Cosa Israele può imparare dal multiculturalismo del Marocco

Da quando ha ottenuto l’indipendenza nel 1956, l’identità nazionale del Marocco è passata dall’omogeneità araba al multiculturalismo. Israele dovrebbe prendere lezione.

Einat Levi -10 agosto 2018

Foto: Il primo ministro Netanyahu e Sara Netanyahu (a destra) durante una celebrazione di Mimouna. (foto: Activestills.org)

Due settimane fa, la Knesset ha approvato la controversa legge sullo Stato Nazione Ebraica. Sessantadue membri del parlamento israeliano hanno votato a favore, cinquantacinque contro e due si sono astenuti. Diversi articoli della legge hanno provocato una tempesta pubblica e politica. Ad esempio l’articolo 4, che definisce l’ebraico come lingua ufficiale dello Stato, mentre per la prima volta nella storia di Israele, all’arabo viene attribuito uno “status speciale”. Che cosa significa questo in realtà? La legge non fornisce una spiegazione sufficientemente chiara.

Prima dell’approvazione della legge, l’arabo era considerato la seconda lingua ufficiale di Israele, un fatto che grazie al riconoscimento della cultura e dell’identità della minoranza araba, migliorava l’immagine di Israele nel mondo. Fungendo da ponte tra il Paese e la zona di lingua araba, tale riconoscimento aveva aiutato Israele a presentarsi come uno stato democratico. Riconosceva anche la cultura e l’identità degli ebrei provenienti dai Paesi arabi, per i quali l’arabo è una parte inseparabile del loro patrimonio. Il fatto che l’arabo fosse una lingua ufficiale dava agli arabi in Israele un senso di speranza e di appartenenza, motivo per cui un cambiamento nel suo status potrebbe esigere  un prezzo elevato, sia internamente che esternamente.

Il Marocco si trova nella parte più occidentale dell’Africa ed è un Paese che può servire come affascinante caso di  studio sullo sviluppo dell’identità nazionale e culturale. Anche se il Marocco non è il paese economicamente più avanzato del mondo e ha ancora molta strada da percorrere in termini di diritti umani e di democrazia, negli anni è riuscito a formulare un modello di identità nazionale inclusiva, con la comprensione e la convinzione che le differenze e le diversità dovrebbero essere incoraggiate ed enfatizzate.

Ma non è sempre stato così. Quando dichiarò l’indipendenza nel 1956, dopo anni di influenza coloniale il Marocco dovette formulare una chiara identità nazionale.

Scelse l’identità nazionale araba e, attraverso un intenso processo di “melting pot”, plasmò i suoi simboli e le sue istituzioni statali secondo questa identità omogenea. Ad esempio, il Marocco si unì alla Lega araba, l’arabo fu dichiarato lingua ufficiale dello Stato e alcune delle vie del Regno furono chiamate con nomi arabi.

Sulla scia di questa decisione, il Marocco subì un processo accelerato di occidentalizzazione a scapito di altre identità presenti nel Regno, in particolare quella degli Amazigh, che costituiscono la metà della popolazione. Gli Amazigh, conosciuti anche come Berberi, sono considerati i primi abitanti del Marocco e del Nord Africa. Sono un gruppo etnico separato e parlano lingue Amazigh. L’esclusione dell’identità Amazigh si manifestò nel mettere al bando le lingue del gruppo nelle scuole, nelle trasmissioni televisive e radiofoniche di Stato e vietando ai genitori di dare ai loro bambini nomi Amazigh sulle loro carte d’identità. Così ai cittadini Amazigh  viene dato un nome arabo, che usano a scuola e quando hanno a che fare con le istituzioni statali, così come un nome Amazigh, che usano con familiari e amici.

Nel corso degli anni ciò causò numerose proteste da parte degli Amazigh, specialmente durante il regno di Re Hassan II. I manifestanti chiedevano di aumentare la rappresentazione degli Amazigh nella narrativa marocchina, colmare le differenze socioeconomiche, rendere loro disponibili i servizi pubblici e promuovere l’occupazione e un’equa distribuzione delle risorse. Tutto questo cambiò drasticamente con il re Mohammed VI, che salì al potere nel luglio 1999 e che promise di dotare ogni casa di luce e acqua e di realizzare le infrastrutture di base nei villaggi Amazigh. Sotto Mohammed VI, il Marocco istituì il Royal Institute of the Amazigh Culture, che si occupa di far rivivere le lingue Amazigh, d’integrare il patrimonio culturale Amazigh nel curriculum nazionale e di incoraggiare la ricerca sull’argomento.

Mentre le condizioni e l’immagine degli Amazigh migliorarono, le proteste non cessarono. Nel febbraio 2011, i venti della primavera araba soffiarono nelle strade del Paese e centinaia di migliaia di marocchini protestarono in tutto il Regno. Il re, che temeva che le proteste potessero destabilizzare il Paese, prese provvedimenti per placare i manifestanti, anche modificando la costituzione. Nel luglio 2011, il Regno approvò un emendamento alla costituzione mediante referendum, che ridefinì l’identità nazionale del Marocco come Stato musulmano. Questa volta, tuttavia, l’emendamento sottolineò l’impegno del Paese verso il ricco e variegato patrimonio culturale di tutti i suoi residenti:.

“Stato sovrano musulmano, legato alla sua unità nazionale e alla sua integrità territoriale, il Regno del Marocco intende preservare, nella sua ampiezza e nella sua diversità, la sua unica e indivisibile identità nazionale. La sua unità è forgiata dalla convergenza delle sue componenti arabo-islamica, berbera [Amazighe] e sahariana-hassanica [Saharo-Hassanie], nutrita e arricchita dalle sue influenze africana, andalusa, ebraica e mediterranea. La preminenza accordata alla religione musulmana nel riferimento nazionale è coerente con l’attaccamento del popolo marocchino ai valori di apertura, di moderazione, di tolleranza e di dialogo per la comprensione reciproca tra tutte le culture e le civiltà del mondo “.

L’emendamento ha anche determinato un cambiamento nello status della lingua Tamazight, che per la prima volta è diventata una lingua ufficiale dello Stato, come previsto dall’articolo 5 della Costituzione:

“L’arabo è la lingua ufficiale dello Stato. Lo Stato lavora per la protezione e lo sviluppo della lingua araba, nonché per la promozione del suo uso. Allo stesso modo, il Tamazight [Berber / Amazighe] costituisce una lingua ufficiale dello Stato, essendo patrimonio comune di tutti i marocchini, senza eccezioni”.

La formulazione dell’emendamento è stata in grado di enfatizzare le comunanze tra arabi e amazigh senza compromettere lo status dell’identità araba o marocchina. E mentre la formulazione non riflette necessariamente la situazione sul terreno, modella le percezioni e la realtà, coltivando uno dei valori centrali del nazionalismo marocchino, in base al quale differenze e diversità sono una fonte di forza.

Il caso marocchino non è identico a quello di Israele. Eppure, il passaggio in Marocco da un’egemonica identità araba nazionale ad una eterogenea e multiculturale, potrebbe servire da lezione per lo Stato ebraico.

Einat Levi sviluppa collaborazioni con il Marocco ed esplora le relazioni israelo-marocchine con Mitvim, l’Istituto israeliano per le politiche estere regionali. Questo articolo è stato pubblicato per la prima volta in ebraico sul Forum for Regional Thinking.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invctapalestina.org

Fonte:https://972mag.com/what-israel-can-learn-from-moroccos-multiculturalism/137171/

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