Anche a Gaza fa freddo, alcune case sono senza finestre.

Gianna Pasi, 13 febbraio 2017
Mi ha da subito fatto specie vedere gente all’arrivo qui a Gaza, agli inizi del mese di gennaio, scalza, con le infradito e bambini che camminavano tranquillamente a piedi nudi sia dentro che fuori casa.

La prima cosa a cui avevo pensato io nel preparare i bagagli per la partenza, era come ripararmi dal freddo che avrei trovato. Di conseguenza poche cose ma calde. Collant di lana, pantaloni pesanti, felpe in pile, calzettoni ed un unico paio di scarponi che avrei dovuto sfruttare per le successive settimane.
Sono anche stata fortunata perché i primi tempi c’era un bellissimo sole che scaldava nelle ore diurne, una volta calato il sole e rientrata in casa si gelava letteralmente al punto che mi sono acquistata una stufetta elettrica abusiva (non dicendolo al padrone di casa che già mi spenna con l’affitto), per poter sfruttare le poche ore di corrente elettrica che ci sono.
Vedere poi che alcune persone affrontavano anche l’acqua del mare per una nuotata, oppure camminavano sulla spiaggia con i piedi nudi immersi nel bagnasciuga mi faceva riflettere sul fatto che a volte l’abitudine non ci fa tenere conto delle condizioni climatiche contingenti. Sembravano tutti perfettamente a loro agio in quelle situazioni. Persino i pescatori con cui mi fermavo spesso a chiacchierare li vedevo vestiti sopra imbottiti con giubbotti mentre ai piedi avevano vecchie ciabatte o cose simili.
Ieri ci trovavamo a Beit Hanun a far visita a Fayeq, uno dei nostri ‘bimbi farfalla’ operato il mese scorso dall’équipe italiana di Soccorso Medico per i bambini palestinesi (PCRF Italia), e come sempre in quella casa, dove vivono 4 o 5 famiglie in stanze diverse ma che spesso si mescolano, veniamo circondati da bambini che ci arrivano al massimo ai fianchi, una frotta di piccole figure sempre in movimento che scorazzano fra la nuda terra ed il gelido pavimento interno della casa. Come sempre abbiamo un po’ giocato e con un semplice palloncino si sono divertiti tanto a lanciarselo e rubarselo con le loro innocenti risate.

Anche Fayeq, pur con le sue limitazioni nel deambulare, partecipava a questo circo.
Era davvero molto bello osservare quella scena di bambini felici con nulla. Con i piedi scalzi e anche parecchio sporchi, come pure i loro vestiti, ridevano spontaneamente per il semplice lancio di un palloncino.
Anche Isshaq ed io eravamo felici perché vedevamo star bene Fayeq dopo l’intervento subito di recente, e ce ne siamo andati soddisfatti.
Soltanto in auto Isshaq mi ha detto della richiesta del padre se potevamo procurare loro una piccola stufa elettrica, soprattutto per il piccolo malato, perché di notte faceva davvero molto freddo.
In effetti, ho ripensato, in quella stanza c’erano ben quattro aperture alle pareti ma non c’erano le finestre. Ma ormai mi ero abituata a vedere le cose più insolite nelle varie case visitate, e davo per scontato che per loro andava bene così ‘perché ci sono abituati’ e non certo perché non avevano alternative.

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Così stamattina dovendo ritornare da quelle parti per altri motivi, abbiamo portato nella loro ‘casa’ la nuova stufetta elettrica che è diventata subito oggetto di curiosità per tutti i bimbi che ci giravano intorno. Certo, pensavo anche, una piccola stufa così, con tutte quelle aperture, non vedo il beneficio che possa portare… ma mi è stato poi detto che di notte le aperture vengono tappate con delle coperte.
Così ho voluto sapere la storia di queste ‘aperture’ e sono venuta a conoscenza del fatto che quella casa era stata prima semidistrutta da tank israeliani durante l’ultima invasione di due anni fa, ed in seguito è stata anche una loro base dove hanno vissuto per tutto il periodo dell’attacco.

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Mi è stato detto dei piccoli biglietti (‘little paper’) lanciati dagli aerei, nei quali veniva ‘invitata’ la gente che ci viveva ad abbandonare le loro case. Siccome non lo facevano c’è stato l’inizio di una prima pioggia di bombe ed allora sono scappati tutti a rifugiarsi presso le scuole.
Tutto questo accadeva lì perché quella è una zona strategica vicino al confine Nord della striscia di Gaza con Israele.
Poi ho visto che ci sono lanciati il padre e la nonna del bimbo con Isshaq in una appassionata discussione in cui ricordavano tutto quanto successo recentemente per poi sfociare nel presente dove dicevano che tutti pensano che sia imminente una prossima invasione e che sarà la più terribile di tutte quelle che l’hanno preceduta. In effetti gli aerei che avevamo sentito sin dal nostro arrivo sorvolare sulla zona, non potevano che dare adito a queste loro tremende previsioni.
Ma del resto, si dicevano, cosa possiamo fare noi per fermare queste invasioni?
Ed è così che ho capito in motivo per cui non rimettevano le finestre e che di notte si riparavano dal freddo invernale soltanto chiudendo le aperture con delle coperte.
Spero che stanotte, corrente elettrica permettendo, possano stare tutti un po’ più al caldo intorno alla stufetta che abbiamo portato loro, nonostante le ‘aperture strategiche’ lasciate dai loro invasori.
It’s Gaza!

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