Abbas abbandona gli Stati Uniti, ma i palestinesi abbandonano lui

Il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas sta prendendo pubblicamente le distanze dagli Stati Uniti, ma ciò non sarà sufficiente a salvare la faccia con una popolazione palestinese stanca della sua leadership fallita, dice l’ex consulente legale dell’OLP Diana Buttu


17 gennaio 2018

MAHMOUD ABBAS: I negoziati politici dovrebbero essere sottoposti alla mediazione internazionale e non esclusivamente alla mediazione americana. Più chiaramente, non accettiamo l’America come mediatore tra noi e Israele.

 

Diana Buttu è un’avvocatessa palestinese-canadese ed ex portavoce dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina. Appare spesso su media internazionali tra cui Al Jazeera, la CNN e Fox News.
Trascrizione video

Aaron Matè (Copertina) è  un giornalista presso The Real News.

 

Sono Aaron Maté. Il presidente dell’Autorità palestinese Mahmoud Abbas sta prendendo ora pubblicamente le distanze dagli Stati Uniti. In un discorso tenuto questa settimana, Abbas ha detto di non volere più gli Stati Uniti come mediatori nei colloqui di pace con Israele.

 

AARON MATÉ: I membri dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina chiedono ad Abbas di ritirare il riconoscimento di Israele e di interrompere la cosiddetta cooperazione per la sicurezza nei territori occupati. Ma questi, sono segni di un reale cambiamento? Bene, è con me Diana Buttu, avvocatessa, analista ed ex consigliere giuridico dell’OLP. Diana, benvenuta. Dunque, il discorso di Abbas di lunedì segue la decisione di Trump di riconoscere Gerusalemme come capitale d’Israele e la sua mossa di intraprendere i passi per spostare lì l’ambasciata americana. Poi il suo successivo veto a una misura dell’ONU che condanna questo atto. Quindi, Abbas sta esprimendo la sua delusione. Ma sta effettivamente dando un segnale di rottura dopo anni di lavoro a stretto contatto con gli Stati Uniti?

DIANA BUTTU: No, niente affatto. Il segnale che speravo mostrasse era quello di rompere con il periodo dei negoziati. È importante, Aaron, tenere presente che questi negoziati vanno avanti ormai da 25 anni, il che li rende i negoziati più lunghi della storia. E invece di vedere sul terreno un miglioramento della situazione per i palestinesi, in realtà abbiamo assistito ad un peggioramento con sempre più insediamenti israeliani in costruzione, sempre più posti di blocco israeliani in costruzione, più demolizioni di case, più confisca di terre. E Abbas, invece di prendere le distanze da questo processo di negoziazione, sembra si sia aggrappato ad esso ed essere in qualche modo alla ricerca di un indirizzo diverso. E quell’indirizzo diverso di cui in particolare sta parlando è l’Europa, nella speranza che l’Europa faccia pressione sugli Stati Uniti per riprendere nuovamente i negoziati. Quindi, la politica non è cambiata in alcun modo. Sono solo la direzione e i personaggi che stanno cambiando.

AARON MATÉ: Ok. Quindi, un difensore del governo israeliano sentendo queste sue considerazioni potrebbe dire: “Beh, vedi? Questo ci dà ragione. I palestinesi non vogliono negoziare con noi. Diana Buttu sta dicendo che Abu Mazen non dovrebbe negoziare con noi, il che prova proprio che i palestinesi non vogliono la pace”. Come risponderebbe a questo?
DIANA BUTTU: Non c’è dubbio che non vogliamo negoziare e la ragione per cui non vogliamo negoziare è che i negoziati si sono rivelati un processo completamente inutile. In realtà, la nostra condizione è peggiorata. Detto questo, penso che ciò che dobbiamo fare sia concentrarci su come porre fine al ruolo militare di Israele e questo verrà solo quando Israele sarà ritenuto responsabile. Quando saranno ritenuti responsabili con il boicottaggio, il disinvestimento, le sanzioni e responsabili giuridicamente. Le azioni che Israele ha compiuto nel corso degli ultimi 50 anni parlano molto più di qualsiasi cosa possano aver detto. Quindi, mentre sostengono di voler negoziare, vogliono i negoziati come copertura per costruire ed espandere altri insediamenti colonici israeliani. Quello che voglio è che si metta fine alla farsa dei negoziati e che invece si faccia pressione dove la pressione va fatta, vale a dire sull’occupante, sul colonizzatore, per assicurare che l’occupazione di Israele, che è colonizzazione, in realtà giunga al termine.

AARON MATÉ: Diana, solo per dare un’idea per chi non ha familiarità con la storia. Ecco, il numero di coloni, di coloni illegali nei territori occupati prima e dopo l’avvio del processo di pace di Oslo, è più che raddoppiato da quando è iniziato il processo di pace di Oslo. Perché il processo di pace, come si sa, non ha frapposto alcun ostacolo alla costruzione degli insediamenti e persino con i pacifisti governi israeliani di sinistra, o tendenti a sinistra, in realtà gli insediamenti sono andati avanti più rapidi. Allora dunque dov’è, c’è un ruolo per Abbas e il suo entourage? E com’è che dopo così tanti anni di insuccessi sono ancora in giro?
DIANA BUTTU: Bene, per prima cosa voglio fare una piccola correzione a quello che ha detto, Aaron, e cioè che il numero dei coloni non è raddoppiato. In realtà è triplicato dal 1993. Siamo passati da circa 200.000 ai quasi 700.000, per le statistiche ufficiali israeliane, a più di 700.000 coloni israeliani.

AARON MATÉ: Wow.
DIANA BUTTU: In che direzione si muovono i palestinesi e in particolare la leadership palestinese? Si continua con la leadership che c’era ancora prima dell’annuncio di Trump, una leadership il cui mandato è scaduto molti, molti anni fa. Infatti, Mahmoud Abbas è stato eletto nel gennaio 2005, il suo mandato è scaduto nel 2009. Siamo a nove anni dalla scadenza del suo mandato ed è ancora in carica. Lo stesso dicasi per il Parlamento e il Consiglio legislativo, il loro mandato è scaduto nel 2010. Siamo qui, a otto anni dalla scadenza del loro mandato. In poche parole, tutto questo per dire che queste sono persone che prendono decisioni senza avere una vera legittimità. E come rimangano al loro posto e come continuino a rimanere in carica è perché si sentono queste dichiarazioni, come le dichiarazioni fatte da Mahmoud Abbas, in cui non si chiede un completo cambiamento. Non si chiede la fine dei negoziati. Stanno solo esprimendo il loro scontento.
E così, c’è un certo numero di paesi disposti a continuare a sostenere Mahmoud Abbas e gli altri all’interno della leadership palestinese, anche se hanno dimostrato di essere leader incapaci di salvaguardare gli interessi del popolo palestinese, e che continuano persino a reprimere i palestinesi dissidenti.

AARON MATÉ: Bene. Rimanendo in tema, mentre oggi stiamo parlando, ho di nuovo perso il conto di quante volte un tribunale israeliano ha ancora esteso la detenzione di Ahed Tamimi, la sedicenne adolescente palestinese che è stata imprigionata per aver dato uno schiaffo a un soldato israeliano dopo che suo cugino è stato colpito in faccia e entrato in coma.
DIANA BUTTU: Sì, ha completamente ragione. Vediamo ora che Ahed è in prigione da quasi 30 giorni. E’ stata arrestata. È una bambina di 16 anni. E le accuse che sta affrontando da parte del governo israeliano sono molto gravi e sembra che in base al tasso di condanne che si hanno in Israele, che è oltre il 99% per i giovani palestinesi, sfortunatamente resterà in prigione. E lo metto a confronto con le azioni di coloni israeliani adulti che hanno fatto qualcosa di simile, se non di peggio, e non hanno ancora ricevuto nemmeno un buffetto sulla guancia. Ma al contrario, i soldati hanno finito col chiudere gli occhi e rifiutato persino di chiamare il colono israeliano a rendere conto delle sue azioni.

AARON MATÉ: Come lei sa, Diana, stiamo parlando anche nel giorno successivo a quello in cui gli Stati Uniti hanno confermato il taglio della metà della somma di denaro che stanziano per l’agenzia delle Nazioni Unite che fornisce servizi ai profughi palestinesi, l’UNRWA, tagliando qualcosa come 65 milioni di dollari su 125. E mi chiedo soprattutto qual’è il danno che questo comporta per i profughi, tutte le sofferenze, e se qualcosa del genere effettivamente non rafforzi Abbas. Perché, come lei sa, quando un popolo viene attaccato, come è ora attaccato così sfacciatamente il popolo palestinese dall’amministrazione Trump, tende a stringersi attorno ai suoi leader. Ricordo che durante la Seconda Intifada, Arafat, vide aumentare la sua popolarità dopo che George Bush si era allontanato da lui denigrandolo pubblicamente.
DIANA BUTTU: Sì, ha assolutamente ragione, ma non penso che questo accadrà in questo caso. Mahmoud Abbas non è Arafat. Non lo è storicamente, non è la personalità saggia, eccetera. E oltre a questo, mentre entriamo in questa fase, le persone guardano Mahmoud Abbas e quanti lo circondano e dicono che c’è bisogno di un leader che sia in grado di aiutarci a resistere e aiutarci a combattere perché vediamo qual’è la situazione. I palestinesi che hanno visto l’elezione di Trump, non l’hanno gradita come ha fatto Mahmoud Abbas. Eravamo molto preoccupati per l’elezione di Trump. Sapevamo a cosa avrebbe portato. Sapevamo che avrebbe portato al trasferimento dell’ambasciata. Sapevamo che avrebbe portato a una dichiarazione di Gerusalemme capitale di Israele. Sapevamo che avrebbe portato a un taglio dei fondi. Questo è il modo tipico in cui Trump opera e anche le persone di cui si è circondato lo hanno espresso nel corso degli anni.
E ciò di cui abbiamo bisogno come palestinesi è un leader che sia in grado di portarci, per usare un’analogia di guerra, in trincea e che sia in grado di sostenerci e lavorare insieme a noi mentre stiamo lottando per la nostra stessa sopravvivenza. E questo sfortunatamente non è Mahmoud Abbas. Invece di offrirci un piano B o una strategia alternativa, sembra che tutte le sue dichiarazioni, tutti i suoi discorsi, rimangano aggrappati al piano A, che sono negoziati, negoziati e ancora negoziati. Questa volta, molto semplicemente, sostituisce gli Stati Uniti con l’Europa. Così, non è uno che ci sta portando verso la liberazione o la vittoria o addirittura verso la nostra stessa sopravvivenza. È uno che continuerà a fare la stessa cosa di sempre.

AARON MATÉ: E come si realizzerà una nuova leadership? Perché in cima ci sono i palestinesi in Cisgiordania e a Gaza occupata, e Gaza e la Cisgiordania sono divise l’una dall’altra. Poi abbiamo i palestinesi che vivono come profughi in tutta la regione e in tutto il mondo.
DIANA BUTTU: Sì, ha assolutamente ragione, Aaron. Ed è una bella domanda. L’organizzazione che ha appena incontrato la scorsa settimana è un’organizzazione che ha perso la sua legittimità e ha perso la sua legittimità già parecchi anni fa. E non intendo solo dire che hanno perso la loro legittimità perché sono più anziani o perché non sono stati eletti, ma perché non ci hanno fornito una nuova visione per poter resistere in questa nuova fase di attacco furioso della Palestina che stiamo affrontando. Ecco perché è di vitale importanza che iniziamo a tenere elezioni, non solo in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza per questi inutili titoli di Presidente e Primo Ministro e Ministro di qualunque cosa sia, ma iniziamo anche a tenere elezioni per l’intera diaspora palestinese.
Perché sfortunatamente Mahmoud Abbas, nel ruolo che occupa, sta parlando non solo a nome dei palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza, ma pretende di parlare a nome di tutti i palestinesi in tutto il mondo. E sentire qualcuno come lui, che ha praticamente rinunciato alla questione del diritto al ritorno che è l’essenza della lotta palestinese per la libertà e per la liberazione, sentirlo rinunciare a questo fa sì che le persone come me dicano: non mi rappresenta.

AARON MATÉ: E Diana, mettendo ora da parte Trump per un secondo. Se importanti democratici negli Stati Uniti, figure di spicco dei media liberali, persone che sostengono di essere interessate ai diritti umani e alla giustizia in Israele e Palestina, nel Medio Oriente in generale, se cambiassero il loro atteggiamento e difendessero effettivamente i diritti dei palestinesi, che tipo di differenza pensa che potrebbe fare?
DIANA BUTTU: Beh, vorrei che questa conversazione che abbiamo avuto non si basasse su una sorta di mito o leggenda, che temo sia da quello che ho visto negli Stati Uniti, mentre c’è un’opinione pubblica che sta decisamente cambiando. Non penso che i partiti politici siano stati minimamente raggiunti dal cambiamento dell’opinione pubblica. Ciò che vedremmo se non stessimo parlando di qualcosa di fantastico, è che si fa pressione su Israele mettendo finalmente termine a tutti i soldi e a tutte le armi che vanno in Israele, e alla speciale relazione che gli Stati Uniti hanno con Israele, e invece iniziare a trattarlo con gli stessi standard di altri paesi in tutto il mondo, e trattarlo con gli standard del diritto internazionale.
Questo è qualcosa che spero di vedere, ma non vedo che succederà in un prossimo futuro considerato lo stato della politica negli Stati Uniti, dove sembra che l’unica questione su cui entrambe le parti tendono ad essere d’accordo è quella che riguarda Israele. Non si può nemmeno ottenere assistenza sanitaria per i cittadini americani. Le due parti non si accordano sull’assistenza sanitaria, ma in qualche modo concordano nel sostenere un paese che difende e compie crimini di guerra.

AARON MATÉ: Lasciamo perdere. Diana Buttu, avvocatessa, analista ed ex consigliere giuridico dell’OLP. Grazie.
DIANA BUTTU: Grazie a voi.
AARON MATÉ: E grazie per essere stati con noi su The Real News.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina
Fonte: http://therealnews.com/t2/index.php?option=com_content&task=view&id=31&Itemid=74&jumival=20924

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