Il vero Israele non è la nazione delle start-up, è la fila dei poveri

Solo l’8% della nostra forza lavoro è impiegato nell’high-tech, ma un quinto del Paese vive sotto la soglia di povertà.

David Rosenberg – 1 gennaio 2019

Foto di copertina: Alla ricerca di cibo in un cassonetto a Yeruham \ Eliyahu Hershkovitz

L’immagine di Israele promossa dal Ministero del Turismo è un paese di giovani abitanti  di Tel Aviv poco vestiti. (leggi: secolari). Il mito della  Startup Nation, promosso dai media, lascia l’impressione che, quando non stanno passeggiando lungo  la spiaggia, gli Israeliani sono tutti ragazzi prodigio della tecnologia. Per chi invece segue le notizie, gli Israeliani sono tutti coloni fanatici che vivono su colline battute dal vento.

Quel genere di Israeliani certamente esiste. Ma la realtà è che solo l’8% circa degli Israeliani che lavorano sono impiegati nell’high-tech e quel numero non è in crescita.. Mentre le spiagge sono piene di persone come quelle ritratte  nelle pubblicità turistiche , la realtà è che ben più di un terzo degli Israeliani sono Ebrei osservanti o musulmani le cui donne non indossano bikini. I coloni rappresentano circa il 5% della popolazione di Israele.

L’altra cruda realtà di Israele riguarda la povertà di molti dei suoi abitanti.

Come documentato dall’Istituto Nazionale delle Assicurazioni, i tassi di povertà israeliani sono elevati rispetto ad altri Paesi sviluppati, e negli anni di crescita economica si è fatto ben poco per risolvere il problema.

Tra i membri dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico, Israele ha il più alto tasso di povertà (17,9% nel 2016, l’anno  per il quale l’Organizzazione ha dati comparativi).

Persino la Turchia e il Messico, che appartengono all’OCSE anche se non sono abbastanza ricchi da essere considerati economie sviluppate, fanno meglio di Israele.

È ancora più angosciante pensare che un decennio di crescita economica ininterrotta abbia lasciato  così tanti Israeliani sotto la soglia di povertà. Venti anni fa, il tasso di povertà era del 17,5%; lo scorso anno era del 21,2%, secondo gli ultimi dati NII.

Nel 2009, il tasso era  salito fino al 25%. Ma il declino che ne è seguito non è cambiato  dal 2013, anche se la forza lavoro è più alta che mai,la disoccupazione è a livelli storicamente bassi e i prezzi al consumo sono diminuiti.

In breve, se dopo 15 anni di crescita economica quasi ininterrotta, il meglio che Israele può  ottenere è di far diminuire meno di quattro punti percentuali un tasso di povertà imbarazzante, è ovvio che stiamo facendo qualcosa di sbagliato.

Chiamala carota

La strategia anti-povertà del governo è stata quella di guidare nel mondo del lavoro i molti Israeliani disoccupati con una combinazione di bastoni e carote. I bastoni  sono le indennità governative e lo spostamento della pressione fiscale a favore degli occupati. Le carote sono stati provvedimenti  come un salario minimo più elevato e un’espansione del programma di imposta sul reddito negativo, per aiutare i salari più bassi.

Un po’ sembra aver funzionato. Rispetto a due decenni fa ci sono più Israeliani occupati, ma gli Israeliani che hanno trovato un  posto di lavoro, tendono ad essere quelli in fondo alla scala delle competenze e dell’educazione. Stanno lavorando, ma non stanno guadagnando molto.

È un po’ strano che la maggior parte dei lavori disponibili in un Paese all’avanguardia nella tecnologia siano in realtà posti per commessi e camerieri di ristoranti.

Ma quando si guarda al vero Israele – non a quello che immagina la maggior parte della gente – non è così sorprendente.

Quasi un terzo degli Israeliani  sono Arabi o Ebrei ultra-ortodossi. Entrambi i gruppi hanno bassi livelli di partecipazione alla forza lavoro e tassi di povertà insolitamente elevati: il 47,1% per le famiglie arabe e il 43,1% per gli Haredi. Tra tutti gli Ebrei israeliani, il tasso di povertà  delle famiglie è solo del 13,4%.

La campagna per convincerli a entrare nel mercato del lavoro è stata un successo perché entrambi i gruppi sono atipici  rispetto alle minoranze povere. Entrambi sono legati alla tradizione e incentrati sulla famiglia, con tassi relativamente bassi di quelle piaghe sociali che di solito vanno di pari passo con la povertà. Tutto ciò che è servito è stato creare loro degli incentivi per farli uscire e lavorare. I datori di lavoro sono stati contenti di assumere manodopera di buona qualità a basso costo, piuttosto che investire in tecnologia per  lavori di bassa competenza.

Tornando indietro

È un risultato problematico per un Paese come Israele che può solo sperare di continuare a crescere economicamente e migliorare il suo tenore di vita  creando quei posti di lavoro ad alta tecnologia che attualmente non sta più creando. In ogni caso, la riserva di lavoro sta rapidamente esaurendosi o, nel caso degli ultraortodossi, è in ripiego.

Nel mondo ultra-ortodosso, sono le donne che vanno al lavoro tutti i giorni, mentre l’ideale è che i mariti  spendano il loro tempo nello studio religioso.

Per un breve periodo, il governo aveva superato le obiezioni dei rappresentanti degli Haredi e aveva  creato un pacchetto di “bastoni e carote” per far entrare gli uomini nella forza lavoro. Ciò includeva rendere l’istruzione superiore più disponibile con classi dello stesso sesso, ridurre le indennità per gli studenti delle yeshiva e costringere molti di loro a prestare servizio nell’esercito (quest’ultimo è un importante passo avanti verso la  società secolare e il mercato del lavoro).

Purtroppo, nell’attuale governo, gli ultra-ortodossi hanno riconquistato il potere politico e i bastoni sono stati spezzati. Non sorprende quindi che il tasso di partecipazione alla forza lavoro degli uomini ultraortodossi sia andato declinando.

La responsabilità  per  questa inversione è del Primo Ministro Benjamin Netanyahu. La sua capitolazione ai partiti ultra-ortodossi ha danneggiato gli interessi a lungo termine del Paese in cambio di un governo stabile, senza fastidiosi politici di centrosinistra nel suo gabinetto. È un accordo che rimpiangeremo, se non  verrà modificato dopo le prossime elezioni.

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”- Invictapalestina.org

Fonte: https://www.haaretz.com/israel-news/.premium-the-real-israel-isn-t-startup-nation-it-s-poverty-row-1.6803924?fbclid=IwAR2ZpA6C7wQG9gfh9J4v9s_lB1GXenBEDdJ3UsMfY1ufgpAAZP71MhqalmM

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