Il Palestinian Museum mette in luce l’isolamento di Gerusalemme

Jerusalem Lives, la mostra inaugurale al museo di Birzeit, unisce arte tradizionale e contemporanea. Copertina – Nel corso degli ultimi nove mesi il personale del museo ha lavorato per mettere insieme opere di 48 palestinesi, arabi e internazionali (Nigel Wilson/Al Jazeera)

di Nigel Wilson, 27 agosto 2017

 

Birzeit, Cisgiordania occupata – Fuori dalla facciata dai muri bianchi del Palestinian Museum a Birzeit, una cacofonia di voci acute ed esigenti ha disturbato la quiete.

“Ramallah! Ramallah! Ramallah!” gridava una voce. Altre l’hanno seguita, rimbombando dagli altoparlanti collocati nel parcheggio del museo per attirare potenziali viaggiatori verso destinazioni tra cui Gaza, Beirut e Damasco.

L’installazione sonora, ‘Untitled (Servees)’ di Emily Jacir, ha portato una caotica scena urbana in una sonnolenta collina nella Cisgiordania occupata per il lancio di ‘Jerusalem Lives’, la mostra inaugurale del Palestinian Museum. L’apertura ufficiale del museo è stata fissata per domenica sera.

“Emily ha fatto questo lavoro nel 2008 a Gerusalemme alla Porta di Damasco”, ha detto Rim Fadda, curatrice di ‘Jerusalem Lives’. “Chiese ai tassisti di ricreare l’emozione che c’era lì quando portavano viaggiatori verso tutte le città della Palestina, da Lyd a Ramle fino a Ramallah e, oltre i confini, nelle città arabe. Era abituale andare a Damasco, Beirut e tutto era collegato”.

 

Le fotografie di Ahed Izhiman sono esposte nella prima sala della mostra, circondate da immagini, sculture e souvenir che rappresentano la Cupola della Roccia [Nigel Wilson / Al Jazeera]

Il lavoro sonoro di Jacir fissa uno dei temi chiave di ‘Jerusalem Lives’:  la città ha perso la connettività e diventa sempre più isolata dal resto del mondo da quando è stata occupata da Israele nel 1967.

La mostra di Fadda, allestita con uno sguardo alla politica, si propone di animare Gerusalemme per i palestinesi di tutta la Cisgiordania occupata a cui viene impedito di visitare la città e per i visitatori internazionali.

Utilizzando un mix di opere d’arte tradizionali accanto a pezzi contemporanei audio, visivi e scultorei, ‘Jerusalem Lives’ esamina le ragioni che stanno dietro alla disconnessione attraverso una varietà di lenti.

“Siamo chiamati a guardare una città attraverso le sue prospettive culturali, economiche, politiche, ideologiche e ambientali”, ha detto Fadda. “Questa è la metodologia che ho usato per guardare la città e verificare come questa globalizzazione, questo fenomeno universalista, sia fallita”.

 

L’installazione di Vera Tamari ‘Casa’ ricorda le scale che un tempo collegavano le case palestinesi in tutta la città vecchia di Gerusalemme, oggi ingabbiate per ragioni di ‘sicurezza’ a causa dei coloni israeliani [Nigel Wilson / Al Jazeera]

Nel corso degli ultimi nove mesi Fadda e il suo team hanno lavorato per mettere insieme opere di 48 artisti palestinesi, arabi e internazionali, per illuminare questi temi.

All’interno del museo la mostra si apre con un display colorato che esplora la rappresentazione di Gerusalemme nella cultura popolare e dei media. Modelli in scala della Cupola della Roccia sono posti davanti a schermi che presentano filmati di cronaca del conflitto a Gerusalemme e le immagini continuano in una serie di manifesti dell’archivio del Palestinian Poster Project.

Le sale successive zigzagano tra opere d’arte e installazioni educative interattive.

Stesa su un’area del pavimento della mostra, ‘Present Tense’ è una mappa della Palestina nell’era Oslo, disegnata su di un reticolo in sapone di olio di oliva di Nablus, dell’artista palestinese nata in Libano Mona Hatoum. Accanto, i visitatori entrano in una piccola stanza e si ritrovano circondati da una panoramica su quattro muri degli insediamenti israeliani che circondano Gerusalemme, creata dal fotografo Ahed Izhiman.

 

Basel Abbas e Ruanne Abou-Rahme hanno ricreato quattro maschere neolitiche saccheggiate, con suoni che illuminano sui collegamenti tra le maschere e i villaggi palestinesi distrutti [Nigel Wilson / Al Jazeera]

Infografiche, display interattivi e mappe riempiono gli spazi tra le stanze principali illuminando aspetti della vita palestinese a Gerusalemme sotto l’occupazione israeliana, tra cui una gamma di carte d’identità e rispettive restrizioni, dati su controllo del territorio e costruzione nella città e mappe che mostrano diversi ostacoli alla libertà di movimento.

L’artista iracheno/olandese Athar Jabar ha creato ‘Stone – Opus 15’, un’installazione di pietra palestinese che esplora l’importanza della pietra nel paesaggio religioso e quotidiano di Gerusalemme (Nigel Wilson / Al Jazeera)

Fadda ha detto ad Al Jazeera che nei giovani palestinesi, in particolare coloro che non sono in grado di entrare a Gerusalemme, c’è un deficit di conoscenza che riguarda la vita palestinese nella città che lei intende colmare almeno in parte.

“Come facciamo a decolonizzare le nostre menti?” ha detto. “Per me sono questi i mezzi. E’ così che lo fai. Porti questa ricchezza di cultura e di saper fare, li metti insieme e si comincia a pensare insieme: quali strategie possiamo elaborare per uscire da tutto questo?”

Nel giardino a terrazze digradanti del museo, dove sono esposte 18 sculture appositamente commissionate, Athar Jaber ha descritto il processo di creazione di ‘Pietra – Opus 15’. Il plinto alto 2 metri invita gli spettatori a interagire con il pezzo toccandolo, scrivendo su di esso e sedendosi nella sua nicchia centrale.

Lo scultore nato a Roma è stato ispirato dal tempo trascorso a Gerusalemme ad osservare come la gente interagiva con le pietre, dalle pietre sacre nei luoghi sacri della città ai muri e alle strade di pietra.

“Un contrasto che ho visto è che, quando lasci i luoghi di culto, hai le stesse pietre che compongono la città, le strade, le case, ma queste sono completamente violate e trascurate”, ha detto Jaber. “C’è un grande contrasto su come si affronta la pietra, così ho cercato di condensare queste informazioni in un’unica pietra”.

 

Varie immagini di al-Haram al-Sharif e la Cupola della Roccia allineate nel corridoio fuori la mostra ‘Jerusalem Lives’ [Nigel Wilson / Al Jazeera]

Il Palestinian Museum ha aperto le sue porte nel maggio 2016, anche se i visitatori hanno dovuto aspettare 15 mesi per la prima mostra, aperta al pubblico il 27 agosto. Nonostante il ritardo, a cui sono seguiti cambi di personale del vecchio staff del museo, rimane la speranza all’interno della comunità artistica palestinese che il museo possa rappresentare ed elevare l’arte palestinese a nuovi livelli di riconoscimento internazionale.

“Abbiamo molti musei in Palestina”, ha detto George al-Ama, un ricercatore e collezionista d’arte di Betlemme. “Ma la dimensione, la complessità, la qualità, il team, il sogno e la visione di questo museo, penso sia il più grande. Abbiamo un profondo bisogno, una necessità cruciale di avere un museo, un corpo che si prenda cura, esponga documenti e diffonda conoscenze sulla nostra cultura materiale”.

Oltre alla mostra fisica, ‘Jerusalem Lives’ comprenderà un programma educativo pubblico e un catalogo in due volumi prodotto in collaborazione con la rivista Jerusalem Quarterly. Intitolato ‘Jerusalem Lives’, il catalogo includerà saggi che si concentrano sulla vita dei gerosolimitani che hanno inciso nella vita della città negli ultimi 100 anni.

“Lo scopo è quello di esporre la varietà di persone che vivevano a Gerusalemme”, ha detto Salim Tamari, direttore dell’Istituto per gli Studi di Gerusalemme. “Molti di loro, nei loro diari o nel lavoro biografico che è stato scritto su di loro, mostrano varie caratteristiche delle comunità religiose, dei quartieri e la modernità della città.”

 

Una selezione di manifesti del Palestinian Poster Project appesa su una parete della mostra [Nigel Wilson / Al Jazeera]

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

Fonte: http://www.aljazeera.com/indepth/features/2017/08/palestinian-museum-highlights-jerusalem-isolation-170827071108130.html

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam