OMAGGIO ALLA CATALOGNA

“Il tempo della vita è breve e se viviamo è per calpestare la testa dei re.” (Shakespeare)

Dalla Pagina Facebook di Bifo Berardi

Non sono cittadino di Bologna come c’è scritto sulla mia carta di identità (l’identità mente, l’identità non c’è, come può una carta certificare l’inesistente dell’identità?).

In questi anni sono cittadino di Barcellona, una città dove ho molti amici, dove insegno periodicamente, dove ho visto le mostre d’arte più interessanti degli ultimi anni e dove le librerie espongono i miei libri in bella vista (mentre alla Feltrinelli di Bologna li nascondono).

Le mie condizioni fisiche non mi permettono di essere a Barcellona domenica primo ottobre. Debbo curarmi un’asma soffocante e il mio medico sta a Bologna, per cui ho dovuto rientrare nella città dei morti che mangiano al Fico.
Negli ultimi mesi mi sono chiesto cosa farei il primo ottobre, se fossi iscritto nelle liste elettorali della città di Barcellona (il mio nome figura nelle liste elettorali della città dei morti che mangiano).

Ci ho pensato e ripensato e avevo deciso che il primo ottobre mi sarei astenuto. Né sì né no. Certo non voterei per il centralismo monarchico di Rajoy e di Urdungarin. Ma tutte le bandiere mi fanno vomitare come dice Lopez Petit, quindi non mi entusiasma l’indipendentismo catalano. L’unità del popolo non fa per me.
Mi astengo, avevo deciso, non voto né si né no.

Ma nell’ultima settimana ho cambiato idea. Se le gambe mi reggessero e i miei polmoni non fossero in apnea andrei a Barcellona e voterei per l’indipendenza.
Odio la nazione e odio il popolo, due concetti prodotti dall’ignoranza dei romantici la cui funzione è stata ed è spingere la gente a massacrarsi per l’interesse di chi detiene il potere finanziario.
Ma ora, come ha detto Ada Colau, il problema non è più l’indipendenza nazionale, il problema è difendere la libertà contro il franchismo.
Agli spagnoli piace il re, piace il franchismo?
Se li tengano e vadano a farsi fottere, noi catalani ce ne andiamo via.
Ho letto tutti giornali spagnoli, ho passato qualche giorno a Barcellona, ho incontrato un dirigente di Podemos, un amico artista, un paio di insegnanti dell’università di Barcellona, due attivisti autonomi, la coordinatrice del Plan de estudis internacionais, una giornalista norvegese, una giornalista basca e molti altri. Con tutti ho parlato del primo ottobre e di quello che significa e di quello che può accadere.

Ne ho ricavato un po’ confusione. Alcuni mi hanno detto, credo del tutto giustamente, che gli indipendentisti catalani sono guidati da un centro-destra neoliberale e usano il sentimento indipendentista per consolidare il loro potere. Mi hanno detto che nell’indipendentismo c’è un po’ di leghismo anti-meridionale, c’è l’orgoglio leghista di chi dice: io lavoro e pago le tasse mentre a Siviglia prendono il sole e ballano il flamenco.
Inoltre il mio amico di Podemos mi ha spiegato con grande sottigliezza che Rajoy sta usando questa situazione per recuperare consenso, e impedire una vittoria elettorale di una possibile coalizione futura Podemos-PSOE.
E che la borghesia indipendentista sta cercando lo scontro per potersi presentare come vittima e rafforzare il suo consenso elettorale.
Analisi inconfutabile, eppure…

Eppure come si fa a tollerare l’aggressione in corso? A Huelva e altrove la folla nazionalista accompagna con le bandiere i camion militari che partono verso la Catalogna al grido “A por ellos!” Dategli addosso ai quei catalani.
Sono truppe di occupazione quelle accampate nei parchi cittadini e al porto, in un revival agghiacciante del 1939.
Nella mia memoria risuonano le note di una canzone dei repubblicani di un tempo.

“El esercito del Ebro
rumba la rumba la rumba-mba
esta noche el rio passò
ahy Carmela… ahy Carmela…”

Pericoloso eccesso di memoria? Può darsi, ma è meglio non dimenticare troppo, è meglio non dimenticare come nacque il fascismo in Europa, è meglio non dimenticare che la guerra civile spagnola fu l’inizio della guerra civile europea, che divampò nel 1939, dopo che Barcellona fu piegata dalla falange di Franco e i militanti anarchici e trotzkisti furono giustiziati prima dagli stalinisti poi dalla Falange.
Adesso giunge l’ordine di non avvicinarsi agli edifici pubblici che potrebbero essere usati per votare. Non ci si può avvicinare a più di cento metri dalle scuole o dagli uffici comunali. E’ una provocazione estrema, e giustamente Trapero, il capo dei Mossos de Esquadra, la polizia catalana, ha risposto che non si può eseguire quell’ordine perché sarebbe un modo per scatenare disordini.
Rajoy vuole schiacciare il movimento indipendentista, ma se le truppe riusciranno a disperdere le folle che rivendicano il loro diritto di votare che cosa accadrà dopo?
Questa domanda è ricca di implicazioni. L’aggressione franchista a Barcellona può essere l’inizio della guerra civile europea, che si sta preparando da tempo per effetto della rapina finanziaria, del tradimento delle sinistre e dell’impoverimento dei lavoratori.

Ma potrebbe anche accadere un’altra cosa.

L’indipendentismo ha sfruttato le energie che vengono dal movimento della società, ma ora la dinamica del movimento sociale potrebbe riprendere forza dalla resistenza anti-franchista. Podemos è giustamente esitante perché percepisce l’ambiguità di questo movimento, ma ora è il momento di dirlo con chiarezza: trasformiamo la guerra civile sovranista in movimento per l’autonomia sociale.

Nei prossimi mesi in Francia l’alternativa sarà tra subire l’aggressione nazional-liberista di Macron o travolgerla con un’insurrezione di strada. La strada, non le elezioni (in cui peraltro Macron ha perso contro un astensionismo del 56%) decideranno la storia di Francia.

Dalla Francia verrà l’energia per rovesciare la dittatura finanziara. Barcellona può essere l’innesco di un processo di risveglio dell’autonomia sociale. Come diceva quello: hic Rhodus hic salta.

Il terreno non l’abbiamo scelto noi. E’ scivoloso e irto.
Ma per ora non ce n’è un altro, e forse è un’occasione per calpestare i re.

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