Netanyahu, il Genio di Vilna, non ha alcuna fretta di ascoltare un piano di pace

Bibi dice di non avere alcuna fretta di ascoltare il piano di pace degli Stati Uniti – atteggiamento che ha in comune con tutti i primi ministri israeliani.

FOTO Il primo ministro Benjamin Netanyahu parla al Memoriale dell’Olocausto di Paneriai vicino a Vilnius, Lituania, il 24 agosto 2018. Credit: Petras Malukas / AFP

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Da Vilnius – Vilna – la “Gerusalemme della Lituania”, è stato emesso il proclama: “Non vedo alcuna urgenza”. Questo secondo Vilna Gaon, questo genio, ha detto che non c’è bisogno che il presidente degli Stati Uniti si affretti con il suo piano di pace.

Benjamin Netanyahu ha ragione. Davvero, che fretta c’è? Sicuramente non se ne farà nulla del piano di Donald Trump, ma anche i suoi antecedenti, più ragionevoli, non hanno portato a nulla perché Israele non ha mai avuto fretta. A proposito, neppure gli Americani sono mai stati così ansiosi.

I due Paesi non avranno mai fretta finché non avranno l’acqua alla gola, in particolare Israele, condizione che ora sembra più remota che mai. Quindi, per parafrasare un detto arabo, la fretta viene dal diavolo. Un alto funzionario nell’entourage di Netanyahu ha aggiunto che non c’è nulla di urgente neppure per Gaza: “Solo se ci sarà un cessate il fuoco, passeremo al prossimo stadio”.

Così tanta arroganza in una sola frase. Niente è urgente perché Israele non è sotto pressione. Lasciamo che Gaza continui a morire, qual è la fretta? Prima aspettiamo che siano seduti e immobili. Poi butteremo loro un osso. Ma loro non staranno seduti immobili. Non hanno motivo di farlo. A Gaza è impossibile restare ancora calmi. Lo stesso vale per la West Bank.

L’ordine delle cose sarà invertito. Non può essere altrimenti. Non ci sarà nessuna calma e nessun accordo prima che la situazione sia alleviata. Gaza è stata silenziosa, per anni la Cisgiordania è stata tranquilla, ma Israele non ha ancora sentito l’impulso di fare qualcosa.

La calma della Cisgiordania non ha mai riempito Israele dell’urgenza di agire, solo di compiacimento, così come non c’era nessuna urgenza quando Gaza era tranquilla. L’interesse di Israele è unilaterale: dateci tranquillità. Solo un po’ di tranquillità. Solo per noi, gratuitamente.

“Mandami  silenzio ben protetto, mandami silenzio da una nuvola”, scrisse il poeta Yona Wallach. E, naturalmente, una continuazione della situazione attuale, che ci fa sentire così a nostro agio. Solo per noi.

Dopo tutto, cosa chiediamo? Solo un po’ di calma, la fine allo spargimento di sangue e al terrore. La fine delle guerre. Desideri così innocenti, così umani: noi, le vittime, tutto ciò che vogliamo è un po’ di pace e tranquillità. Quanto è facile pubblicizzare questo. Quanto gli Israeliani credono in questo.

Il loro Stato che “ricerca la pace” vuole solo tranquillità, mentre i Palestinesi vogliono solo sangue. Sono nati per uccidere. Anche una parte crescente del mondo lo crede. Israele vuole la pace a costo zero, mentre continua i suoi crimini. Quando regna la quiete, nulla è urgente. Quando la quiete s’interrompe, Israele chiede: in primo luogo, ripristiniamo la calma. Questa è l’essenza della politica di “pace” di Israele. Netanyahu l’ha descritta bene a Vilnius.

I kibbutz e le città vicino a Gaza vogliono la quiete. Non se la meritano forse? Vogliono tornare al loro modo di vivere tranquillo, a lavorare nei campi, a godersi le placide notti estive. Quanto giusto, quanto innocente. Ma di fronte alla prigione più grande del mondo non ci sarà calma. Di fronte ai/alle malat* di cancro mort* e incarcerat*, bambin* avvelenat* dalla loro acqua potabile, adulti che appassiscono senza elettricità o senza futuro, non ci può essere quiete. Non dovrebbe esserci.

Anche i coloni vogliono la tranquillità. Lasciate che anche loro tengano i loro appezzamenti rubati, costruiscano le loro case su terreni espropriati, viaggino in sicurezza sulle loro strade rubate e vivano in pace. Quale potrebbe essere un’aspirazione più nobile? Ma anche loro non potranno mai vivere in pace su terre rubate. Del resto, quando prevale la calma, nessuno intende restituire queste terre ai loro proprietari, ripristinare la loro dignità o garantire loro la libertà.

Niente è urgente per il primo ministro. Non abbiamo mai avuto un primo ministro veramente frettoloso. Solo i Palestinesi sono stati sotto pressione, e finché ciò è avvenuto, qualsiasi piano potrebbe essere gettato nel cestino. Nulla verrà da tali piani perché nulla è urgente per Israele e nessuno ascolta i Palestinesi, il lato debole che diventa sempre più debole.

La soluzione verrà solo quando un primo ministro israeliano si troverà in una situazione di urgenza che richiederà un cambiamento. Ahimè, questo accadrà solo quando anche Israele inizierà a soffrire a causa dell’occupazione, pagando per i suoi crimini e ricevendone la punizione.

Fino ad allora, Netanyahu ha ragione.

Non c’è urgenza.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”

Invictapalestina.org

Fonte: https://archive.is/6TmH4

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