Non solo Yilmaz Güney

SIBEL SCHICK, 2017-06-15

Per molte donne kurde l’emancipazione non è scindibile dalla lotta armata, i registi e le registe kurde ci mostrano per quale motivo è così. Per Rojan, una delle protagoniste del film “Gülistan, la terra delle rose“ la relazione di potere esistente tra l’uomo e la donna è ben chiara: nessuna donna sposata è fortunata perché le spetta con certezza una vita di schiavitù.

Per questo motivo la guerriglia femminile non combatte solo contro il cosiddetto Stato Islamico, ma anche contro la struttura patriarcale della propria società. La guerra all’incarnazione del patriarcato, ossia l’Isis, nel documentario della regista Zayne Akyol è resa tangibile attraverso i momenti ricchi di tensione vissuti nelle zone di combattimento.

Mentre in Europa la liberazione delle donne si concentra principalmente sulla lotta a favore di cambiamenti strutturali, le combattenti del Pkk prendono le armi per agire contro la riduzione in schiavitù della donna condotta dall’Isis. Secondo Sozdar, la donna rappresenta la forza morale basilare, dunque il sistema capitalistico, in quanto incarnazione dell’immoralità, non ha nessun motivo di delegare questa forza alla donna.

Quindi prima di tutto prendila di mira: “Colpisci la donna, per colpire la gente e distruggerla“. La regista mostra l’unità della guerriglia femminile e conduce intense conversazioni con le sue protagoniste sui concetti astratti di “libertà e morte”, che illustrano la realtà quotidiana di queste donne e la loro sorprendente fiducia in quelle estreme e pericolose circostanze di vita.

Dall’emancipazione al colpo di Stato

Lungometraggi, documentari, dibattiti pubblici, un workshop e una festa di chiusura: il Festival del cinema kurdo presso il Babylon Mitte di Berlino è da considerarsi un luogo d’incontro per il pubblico berlinese e i registi kurdi. Il festival ha lo scopo di stilare un programma che riflette le diversità presenti nella società kurda e l’attuale situazione politica. Nella cornice del programma gli abusi che i registi tematizzano nei loro film, dovrebbero essere ampiamente esaminati e resi accessibili. I temi centrali delle pellicole selezionate sono il movimento della guerriglia femminile kurda, l’emancipazione delle donne, la situazione politica della Turchia – anche il colpo di Stato del 1980 e le sue ampie conseguenze. Nell’insieme il risultato è l’immagine di un popolo alla ricerca della libertà e in continuo stato di Resistenza contro i soprusi e la repressione.

Gli allevatori di gatti della città di Van e gli armeni

Il film “Segui la mia voce“ di Hüseyn Karabey racconta la storia della piccola Jiyan, la quale vive in un isolato paese di montagna e si prende cura del padre, arrestato dalle forze dell’ordine turche per presunta partecipazione alle lotte partigiane. Egli dovrebbe cedere le sue armi. Quindi Berfa, la nonna di Jiyan, si mette in cerca di quelle armi che il padre non ha mai posseduto. “Sarebbe meglio chiederlo ai gatti, a chi si sentono di appartenere“ così parla il professore del documentario “Gli Altri“ della regista Ayse Polat. Il film parla dei gatti di Van, una particolarità di questa città nella regione kurda della Turchia. La loro appartenenza , come quella della città, resta controversa: essi appartengono alla Turchia, ai kurdi o agli armeni ?

Nella città popolata dagli armeni fino al genocidio del 1915, si avvertono ancora tensioni vecchie di centinaia di anni, gli armeni invece continuano a vivere solo nei racconti dolorosi. Gli spettatori sono avvicinati alle vicende storiche segnate dalla violenza e dalla polarizzazione sociale, nel frattempo che il cinema di Polat racconta le storie di categorie di lavoratori fuori dall’ordinario, quali gli allevatori di gatti della città di Van e i cacciatori di tesori.

Una piattaforma assente

Il Festival del cinema kurdo a Berlino è nato nel 2002 con l’idea di porre al centro dell’ attenzione la cultura curda e i suoi professionisti del cinema. “La cultura cinematografica kurda è, a confronto con quella irachena, ancora molto giovane e sconosciuta. Certamente Yilmaz Güney è noto, ma manca una piattaforma a disposizione dei molti registi kurdi dove presentare i propri film ad un pubblico interessato politicamente, nonché vicino all’Art house. La comunità curda parla di una crescita di circa 150.000 mila rifugiati curdi in Germania dal 2013. Tutto ciò rende questa edizione particolarmente importante. “così si esprime Janna Heine addetta stampa della Mitosfilm, organizzatore del Festival. Al momento vivono circa 50.000 mila kurdi a Berlino. Sabato 17 giugno hanno discusso sul tema “Dal Yilmaz Güney ad oggi – La ricerca dell’identità kurda sullo schermo “ Hüsey Tabak  regista, Ali Güler giornalista cinematografico e Eyüp Burç redattore cinematografico e televisivo.

Lo stesso giorno la regista kurdo – tedesca Ayşe Polat ha condotto il suo workshop dal tema “Il documentario nel lungometraggio, la scenografia nel film documentario“.  Mentre i due dibattiti del 18 giugno erano incentrati sulla produzione di film in tempi di guerra, tra i vari interventi anche quelli di Ayoob Ramadan e di Behdinan Ministro della cultura nella regione autonoma irachena del Kurdistan.

Festival del cinema kurdo a Berlino dal 15 al 21 giugno al cinema Babylon Mitte

www.kurdischesfilmfestival.de

Fonte: https://www.gazete.taz.de/article/?article=!5420906

Traduzione a cura di Fawzia Calvaresi

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