I palestinesi usano ricami e amuleti per allontanare il malocchio

E’ lontano nel tempo l’uso che i palestinesi hanno fatto del ricamo per esprimere identità, sentimenti, paure e desideri, e degli amuleti per proteggersi dal male. Questo patrimonio è ora esposto in una mostra intitolata “The Labor of Love” al Palestinian Museum di Ramallah.

Ahmad Melhem*, 12 luglio 2018

FOTO – Uno degli abiti ricamati della mostra “Labor of Love” presso il Palestinian Museum di Ramallah, West Bank.  2 giugno 2018

La mostra, che proseguirà fino al 25 agosto, è ricca di un’ottantina di costumi, tra cui gli “abiti intifada”, che furono ricamati come provocazione, con motivi di fucili, slogan politici e persino un motivo che riprende la Moschea di Al-Aqsa, da donne palestinesi durante la prima intifada degli anni ’80. Per la sua curatrice, Rachel Dedman, la mostra non riguarda il ricamo in senso stretto, ma il modo in cui il ricamo riflette il tessuto sociale e culturale dei palestinesi e, in effetti, come sia diventato un simbolo politico di identità e ribellione.

“Labour of Love” segue lo stesso tema di una mostra del 2016, sempre curata dalla Dedman, dal titolo “A the seams: A political history of Palestinian embroidery” per il Museo palestinese di Dar el-Nimer per le arti e la cultura, un centro culturale e galleria a Beirut.

La collezione di “Labor of Love” comprende anche i costumi palestinesi beduini degli anni ’40 e una serie di amuleti e incantesimi che appartenevano al medico, scrittore, ricercatore, storico e antropologo palestinese Tawfiq Canaan. Gli oggetti di Canaan sono un prestito del Birzeit University Museum.

“La collezione Canaan comprende 1.380 pezzi diversi che rappresentano un tesoro raro del patrimonio culturale che Canaan ha raccolto dai pazienti curati tra il 1905 e il 1946”, ha dichiarato Vera Tamari, fondatrice del Museo dell’Università Birzeit, in una conferenza a giugno intitolata “The Exploration of Ethnographic and Artistic Collections of Birzeit University Museum Group”.

Tamari ha spiegato che l’università ha iniziato a mettere insieme una collezione di abiti palestinesi negli anni ’80 perché gli antichi abiti rappresentano uno strumento importante per studiare l’arte del ricamo, così come le credenze locali associate ai vari motivi.

Gli amuleti e talismani, donati dalla famiglia Canaan all’università nel 1995, sono una delle collezioni più importanti in Palestina, ha aggiunto Tamari.

“Canaan ha viaggiato per tutta la Palestina come medico. Gli amuleti e i talismani che portavano alcuni dei suoi pazienti attirarono la sua attenzione [e alcuni, vedendo il suo interesse, glieli diedero]. Una volta in suo possesso, prese a  documentarne forme, simboli e significati in registri speciali. La sua famiglia ha conservato la collezione fino al 1995, anno in cui la donò alla Birzeit University”, ha detto Tamari. “Questa è una collezione unica, che merita attenzione e studio perché riflette gli aspetti culturali e sociali palestinesi di quel periodo”.

Secondo il sito web del Museo dell’Università Birzeit, che ha mostrato immagini e dati relativi a costumi tradizionali e amuleti, il più vecchio oggetto della collezione è datato 1912 e il più recente 1946. Gli amuleti e i gioielli sono fatti con materiali diversi, tra cui argento, perle di vetro, pietre, carta, ossa e denti di animali, piante e legno. Sono stati pensati per essere indossati o attaccati al corpo per la guarigione da malattie specifiche o per scongiurare il malocchio o per altri pericoli legati alla credenza popolare.

I costumi beduini fanno parte di una più ampia collezione di costumi palestinesi del Museo Birzeit, composta di più di un centinaio di abiti e costumi tradizionali e centinaia di altri accessori come copricapo, gioielli e cinture. I costumi sono rappresentativi delle diverse regioni geografiche e urbane della Palestina. Ognuno di questi indumenti porta un’identità specifica, con caratteristiche tipiche pertinenti alla sua origine. Di solito si distinguono per il tipo di ricamo, tessuto, motivo e colori.

Baha Jubeh, una curatrice del Palestinian Museum, ha dichiarato: “Queste collezioni sono molto importanti perché portatrici di significati culturali, ci dicono come le donne ricamavano sui vestiti. Per ogni colore e filo c’era un diverso messaggio e significato. Mentre alcuni scongiuravano invidia e malattia, altri servivano come protezione contro i sortilegi”, ha spiegato.

Anche gli amuleti servivano ad uno scopo analogo. Jubeh dice che gli amuleti erano una personificazione delle credenze popolari prevalenti nel tessuto sociale del periodo – mostrano come i palestinesi usavano gli amuleti per proteggersi da questioni relative alle pratiche occulte, alla malattia, all’invidia e alla stregoneria. Se una perlina blu è stata usata per allontanare il malocchio, la perla nera lo è stata per prevenire la depressione.

Proprio come le credenze, i ricami e gli amuleti sono cambiati nel tempo, dice Samia al-Botmeh, docente di economia presso l’Università di Birzeit e ricercatrice presso il Center for Development Studies dell’università.

Parlando ad un seminario intitolato “Embroidery Economics” il 24 giugno, Botmeh ha spiegato come il ricamo sia passato dall’essere una forma individuale di creatività a fonte di sostentamento. “Specialmente dopo la Nakba del 1948, le donne palestinesi si sono rivolte al ricamo come mezzo per guadagnare un po’ di denaro – una bella differenza rispetto a quando ricamavano i motivi sui vestiti della famiglia. Questo ha significato che forme e colori non erano più dettati dal gusto personale. Una volta che il ricamo è diventato un affare, modelli, forme, colori e punti hanno continuato a cambiare per soddisfare le esigenze del mercato”, ha affermato Botmeh.

Zina Jardaneh, presidente del consiglio del Palestinian Museum, ha detto ad Al-Monitor che il programma generale della mostra “Labor of Love” è teso a “tuffarsi in profondità nel ricamo” e a mostrare questa parte del patrimonio palestinese rimasta intatta, nonostante tutti i cambiamenti sociali ed economici avvenuti in Palestina.

*Ahmad Melhem è un giornalista e fotografo palestinese con base a Ramallah per Al-Watan News. Scrive per un certo numero di media arabi.

Traduzione: Simonetta Lambertini – Invictapalestina.org

Fonte: https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2018/07/embroidery-motifs-and-amulets-on-display-in-ramallah.html#ixzz5LC9SAl8D

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