I palestinesi piangono l’ultima raccolta di olive nella Cremisan Valley

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L’olio d’oliva di Beit Jala, a quanto riferito, raggiunge il doppio delle vendite rispetto all’olio d’oliva di fuori città, e l’olio Cremisan si può vendere ancora di più [Sheren Khalel / Al Jazeera]
L’ampliamento del muro israeliano di separazione ben presto taglierà fuori i palestinesi dai caratteristici uliveti della valle.

4 novembre 2016, lSheren Khalel

Betlemme, Cisgiordania occupata – Le terrazze rocciose della Valle di Cremisan in questi giorni sono per lo più incolte e inselvatichite, in quanto i proprietari terrieri locali dicono di avere perso ogni speranza di mantenere il controllo su oltre 300 ettari di oliveti e frutteti lungo i pendii del monte confiscati dal governo israeliano all’inizio di quest’anno.

“Non sono venuto qui per tutto quest’anno. Guardate le erbacce come sono cresciute e quanta spazzatura si è accumulata dalla strada”, ha detto Ricardo Jaweejat indicando verso il vasto oliveto che appartiene alla sua famiglia da generazioni.

“A che scopo? Quando abbiamo saputo che gli israeliani si stavano prendendo la terra ho evitato di fare qualsiasi lavoro. E’ abbastanza ora pericoloso stare qui.”

Le olive di Beit Jala sono conosciute dai palestinesi in tutto il mondo per la produzione del miglior olio d’oliva e l’olio della città della valle di Cremisan è considerato il migliore di Beit Jala, un quartiere della municipalità di Betlemme nel sud della Cisgiordania occupata. Quest’anno dovrebbe essere l’ultima occasione per raccogliere le olive della valle che presto sarà chiusa da un prolungamento del muro di separazione israeliano.

La terra, ora tecnicamente di proprietà del governo israeliano, verrà interdetta a coloro che di solito in autunno fanno assegnamento sulla raccolta delle olive per ciò che il gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem ha definito una “fonte indispensabile di reddito”.

“Il mio bis-bis-bisnonno ha raccolto in questa terra, ed ogni nonno dopo di lui fino a mio padre e me”, ha detto Jaweejat. «Non riesco proprio a immaginare che questo sia vero, perderemo questa terra per sempre.”

cremi3Jaweejat con una dozzina di altre famiglie ha portato avanti una battaglia legale lunga nove anni contro il governo israeliano, nella speranza di conservare la propria terra. Nell’aprile dello scorso anno un’alta corte israeliana ha deciso a favore della petizione dei residenti di Beit Jala – ma nove mesi più tardi, nell’appello la corte ha ripristinato il percorso originale del muro di separazione annettendo la valle.

Jaweejat ha detto di sperare che un giorno la sua famiglia sarà in grado di tornare a Cremisan, anche se non ha mai sentito parlare di un caso di terreni confiscati che siano tornati ai loro proprietari palestinesi.

“Naturalmente ci proviamo, ma è difficile mantenere la speranza”, ha detto.

Tornando dalla valle, attraversa il centro della città a maggioranza cristiana di Beit Jala, le auto sono fermate dal passaggio di una jeep militare israeliana che attraversa un incrocio.

“Non è possibile evitarli”, ha detto Jaweejat indicando la grande jeep verde. “Vanno e vengono per i nostri quartieri a loro piacimento e prendono quello che vogliono.”

La Jeep guida attraverso una parte di Beit Jala che si trova in zona A, che dovrebbe essere sotto il pieno controllo dell’Autorità Palestinese. Ma a causa della base militare di Israele situata nella parte alta del monte della città, che si trova in Area C – sotto il pieno controllo israeliano – la presenza militare israeliana è normale in entrambe le zone della città.

Nella parte alta del monte di Beit Jala, l’insediamento israeliano illegale di Gilo si può vedere chiaramente all’orizzonte a nord-ovest. A nord-est c’è Har Gilo e in mezzo c’è la Valle di Cremisan.

Mentre il governo israeliano sostiene che il percorso del muro di separazione è stato progettato pensando alla sicurezza, i residenti palestinesi della zona sono convinti che il percorso sia stato progettato per permettere il collegamento degli insediamenti illegali di Gilo e Har Gilo attraverso la Valle di Cremisan.

A luglio, il governo israeliano ha approvato iniziative di pianificazione per 770 nuove unità di coloni da costruire di fronte alla valle su un terreno del vicino villaggio palestinese di al-Walaja, al fine di espandere l’insediamento Gilo.

“Questo insediamento continuerà a espandersi fino a quando non occuperà tutta la terra da Gilo a Har Gilo. Questo muro non ha nulla a che fare con la sicurezza, è semplicemente un furto di terra”, ha detto Jaweejat, sottolineando che la Valle di Cremisan è uno dei pochi posti rimasti dove i residenti della vivace città possono immergersi nella natura.

Dentro al frantoio cooperativo di Beit Jala decine di palestinesi hanno aspettato il loro turno per cremi2utilizzare il frantoio e imbottigliare l’olio fresco di quest’anno.

Ilyas Jacshan, il gestore del frantoio, ha detto ad Al Jazeera che almeno un quinto di tutti i suoi clienti vengono a spremere olive dalla Valle di Cremisan.

“Il prossimo anno perderemo tutti questi buoni affari”, ha detto Jacshan. “Molte persone che hanno la terra a Cremisan hanno già saltato il raccolto di quest’anno, ma l’anno prossimo non ci sarà nessuno.”

Secondo Jacshan, l’olio d’oliva di Beit Jala si vende il doppio dell’olio d’oliva al di fuori della città e l’olio di Cremisan si può vendere ancora di più.

“Non è un bosco normale quello che queste persone a Cremisan stanno perdendo: è un olio fra i più ricercati in Palestina e, da quello che abbiamo sentito, Israele abbatterà tutti quegli alberi una volta che il muro sarà costruito”, ha detto Jacshan.

La raccolta delle olive di quest’anno è iniziata più tardi rispetto al normale, il raccolto è più scarso e la prima pioggia non ha pulito via la polvere sugli alberi – il segno tradizionale di inizio della raccolta – fino all’ultimo venerdì di ottobre.

“L’umore quest’anno è diverso, il raccolto va male e molte persone hanno terra e alberi colpiti dal muro che gli israeliani stanno costruendo. Non è solo Cremisan; sono diverse le zone colpite”, ha detto Jachsan.

“Non è un momento felice per la raccolta. Le persone che hanno ancora accesso ai loro alberi sono arrabbiate per il raccolto scarso e agli altri la raccolta ricorda che qualcosa che è appartenuto alla loro famiglia per generazioni, ora gli è stato tolto”.

Trad. Simonetta Lambertini-Invictapalestina.org

Fonte: http://www.aljazeera.com/news/2016/10/palestinians-mourn-final-cremisan-valley-olive-harvest-161031094433899.html

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