Il liutaio palestinese che suona dolci melodie in una terra travagliata

Shehada Shalalda è cresciuto a Ramallah, dove ha sviluppato la sua passione in una scuola di musica.

Monica Pelliccia in Florence – 25 Ottobre 2018

Foto di copertina: Shehada Shalalda ammira un violino a Ramallah Fotografia: NurPhoto / Corbis via Getty Images

Si dice che la cosa più difficile che puoi fare con un violino è suonare Paganini.

Ma per l’unico liutaio della Palestina,  riparare uno strumento musicale in un campo profughi e  utilizzare la  musica per cercare di riunire le persone in una terra  divisa, si collocano al secondo posto.

Shehada Shalalda, 28 anni, è considerato l’unico “sanie kaman”, o costruttore di violini, professionista in Palestina. Gli altri liutai palestinesi sono specializzati in strumenti arabi.

Tredici anni fa era un insignificante studente di liceo che cresceva nel vecchio quartiere di Ramallah, quando sentì la dolorosa melodia di un violino  provenire da una scuola di musica appena aperta. Ne restò ipnotizzato e in quel momento la sua vita cambiò.

Shehada Shalalda suona con una delle sue creazioni Fotografia: NurPhoto / Corbis via Getty Images

Da quel giorno, Shalalda trascorse ore nella scuola di musica di Al Kamandjati, a volte saltando la scuola. Lì, imparò come aggiustare e pulire gli strumenti e come trasformare un pezzo di legno in un violino, piallando verso i bordi per creare le curve e le cavità, i fori e la cassa.

“Sono cresciuto in una zona di guerra. Non pensavo che sarei sopravvissuto “, ha detto Shalalda. “Fare violini mi ha offerto un modo per rimanere in vita. È stata un’occasione per vedere il mondo e fare qualcosa per la mia comunità: portare la pace attraverso la musica”.

Ad Al Kamandjati  ha incontrato il violinista italiano Paolo Sorgentone, che nel 2008 lo invitò a studiare da liutaio a Firenze. “Quando arrivai in Italia, fu uno shock e una sorpresa vedere che non c’erano posti di blocco e soldati con armi da fuoco lungo le strade, come in Palestina “, dice Shalalda. “I miei amici e io avevamo immaginato che il mondo intero fosse come il nostro Paese”.

A Firenze, ha creato il suo primo violino. Ha continuato i suoi studi presso la Newark School of Violin Making nel Regno Unito. Shalalda è tornato a casa in Palestina nel 2012 e ha allestito un laboratorio nella scuola di musica di Al Kamandjati, che è ancora sulla strada per casa sua.

Gli strumenti di Shalalda sono venduti a clienti di tutto il mondo. “Questo è un modo per dimostrare che la mia terra natale produce splendidi manufatti artigianali. La Palestina è conosciuta solo per il conflitto, ma abbiamo anche una forte tradizione culturale “, dice Shalalda, che è tornato a Ramallah dopo aver partecipato al prestigioso International Triennale Violin Making Competition Antonio Stradivari a Cremona, in Italia. Era la prima volta che un violino creato in Palestina veniva presentato alla competizione.

Portare la musica dove c’è il rumore della guerra è ciò che muove Shalalda. Ha riparato strumenti musicali nei campi profughi della sua città natale, Ramallah, nonché a Sabra e Shatila in Libano. Ha intenzione di continuare questi sforzi con il suo amico, il liutaio italiano Alberto Dolce. “I rifugiati non hanno acqua potabile, né elettricità. Non hanno il permesso di lavorare “, ha detto. “La musica è uno strumento importante per esprimere i propri sentimenti, come un linguaggio universale”.

 

Shehada Shalalda mentre crea un  violino Fotografia: Abbas Momani / AFP / Getty Images

Il prossimo febbraio, ha intenzione di andare a Gaza City per riparare gli strumenti delle poche scuole di musica rimaste in piedi dopo l’attacco aereo israeliano del 9 agosto, che ha distrutto il Centro culturale Said Al-Mishal. Non ha ancora ricevuto il permesso di andare nella Striscia.

Quasi 100 km separano Ramallah da Gaza, un’ora di viaggio in auto, ma Shalalda trascorrerà un’intera giornata viaggiando perché non può passare attraverso Israele. Probabilmente dovrà volare in Egitto e poi guidare fino a Gaza. Ma è preoccupato che le forze di sicurezza israeliane possano chiudere i valichi  impedendogli di tornare in Cisgiordania, dove sua moglie Buthaina e i suoi tre figli Nabil, Juri e Omar lo aspetteranno.

“La musica è un potente strumento di pace”, dice Shalada. “Non smetterò di costruire ponti tra culture grazie a questo bellissimo strumento, il violino”.

 

*Giornalista freelance, si è specializzata in questioni sociali e ambientali, in particolare su temi quali la biodiversità, i diritti delle donne, le migrazioni climatiche, le popolazioni indigene e l’agroecologia. Ha realizzato reportage in India, Honduras, Brasile, Cambogia, Ecuador e ha pubblicato articoli su testate italiane e internazionali quali “Vanity Fair”, “la Repubblica”, “El País”, “El Periódico de Catalunya”. Già reporter di “Europocket TV Italia”, la prima piattaforma multimediale interamente dedicata all’Europa e ai giovani europei, insieme ad Adelina Zarlenga ha scritto il saggio “La rivoluzione delle api. Come salvare l’alimentazione e l’agricoltura nel mondo” (2018), accompagnato da una prefazione di Vandana Shiva e dalle foto di Daniela Frechero. Il libro è risultato vincitore del Premio internazionale di Giornalismo ‘Innovation in development reporting’, assegnato dal Centro europeo di Giornalismo.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org

Fonte: https://www.theguardian.com/world/2018/oct/25/violin-maker-in-palestine-brings-sweet-sounds-to-troubled-landscape?fbclid=IwAR08QduOXa98QSudyl_k5xC4ccJR1TjL7kz_ORJFeohM2A-C0D5OeArFAoU

 

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