Una nuova strategia per assicurarsi il regno…

Copertina: Scandalo in Israele e negli Stati Uniti. Haaretz è sotto il fuoco della critica per la sua pubblicazione di un disegno che raffigura il primo ministro israeliano – pilota attentatore dell’11 settembre

Storie di terrorismo impunito: Dividere il mondo arabo in fazioni.

sposata.jpgIl progetto sionista di creare fazioni nel mondo arabo fu espresso con sorprendente schiettezza, nel 1982, da un funzionario del ministero degli esteri israeliano, Oded Yinon, sul giornale dell’organizzazione mondiale sionista, “Kivunim”.

Considerava il ruolo di Israele determinante per la scomparsa della Giordania; il frazionamento dell’Egitto in distretti separati; la disintegrazione del Libano in 5 aree governate localmente e vedeva un destino simile per la Siria – alawiti contro sunniti – e per l’Iraq, diviso in fazioni etniche e religiose. I drusi avrebbero formato uno stato in Hauran e nella Giordania del nord. Così, l’intera penisola araba sarebbe stata “pronta per la dissoluzione”.

In modo forse meno puntuale, Ben Gurion aveva accennato negli anni Cinquanta a una visione del Medio Oriente in cui la Giordania sarebbe stata divisa in una parte orientale, che sarebbe arrivata in Iraq e che avrebbe ospitato i profughi palestinesi, e in una parte occidentale.

Ariel Sharon, poi ministro della difesa israeliano e architetto dell’invasione del Libano   nel 1982, abbellì questo piano con l’esodo forzato dei palestinesi dalla Cisgiordania in quello che doveva restare della Giordania.

Il Libano sarebbe stato diviso in un sud musulmano annesso a Israele, mentre il resto sarebbe diventato un’entità cristiano-maronita, alleata con lo Stato ebraico.

Circa lo stesso periodo, il rappresentante europeo del Partito Laburista israeliano, Yoram Peri, scrisse sul giornale israeliano “Davar” del febbraio 1982 che Israele si era impegnato a destabilizzare la regione, soprattutto il Libano, la Siria, la Giordania, L’Arabia Saudita, imponendo una “nuova realtà” con la forza militare. Gli americani non accettarono questa prospettiva, ma cambiarono radicalmente parere quando si allinearono sui progetti israeliani dopo l’invasione dell’Iraq.

Questo progetto ebbe una funzione importante nelle successive invasioni del Libano del 1978 e del 1982. Bashir Gemayel, capo dei maroniti e fortemente antipalestinese, era stato eletto nel 1982 per formare il nuovo governo libanese e Israele lo aveva indicato come suo alleato. Ma fu assassinato poco dopo e il piano non ebbe seguito. Rimase, tuttavia, l’intenzione di Israele di creare alleanze con le minoranze e gli stati non musulmani e, se possibile, non arabi. L’obiettivo era di dividere il mondo arabo secondo gli interessi di Israele, un elemento importante della politica israeliana che ha dettato un comportamento interventista israeliano nel fronte interno arabo- sostenendo minoranze e penetrando i circoli regnanti con la corruzione e altre forme di persuasione- e nell’equilibrio regionale delle forze, in modo da consolidare la sua egemonia.

Il Libano fornisce un esempio perfetto dei due tipi di intervento. Nel tentativo di sostenere il predominio dei maroniti in Libano, Israele cercò di costituire una base dalla quale contrastare l’influenza siriana e favorire i suoi disegni egemonici nella regione. […]

Il ruolo di Israele di causare il disgregamento della regione araba, ancora oggi in corso, è semplicemente un’altra faccia dei danni causati dallo stato israeliano agli arabi. Né bisogna stupirsi che Israele abbia scelto questa strategia. Era il modo logico di indebolire i suoi nemici e imporre la sua egemonia nella regione. Il caos creato in Iraq dopo l’invasione anglo-americana nel 2003 rese possibile la frammentazione del paese in zone dominate dagli sciiti, dai sunniti, dai curdi, come previsto dal piano sionista. Da tempo Israele aveva preparato il terreno per la frammentazione dell’Iraq, sostenendo la ribellione dei curdi contro il governo iracheno negli anni sessanta e settanta.

A seguito dell’invasione americana agenti israeliani divennero più attivi nelle regioni curde con grande preoccupazione della Turchia, finanziando e addestrando soldati curdi per operazioni di intelligence in Iran e in Siria, seconda nella lista israeliana degli stati ostili in Medio Oriente e quindi da distruggere o frammentare.

Si sostiene che Israele abbia utilizzato informazioni raccolte dai servizi dell’intelligence per identificare e uccidere i capi della ribellione sciita e sunnita in Iraq.

Nel 2004 Israele fu coinvolto nel fomentare le proteste dei curdi contro il governo siriano utilizzando agenti curdo-iracheni. […]

David Wurmser, consigliere per il Medio Oriente del vice-presidente degli Stati Uniti Dick Cheney e uno dei principali esponenti neo-con, ha sostenuto che la regione doveva essere riorganizzata secondo le alleanze tribali e di clan. In quella zona Israele sarebbe stato il leader e avrebbe dettato le condizioni alla Siria e ai palestinesi. I neo-con miravano principalmente alla destabilizzazione dei nemici di Israele in modo da rafforzare la sua posizione e sostenevano che solo con l’appoggio degli Stati Uniti questa impresa potesse avere successo.

E’ questo il ragionamento che si evince dal documento del 1996 prodotto da un think tank israeliano con base negli Stati Uniti, l’Istituto per studi politici e strategici avanzati, pubblicato col nome “Un taglio netto: una nuova strategia per assicurarsi il regno“.

 

Pag. 40-42 del libro di Ghada Karmi, Sposata a un altro uomo, per uno stato laico e democratico nella Palestina storica. Derive  Approdi, 315 pag. 20 euro.

 

 

 

 

 

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