Palestina felice prima della maledizione sionista

“Una terra senza popolo, per un popolo senza terra”. Oggi gli storici hanno smascherato l’inganno, ma l’obiettivo degli inventori di questo slogan è stato raggiunto. Copertina – Strada di Gerusalemme, 1895

di Marc Jean, 3 gennaio 2018

Il progetto sionista ha, sin dall’inizio, disinformato l’opinione pubblica con una falsa propaganda. Ricordiamo lo slogan “Una terra senza popolo, per un popolo senza terra” ripetuto fino alla noia (1). La frase suonava bene e ha fatto il giro del mondo. Analizziamo il primo termine di questo slogan. “Una terra senza popolo”, intendeva far credere che la Palestina fosse una regione priva di popolazione con abbondanza di terre ancora disponibili che l’assenza di uomini lasciava incolte. Questo slogan faceva credere che la Palestina era una terra impoverita alla quale solo la forza dei coloni ebrei avrebbe dato sviluppo; e anche che l’arrivo dei kibbutz avrebbe permesso di rimediare alla mancanza di braccia. Questa menzogna ha ingannato un’opinione pubblica poco informata sulle realtà della Palestina. Oggi gli storici hanno smascherato l’inganno, ma l’obiettivo degli inventori di questo slogan è stato raggiunto. Dobbiamo, per rispetto del popolo palestinese, far riaffiorare il ricordo di tempi non troppo lontani in cui la Palestina era una regione densamente popolata, attiva sia in agricoltura che nell’industria di trasformazione. Questa è la ragione di questo contributo.

C’era una Palestina felice dove tutte le comunità vivevano insieme; un paese popolato, ne è la prova la mappa che localizza i 418 villaggi, con i loro abitanti, distrutti nel 1948 (2). La pulizia etnica (3) costrinse oltre 700.000 palestinesi a lasciare i propri villaggi per sfuggire ai massacri perpetrati dall’organizzazione paramilitare sionista dell’Haganah, fondata nel 1920 e integrata nell’esercito israeliano nel 1948. Sulle rovine di questi villaggi, i sionisti hanno spesso piantato alberi per cancellare tutte le tracce delle loro atrocità e poi osare fingere di aver contribuito a “rinverdire” una terra deserta! A questo proposito, dobbiamo prendere atto delle coraggiose iniziative di cittadini israeliani di ONG come Zochrott (4) che hanno investito nella memoria di tutti questi villaggi scomparsi.

Nel diciannovesimo secolo i palestinesi coltivavano cotone nelle pianure occidentali e in alcuni altopiani. Il centro del paese era coltivato ad ulivi che ben si adattavano al terreno e al clima. Grano, frumento, orzo e sesamo crescevano nelle valli circostanti. L’olio estratto dalle olive veniva usato in cucina e per fare il sapone. La città di Nablus era un grande centro amministrativo, commerciale, industriale e culturale. Le città palestinesi non erano solo centri commerciali, ma vi si trovavano anche fabbriche e laboratori artigianali.

Nel 1850 due viaggiatori europei descrivono la costa meridionale: “I granai della Valle del Giordano sono inesauribili. Un oceano di grano, un vero oceano di grano.” Intorno a Giaffa, la produzione di arance quadruplica in soli trent’anni. Queste arance sono già famose, grazie alla loro buccia spessa che ne conserva la freschezza. Ma la Palestina esporta anche vino, grano e olio d’oliva.

Intorno al 1900, emerge un’industria moderna: un censimento condotto dalle autorità britanniche indica 1.236 fra fabbriche e laboratori nel 1914. Il sistema di banche e credito si sviluppa assieme ad una rete di trasporto e comunicazione e il volume del traffico merci aumenta fortemente. La Palestina è all’epoca, nella regione, il paese con la più grande rete ferroviaria rispetto alla popolazione: seicento chilometri per un milione di abitanti.

Siamo lontani dalla falsa versione, scaricata sull’opinione pubblica per anni, che faceva credere a una terra miserabile, in gran parte desertica, mal coltivata da alcuni fellah di mezza età. Una terra che si sarebbe sviluppata solo con l’arrivo dei sionisti, un deserto che i sionisti avrebbero fatto fiorire; tali erano le credenze allora ampiamente diffuse in Europa. Queste informazioni sono tratte dal libro scritto da Christina Zacharia (5).

Prima del XX secolo, la maggior parte degli ebrei di Palestina faceva parte dell’antica comunità Yishuv che vi si era stabilita più per ragioni religiose che politiche. Non c’era praticamente alcun conflitto tra loro e la popolazione araba. Fu con l’arrivo dei coloni sionisti negli anni 1880 che sorsero le tensioni: comprarono terre da proprietari terrieri assenti, cosa che portò alla cacciata dei contadini che le avevano coltivate (6).

Lo scopo del Fondo Nazionale Ebraico era “convertire” la terra di Palestina in un inalienabile possedimento del popolo ebraico. In diverse parti della Palestina settentrionale agricoltori arabi si rifiutarono di lasciare la loro terra che era stata acquistata dal Fondo da proprietari terrieri assenti, così le autorità turche, su richiesta del Fondo nazionale ebraico, li cacciarono.

Anche gli ebrei nativi di Palestina reagirono negativamente al sionismo. Non vedevano l’interesse di uno stato ebraico in Palestina e non volevano esacerbare le relazioni con gli arabi (6).

E venne la maledizione del progetto sionista

 

Usiamo scientemente questa espressione perché, dai suoi inizi, il progetto sionista portava già in sé i germi della distruzione. Theodore Herzl, il fondatore del sionismo, ne scriveva già:

“Cercheremo di far sparire dall’altra parte del confine la popolazione araba senza risorse, fornendole lavoro nei paesi di transito, negando loro qualsiasi lavoro nel nostro paese … Il processo di espropriazione e l’espulsione dei poveri dovrà avvenire con discrezione e con circospezione … “(6).

Questa è la popolazione che, comunque, due ricercatori ebrei autori di una voluminosa opera intitolata “Eretz Israel nel passato e nel presente”, pubblicata nel 1918 negli Stati Uniti, hanno dichiarato discendere dagli abitanti giudei (ebrei) del I secolo d.C. . Gli autori, David Ben Gurion, Yitzhak Ben Zvi, scrivevano che “l’origine ebraica dei fellah poteva essere dimostrata attraverso la ricerca filologica della lingua araba dialettale e attraverso l’indagine sulla geografia linguistica” (7) .

La maledizione per la Palestina si preparava nei gabinetti silenziosi delle cancellerie occidentali. I palestinesi ignoravano quello che si stava tramando dietro le quinte.

La Dichiarazione Balfour del governo britannico nel novembre 1917 è il fatto di una potenza europea che riguarda un territorio non europeo e non tiene in alcun conto la presenza e i desideri della maggioranza degli indigeni che vivono in quel territorio.

Come scrisse lo stesso Balfour nel 1919: “La contraddizione con la lettera della convenzione (la dichiarazione anglo-francese del 1918 che promette l’indipendenza degli arabi delle ex colonie ottomane come ricompensa per il loro sostegno agli alleati) è ancor più evidente nel caso di una nazione indipendente di Palestina che non in quella di una nazione indipendente di Siria. In ogni caso, in Palestina, non ci proponiamo nemmeno di consultare gli abitanti su quello che vogliono … ”

Joseph Weitz, direttore del Fondo nazionale ebraico, scrisse il 19 dicembre 1940:

“Sia chiaro: in questo paese, non c’è posto per due popoli … Finora l’impresa sionista … è andata bene, coi suoi tempi, e poteva accontentarsi di ‘acquistare terreni ‘- ma questo non porterà allo Stato di Israele; deve essere fatto d’un colpo, come una Redenzione (è il segreto dell’idea messianica); e non c’è altro modo che trasferire gli arabi nei paesi vicini, trasferirli tutti; con la possibile eccezione, forse, di Betlemme, Nazareth e Gerusalemme Vecchia; non dobbiamo lasciare loro nessun villaggio, nemmeno una singola tribù”(6).

La Nakba (3) e tutte le azioni messe in atto per spossessare i palestinesi trovano il loro sostegno religioso nelle esortazioni della Bibbia ebraica. Così Israele Shahak (8) ricorda la perniciosa influenza di leggi particolari contro gli antichi Cananei e altre nazioni che abitavano la Palestina prima della conquista di Giosuè. Tutte queste nazioni dovevano essere completamente sterminate secondo le direttive genocide della Thorah (i primi cinque libri della Bibbia ebraica). I versetti biblici che sollecitano il massacro dei Madianiti (9) sono stati solennemente ripresi da un importante rabbino israeliano per giustificare il massacro di Qibbiya.(10) Israel Shahak aggiunge: “Non smetterò di menzionare i proclami sanguinari contro i palestinesi lanciati da dei rabbini in nome di queste leggi.”(11).

Gilad Atzmon (12) scrive: “Lo Stato di Israele continua ad applicare l’esortazione di Mosè (13). La pulizia etnica della popolazione palestinese nel 1948 e i continui maltrattamenti inflitti al popolo palestinese da allora rendono il Deuteronomio 6: 10-12 una profezia realizzata. Per più di 60 anni, l’esortazione biblica al furto è stata trasformata in prassi legale. Il saccheggio israeliano di città, case, campi e pozzi di palestinesi è entrato nel sistema giuridico israeliano: nel 1950-51 i legislatori israeliani avevano già approvato la “legge sui proprietari assenti”, una legge razzista che impediva ai palestinesi di tornare nelle loro terre, città e villaggi e che permetteva ai nuovi israeliani di vivere in case che non avevano costruito”.

Così, da un secolo, ormai il progetto sionista ha portato solo morte, sofferenza, distruzione, violenze di ogni tipo che continuano ancora oggi. Non si può immaginare il grado di crudeltà di cui dà prova oggi la politica israeliana nei confronti dei palestinesi. È un progetto malvagio che ha colpito questa regione e il Medio Oriente nel suo insieme. Una maledizione. Un piano di morte e distruzione pianificato dallo Stato di Israele; i lettori facciano riferimento al piano di Oded Yinon (14), a suo tempo denunciato da Israele Shahak, per convincersene.

 

(1) http://arretsurinfo.ch/la-grande-mystification-a-land-without-population-for-family-withoutland/

(2) Palestina 1967 – Villaggi arabi distrutti nel 48.

(3) Pienamente documentato nel libro di Ilan Pappe, The Ethnic Cleansing of Palestine, Fayard, 2006

(4) http://www.zochrot.org/en/wrapper/19

(5) Christina Zacharia e Samih Farsoun, Palestine et the Palestinians, citato in Michel Collon, Israël, parlons-en, editions, Investig’Action, 2011, p.48. Il lavoro di Christina Zacharia e Samih Farsoun racconta dettagliatamente l’intera storia della Palestina con le sue varie attività economiche, sociali e politiche in epoche diverse.

6) Per maggiori informazioni: https://blogs.mediapart.fr/fxavier/blog/091212/conflit-israelo-palestinien-mythes-et-realites

(7) Shlomo Sand, Comment le peuple juif fut inventé, Fayard, 2008, p.260

(8) Israel Shahak, ebreo israeliano, nato in Polonia nel 1933 – morto nel 2001, internato nel campo di Bergen-Belsen, professore di chimica organica è stato durante la sua vita un attivista instancabile per i diritti umani.

(9) Il primo genocidio della storia, il massacro dei madianiti in Roger Garaudy A contre-nuit: La Bible et le premier génocide.

(10) R.Sha’ul Yisra’eli, Taqrit Qibbiya Le’or Halakhah (Gli eventi del Qibbiya alla luce della Halakhah) in Hattorah Wehammedinah, vol.5,1953 / 4, citate in Israel Shahak, Histoire juive-Religion juive, Le poids de trois millénaires, Editions La vieille Taupe, 1996, p.189. La Halakha (ebraico:. הלכה “Via”, Halokhe secondo la pronuncia ashkenazita, pl. halakhot) raggruppa l’insieme delle prescrizioni, costumi e tradizioni collettivamente chiamati “legge ebraica”. Essenzialmente basato sulla Bibbia ebraica e, nel giudaismo rabbinico, sul Talmud. Per maggiori informazioni su questo massacro: Wikipedia / Massacre de_Qibbya

(11) Israël Shahak, Histoire juive-Religion juive, Le poids de trois millénaires, éditions La vieille Taupe, 1996 p.189

(12) Gilad Atzmon, La parabole d’Esther, Anatomie du peuple élu, Editions Demi-Lune, Coll. Résistances, 2012, p.182

(13) Gilad Atzmon fa riferimento a un passo biblico: “Il Dio degli ebrei come descritto da Mosè nel libro del Deuteronomio (un libro della Bibbia ebraica). Yahweh, il tuo Dio, ti condurrà nel paese che giurò ai tuoi padri di darti. Possiederai grandi e belle città che non hai costruito, case piene di ogni bene che non hai riempito, e pozzi scavati che non hai scavato, vigneti e uliveti che non hai piantato … (Deuteronomio 6: 10-12) è una divinità malvagia che incita il suo popolo al saccheggio, al vandalismo e al furto”. Gilad Atzmon, La parabole d’Esther, Anatomie du peuple élu, Editions Demi-Lune, Coll. Résistances, 2012, p.181

(14) http://arretsurinfo.ch/israel-une-strategie-perseverante-de-dislocation-du-monde-arabe-par-oded-yinon/

 

traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

fonte: http://arretsurinfo.ch/heureuse-palestine-avant-la-malediction-sioniste/

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