Ebrei accusati di antisemitismo in Germania per aver sostenuto il boicottaggio di Israele.

Attivisti israeliani del Movimento BDS  sotto processo a Berlino per il loro attivismo anti-sionista, attivismo molto controverso a causa di problemi storici.Andreu  Jerez  – Berlino 17/02/2019

Foto di copertina : Ronnie Barkan, Stavit Sinai e Majed Abusalama, gli attivisti accusati. (A. Jerez)

“I Tedeschi devono maturare, devono girare pagina. È tempo che smettano di sostenere coloro che commettono crimini contro l’umanità. Se hanno imparato qualcosa dall’Olocausto, allora dovrebbero sapere che oggi devono sostenere i diritti dei Palestinesi”.

In Germania fare pubblicamente un’affermazione del genere non è un passo facile. L’ombra dei crimini commessi dal nazionalsocialismo e quella dell’olocausto continuano a segnare la vita politica del Paese e a condizionare l’opinione pubblica su Israele. La critica allo Stato fondato nel 1948 e diventato un rifugio sicuro per gli ebrei di tutto il mondo può infatti rapidamente trasformarsi in accusa di antisemitismo, questo oltre 70 anni dopo la fine della seconda guerra mondiale e la sconfitta di Hitler.

L’autore della frase citata è, comunque, Ronnie Barkan, ebreo, israeliano e attivista del movimento Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) la campagna globale che da quasi un decennio  fa pressione sulla comunità internazionale per porre fine a ciò che considera un “sistema di apartheid” applicato dallo Stato di Israele contro tutti i suoi cittadini non ebrei e in particolare contro i Palestinesi dei Territori Occupati e della diaspora.

Ronnie non può fare a meno di abbozzare un sorriso alla domanda successiva: si può essere ebrei e antisemiti? Da tempo in Germania  il movimento BDS  deve affrontare tali accuse, questo a causa del suo attivismo nel denunciare le operazioni dell’esercito israeliano e l’occupazione della Cisgiordania o del blocco della Striscia di Gaza. Il BDS è particolarmente controverso in Germania  per l’associazione psicologica tra la sua campagna e il boicottaggio lanciato nel 1933 l’ascesa al potere dei nazisti con lo slogan “Non comprare ebreo”. L’Ufficio della Difesa della Costituzione della città-stato di Berlino,  ha incluso il BDS nella sezione dedicata all’ antisemitismo dopo che i loro attivisti  sono riusciti a far boicottare un festival musicale finanziato dall’ambasciata israeliana nella capitale tedesca.

“Il sionismo è chiaramente suprematista, razzista, ultranazionalista; ha le caratteristiche più orribili. Non c’è una sua versione morale. La campagna BDS è diretta contro ogni forma di razzismo, incluso il sionismo e l’antisemitismo”, dice Ronnie in una conversazione con El Confidencial.

Questo attivista di 42 anni ha deciso di lasciare Israele  in quanto ritiene irresponsabile continuare a vivere nel suo paese natale nella situazione attuale. Dopo essere passato per l’Italia, ha deciso di stabilirsi a Berlino. Ma perché la Germania?

“Questo è l’ultimo baluardo del sionismo, l’ultima frontiera. Ciò ha a che fare con una “ragione di Stato” che va oltre la legge e che stabilisce che l’esistenza dello Stato tedesco è intrinsecamente connessa alla difesa dello Stato di Israele, senza capire cosa stia realmente accadendo. Pertanto, qualsiasi critica al sionismo o allo stato di Israele è interpretata come una critica alla Germania. Anche una critica all’occupazione dei Territori Palestinesi, che in realtà è il sintomo del problema, o degli stessi insediamenti israeliani in quei Territori, è una ragione sufficiente per essere  accusati di antisemitismo. Questo è uno  strumento molto efficace per  silenziare qualsiasi voce critica  nei confronti di Israele “.

Palestinesi  attraversano il checkpoint di Qalandia nei pressi di Ramallah, in Cisgiordania, nel mese di aprile 2017. (Reuters).

La Germania non può fissare i limiti

Stavit Sinai annuisce a ciascuna frase di Ronnie. È anche lei ebrea, israeliana e anti-sionista. Questa accademica e attivista del BDS residente in Germania da anni non dà credito alle accuse di antisemitismo e antigiudaismo  che deve affrontare in un Paese che, paradossalmente, dice di voler difendere i diritti del suo paese natale e della sua gente:

“Come figlia di una famiglia sopravvissuta all’Olocausto, non accetto alcun dettato da nessuno su come formulare le mie idee politiche, né mi sento obbligata a chiedere il permesso per poter esprimere la mia opinione. Non credo che la società tedesca sia in grado di stabilire quali siano i limiti della discussione”, afferma Stavit.

Negli articoli e nei rapporti pubblicati dai media tedeschi è facile leggere velate accuse di antisemitismo al BDS. Tuttavia, viene raramente menzionato il fatto che alcuni dei suoi attivisti sono ebrei e che il loro Paese d’origine è Israele. “Essere Ebrei ed Israeliani e denunciare in modo non violento in Germania l’apartheid  praticato dal nostro Paese, renderebbe  molto difficile sostenere l’accusa di antisemitismo”, sostiene Ronnie riguardo questo silenzio dei media.

Il dibattito sulla questione se Israele abbia stabilito un sistema di apartheid, ovvero di segregazione per appartenenza etnica e religiosa sia nei Territori Palestinesi che all’interno dei propri confini, non è nuovo. Nel 2017, un rapporto commissionato dalle Nazioni Unite concluse senza riserve che Israele aveva costruito un sistema di segregazione basato sulle “leggi e sui principi internazionali dei diritti umani che respingono l’antisemitismo”. “Nessuno Stato è esente dall’osservanza delle norme e delle regole contenute nella Convenzione internazionale sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale. (…) Il rafforzamento di quel corpo di diritto internazionale non può che giovare a tutti quei gruppi che hanno storicamente sofferto discriminazione, dominio e persecuzione, inclusi gli Ebrei “,  concluse il rapporto.

La pubblicazione  provocò la reazione immediata del governo israeliano, di altre voci negli Stati Uniti e dello stesso segretariato generale delle Nazioni Unite. Di fronte al rifiuto di rimuovere il rapporto dal sito web delle Nazioni Unite, la giordana Rima Khalaf, direttore della Commissione Economica e Sociale per l’Asia Occidentale che aveva commissionato lo studio, presentò le sue dimissioni. Oggi, il rapporto non è più sul sito web delle Nazioni Unite, ma si può è facilmente  trovare in altre pagine accademiche o di attivismo politico.

Il diritto internazionale in difesa dei diritti dell’uomo afferma che il crimine di apartheid si traduce in “atti disumani commessi nel contesto di un regime istituzionalizzato di oppressione sistematica e di dominio di un gruppo razziale su un altro o altri gruppi razziali con l’intenzione di mantenere quel regime. ” Il concetto di apartheid viene dal sistema di dominio bianco sulla popolazione nera cresciuta in Sud Africa nel secolo scorso. Mentre voci come quella dello scrittore israeliano Benjamin Pogrund, nato a Città del Capo, rifiutano di accettare tale parallelismo citando la sua esperienza di vita nell’apartheid del Sud Africa, Ronnie Barkan e Stavit Sinai non hanno dubbi.

Il ministro degli Esteri tedesco Heiko Maas con il rabbino Yehuda Teichtal al Memoriale dell’Olocausto di Berlino il 29 gennaio 2019. (Reuters)

Procedimento legale

“Sono cresciuta a Haifa, una città diversa. Non  mi sono mai mescolata con ragazzi arabi della mia età, mai, perché il sistema educativo è segregato. Sono andata a una scuola per ebrei. Anche la popolazione è segregata per quartieri. Non ho mai incontrato ragazzi della mia età che non fossero ebrei. Certo che  incontravo anche arabi, ma sempre nei contesti in cui mi servivano. Mi hanno allevato, quindi, come se appartenessi a una razza superiore “, spiega Stavit.

Ronnie va oltre la sua esperienza personale e mostra un tabulato da lui elaborato sulla base dei dati dell’Ufficio Centrale di Statistica di Israele. Secondo quel tabulato, la legge israeliana stabilisce tre categorie  nel riconoscimento dei diritti del popolo di Israele e dei Territori Occupati: cittadinanza, nazionalità (ebraica, araba, drusa, ecc.) e religione. Secondo Ronnie, a chiunque non abbia una cittadinanza israeliana e una nazionalità ebraica, riconosciute ufficialmente come tale dalle autorità israeliane, vengono automaticamente negati diritti e doveri di piena cittadinanza. Quei cittadini Palestinesi che non hanno la cittadinanza israeliana e che vivono nei Territori Occupati o nella diaspora forzata formano lo scaglione più basso, senza alcuno status o diritto.

“Se tutti i cittadini di Israele avessero una cittadinanza israeliana, ciò significherebbe la fine dell’apartheid”, aggiunge Ronnie.

Un chiaro esempio di quest’ultima categoria è seduto accanto ai due attivisti israeliani. Il suo nome è Majed Abusalama ed è un rifugiato palestinese che  riuscì a lasciare la Striscia di Gaza nel 2014 dopo essere stato ferito dall’esercito israeliano. Majed, che a Gaza aveva sofferto la persecuzione di Hamas, in Germania collaborò alla fondazione di partiti politici tedeschi come il CDU o La Izquierda. Smise di farlo quando iniziò a sentirsi  usato per giustificare la posizione delle istituzioni tedesche riguardo al comportamento di Israele nei confronti del suo popolo. Attualmente è anche un attivista del movimento BDS:

“Per me vivere a Gaza significava vivere in una prigione all’aperto, in un campo di concentramento, in un ghetto. Ho vissuto lì e so come ci vive la mia gente .”

Nel mese di giugno 2017, Ronnie, Stavit e Majed  inscenarono una protesta all’Università Humboldt di Berlino durante una conferenza tenuta da Aliza Lavie, parlamentare israeliana deputata del partito centrista di opposizione laica Yesh Atid.  Gli attivisti vollero attirare l’attenzione sulla collaborazione dei laici dell’opposizione israeliana al sistema di occupazione e di blocco contro la popolazione palestinese attuato dall’attuale governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu.

L’azione non è stata scevra da conseguenze. I due attivisti israeliani stanno ora affrontando un procedimento legale a Berlino per tentato assalto e irruzione, in un’azione descritta praticamente dall’intera stampa tedesca come un “attacco antisemita”. Ronnie e Stavit  accettano le possibili conseguenze legali, ma si rifiutano di porre fine al loro attivismo in Germania: “Come un bianco nell’apartheid in Sudafrica, qui abbiamo due opzioni: o sei contrario o sei favorevole; In Sud Africa non c’era una terza opzione e non c’è una terza opzione nemmeno nell’attuale sionismo “.

 

Trad Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

Fonte: https://www.elconfidencial.com/mundo/europa/2019-02-17/judios-acusados-antisemitismo-alemania-boicot-israel_1821366/?fbclid=IwAR1L_WRNWhQqWQylhqQjH13xpnu1uTlGGhzVIeNU-xNYsJ27l7Wq0aw9N08

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