Netanyahu non ha bisogno di Abbas per controllare Gaza, ma di Hamas

Ben Caspit 31 Ottobre 2018

Foto di copertina: Il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu mentre partecipa alla riunione settimanale del gabinetto nel suo ufficio a Gerusalemme, il 28 ottobre 2018.

Sono passati quasi dieci anni da quando il primo ministro Benjamin Netanyahu aveva annunciato  che se fosse stato eletto, avrebbe ordinato alle Forze di Difesa israeliane (IDF) di invadere Gaza, abbattere il regime di Hamas e distruggere il nido di terrore che era diventato. Il 29 ottobre, Netanyahu ha ammesso per la prima volta che Israele “non ha interesse a rovesciare il regime di Hamas”. Il Primo Ministro ha convocato i giornalisti che si occupano di politica  e li ha intrattenuti con un discorso molto dettagliato e convincente sul motivo per cui Israele non ha interesse ad abbattere Hamas, ma bensì di come si accontenterebbe di raggiungere un accordo per evitare il crollo totale di Gaza. Il ragionamento, secondo le stesse parole di Netanyahu, è stato che il crollo di Gaza “sarebbe loro esploso in faccia”. Ha poi incolpato il presidente palestinese Mahmoud Abbas per il collasso delle infrastrutture umanitarie a Gaza.

Fino ad ora, Netanyahu ha costruito la sua immagine su quella di uomo macho capace di affrontare Hamas a muso duro . Nelle precedenti campagne elettorali, l’ha anche utilizzata come slogan.  Aveva fatto una netta distinzione tra le sue politiche e quelle dei precedenti governi, con particolare enfasi  riguardo le politiche di Ehud Olmert. Ma nel 2008  a Gaza Olmert guidò l’IDF nell’Operazione Piombo Fuso e nelle operazioni di terra fermandosi prima che Hamas fosse abbattuto, per gli stessi motivi che Netanyahu ha elencato questa settimana. All’epoca Netanyahu aveva attaccato Olmert, l’allora Ministro degli esteri Tzipi Livni e l’allora Ministro della Difesa Ehud Barak, dichiarando che se fosse dipeso da lui, le cose sarebbero state molto diverse. Oggi è diventato chiaro che non stava dicendo la verità, o come  si dice in Israele, “Le cose che vediamo da qui non possono essere viste da lì” – il che significa che da Primo Ministro le questioni appaiono diverse. Per la prima volta in assoluto, Netanyahu lo ha ammesso.

Ciò che in questa situazione caotica e non facilmente risolvibile è  degno di nota è il modo in cui la storia è stata capovolta. Più o meno nello stesso giorno in cui il Primo Ministro dichiarava ciò, il 28 ottobre a Ramallah il Comitato Centrale dell’OLP ha deciso di chiedere ad Abbas di  lasciare in sospeso il riconoscimento di Israele insieme a qualsiasi coordinamento per la sicurezza tra le forze palestinesi, l’IDF e lo Shin Beit. Queste richieste esprimono la recente politica di Abbas di “appiccare il fuoco alla casa”. Lo lasciano a guardare con nervosa anticipazione i tentativi di Israele di salvare Hamas, mentre lui rimane isolato a Ramallah. Alla fine del 2018, più di 25 anni dopo la firma degli storici accordi di Oslo, la situazione è la seguente: Israele e l’Autorità Palestinese (AP) sono bloccati in un conflitto di vecchia data. Tra loro per molto tempo c’è stata poca comunicazione, e  ora si stanno allontanando rapidamente. Nel frattempo, Israele e Hamas si stanno invece avvicinando. Attualmente  sono impegnati in negoziati indiretti e si riconoscono reciprocamente, se pure in modo indiretto. Israele considera Hamas come l’autorità sovrana a Gaza e sta cercando di mantenerla tale , mentre dal canto suo Hamas continua a predicare la distruzione di Israele e, a tal fine, a cercare di incendiare la regione e suscitare un’atmosfera di terrore. Se i tre architetti degli Accordi di Oslo – Yitzhak Rabin, Yasser Arafat e Shimon Peres – dovessero svegliarsi dal loro riposo eterno, avrebbero difficoltà a capire come le parti abbiano potuto assumere tali posizioni.

Con i giornalisti Netanyahu ha voluto approfondire i dettagli dei suoi ampi  sforzi per raggiungere un accordo a lungo termine con Hamas a Gaza. Secondo lui, proprio la scorsa settimana si era quasi raggiunto un accordo, ma poi la folla  aveva nuovamente preso d’assalto la barriera. Il “giorno della battaglia”, che ne era seguito, aveva spinto i suoi sforzi diplomatici di diversi passi indietro. Attualmente, non è chiaro a cosa le parti arriveranno: un accordo o un conflitto militare diffuso. Netanyahu ha fatto di tutto per spiegare ai suoi ascoltatori perché un altro round di combattimenti a Gaza non servirebbe a nessuno. “Cosa faremmo con Gaza se la conquistassimo?” Chiede. “Non avremmo nessuno a cui darla. Se ci fosse qualcuno a cui consegnarla, allora l’avremmo già conquistata, ma nessuno vuole nemmeno pensarci. So che se andassimo in guerra a Gaza, per le prime due ore tutti mi applaudirebbero. Ma la domanda è: cosa succederebbe dopo? ”

Nel Security Cabinet che presiede, Netanyahu è il membro con le idee maggiormente a sinistra nel governo più di estrema destra di tutta la storia di Israele. È possibile che il Ministro degli Interni Aryeh Deri sia da qualche parte alla sua  sinistra, ma nessun altro lo è. Il principale oppositore di questo approccio è il Ministro della Difesa Avigdor Liberman, che nelle ultime due settimane ha dichiarato apertamente che “non c’è modo di raggiungere un accordo con Hamas” e che Israele dovrebbe, quindi, sferrare “il colpo più duro che può” Eppure,  se anche Liberman è a capo dell’establishment della sicurezza, costituisce una minoranza insignificante nel Securuty Cabinet. I ministri del Likud sostengono Netanyahu, così come il Ministro delle Finanze Moshe Kahlon del partito Kulanu. Il Ministro dell’Istruzione Naftali Bennett e il Ministro della Giustizia Ayelet Shaked di HaBayit HaYehudi di solito cercano di posizionarsi alla destra di Netanyahu, ma nemmeno loro sostengono l’occupazione della Striscia di Gaza. Preferirebbero vedere un lungo e intenso attacco aereo piuttosto che truppe sul terreno.

Netanyahu, d’altra parte, preferisce valutare  se sia ancora  possibile raggiungere un accordo. Ripone le sue speranze in Egitto, Qatar, nell’emissario delle Nazioni Unite in Medio Oriente Nikolay Mladenov e in chiunque altro voglia dargli una mano, ad eccezione di Abbas, naturalmente. In definitiva, gli interessi di Netanyahu non sono guidati esclusivamente dalla sua naturale preoccupazione per un coinvolgimento militare. Piuttosto, il suo ragionamento è puramente politico. La sua politica esplicita è di continuare a mantenere  la separazione tra Gaza e la Cisgiordania, a prescindere dai costi. Ignora il fatto che esiste una soluzione perfetta per controllare Gaza se e quando l’IDF la dovesse occupare. Il problema, o almeno quello che lui ritiene tale, è che questa soluzione perfetta è la leadership palestinese di Ramallah o, in altre parole, Abbas. Non importa che Israele abbia firmato degli accordi dettagliati con la leadership palestinese e che Abu Mazen abbia mantenuto la sicurezza e il coordinamento strategico  con Israele per anni – e che questo coordinamento continui nonostante l’appello di questa settimana dell’OLP.

Netanyahu non permetterà che questo accada. Ciò che lo preoccupa è che se Abbas ritorna a Gaza e prende le redini del potere da Hamas, lui e la destra israeliana perderebbero immediatamente la loro ultima scusa, cioè che i negoziati hanno raggiunto uno stallo. All’improvviso, ci sarebbe un unico partner palestinese unificato a Gaza e in Cisgiordania con il quale Israele sarebbe obbligato a negoziare. E Netanyahu farà tutto il possibile per evitare questa possibilità . Se per raggiungere questo obiettivo deve raggiungere un’alleanza ad hoc con Hamas, non ha altra scelta che farlo. Dopotutto per Netanyahu l’unica cosa più pericolosa dell’essere coinvolto  in una guerra,  è l’essere coinvolto nella  pace.

Ben Caspit è un editorialista per “Israel Pulse” di Al-Monitor. È anche editorialista e analista politico per i giornali israeliani e ha uno show radiofonico quotidiano e regolari programmi TV su politica e Israele. Su Twitter: @BenCaspit

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” Invictapalestina.org

Fonte: https://www.al-monitor.com/pulse/originals/2018/10/israel-hamas-gaza-strip-benjamin-netanyahu-avigdor-liberman.html?fbclid=IwAR0hM1d_971PdB3MPsckyf1PCf8J6xJY7btgOMIWv7hx-UiMkmNmxEkEmM4#ixzz5VasfRXN6

 

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