termine antisemitismo con l’esplicita intenzione di stabilire un legame significativo tra l’essere ebreo e Israele. Hanno cercato senza sosta di combinare insieme giudaismo, sionismo e Israele. Basta essere contro uno di essi per venire etichettato come antisemita.

Hanno tentato di orientare in questa direzione il recente dibattito sull’antisemitismo nel partito laburista del Regno Unito. Quando l’inchiesta della baronessa Chakrabarti non ha trovato il loro favore, hanno buttato la sua relazione nella pattumiera e rivolto la loro attenzione all’Home Affairs Select Committee on anti-Semitism.

Invece di respingere il desiderio del campo pro-Israele di ridefinire l’antisemitismo, il comitato ristretto ha ripreso una screditata definizione dell’Unione europea, e poi modificata per includere la critica a Israele come parte del termine, ma non sempre, con conseguente disastro. Il comitato è caduto per il desiderio delle lobby pro-Israele di fondere l’antisionismo con l’antisemitismo senza che vi sia dubbio alcuno. L’antisemitismo è stato ridefinito e i sostenitori di Israele esultano.

La criminalizzazione del dissenso

Noi palestinesi non esultiamo. Abbiamo il diritto di essere estremamente preoccupati per il fatto che le possibilità nostre e dei nostri sostenitori di informare e quelle della campagna sono state compromesse dal deliberato tentativo dei sostenitori di Israele di sfruttare l’antisemitismo per dare una mano allo stato canaglia che supportano.

Non solo vogliono farci pensare due volte prima di parlare apertamente e criticare Israele, ma vogliono anche che il governo si muova per criminalizzarci se e quando loro (chiunque essi siano) giudichino che abbiamo oltrepassato il limite.

Sembra che da Balfour all’antisemitismo, la Gran Bretagna sia determinata a completare la colonizzazione sionista della nostra patria, la Palestina.

Il nostro messaggio ai politici britannici è questo: finché Israele continuerà ad occupare la Palestina, ad opprimere e uccidere, ad assediare due milioni di persone, a rubare la nostra terra e le risorse, a limitare la nostra libertà di circolazione, a rifiutarsi di consentire ai profughi di tornare, ad attaccare i nostri luoghi di culto, a stabilirsi illegalmente sulla nostra terra e a lasciare la nostra gente senza speranza di libertà, dignità o indipendenza, noi e i nostri sostenitori continueremo a parlare, per informare e chiedere che il governo britannico cambi le sue vergognose e deliberate politiche con cui mette i commerci con Israele al di sopra dei diritti umani.

Non permetteremo di farci mettere a tacere dai sionisti che sostengono uno stato che fa tutto questo, con il pretesto del “nuovo antisemitismo”, ma continueremo a stare spalla a spalla con gli ebrei nella loro lotta contro il vero antisemitismo che alcuni ancora senza dubbio affrontano.

Come palestinesi, esigiamo che il governo britannico respinga la scelta del comitato di adottare la definizione di antisemitismo proposta.
(*) Kamel Hawwash, cittadino britannico-palestinese, è un professore di ingegneria presso l’Università di Birmingham e un attivista di lunga data per la giustizia, soprattutto per il popolo palestinese. E’ vice presidente della Palestine Solidarity Campaign (PSC) e appare regolarmente nei media come commentatore di questioni mediorientali. Tiene un blog su kamelhawwsh.com

Traduzione: Simonetta Lambertini-Invictapalestina

Fonte:http://www.middleeasteye.net/columns/balfour-anti-semitism-1450743096

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