Perché questa settimana la sinistra sionista è morta.

Bloccati in un paradigma sionista, i principali partiti di sinistra israeliani non sono in grado di presentare una visione di uguaglianza e inclusione per tutti in Israele-Palestina.

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Edo Konrad – 10 aprile 2019

FOTO: Il presidente del partito laburista Avi Gabbay si rivolge ai sostenitori mentre vengono annunciati i risultati delle elezioni generali israeliane, Tel Aviv, 9 aprile 2019. (Flash90)

Per chiunque avesse prestato attenzione, i risultati delle elezioni di martedì erano ovvi. Anche se il Likud, il partito del Primo Ministro Benjamin Netanyahu, e il Blu e Bianco di Benny Gantz hanno ottenuto lo stesso numero di seggi alla Knesset, Gantz ha già lasciato spazio a Netanyahu, riconoscendo di non avere abbastanza partner per formare una coalizione di governo. Netanyahu formerà un governo con i suoi “alleati naturali”, tra cui i partiti di estrema destra e  quelli ultra-ortodossi.

Tuttavia, uno degli aspetti  più importanti che è stato in gran parte trascurato, è la spettacolare implosione della sinistra sionista. Con le elezioni di martedì, il Labor è crollato al minimo storico di sei seggi, il risultato più vicino che mai ad un colpo di grazia. La sinistra sionista, che include il partito liberale Meretz, è ora ridotta a soli 10 seggi su 120.

Labour e Meretz hanno perso elettori  con la campagna “chiunque tranne Bibi” di Gantz. Ma qui c’è qualcosa di molto più fondamentale in gioco: nessuno dei due è stato in grado di  presentare una visione convincente, perché non sono in grado di cimentarsi con i due problemi che perseguitano la società israeliana: l’oscura eredità del 1948 e i cinque decenni di governo militare nei Territori Occupati.

Hanno paura perché Netanyahu ha spostato il discorso così a destra che discutere dell’occupazione è diventato un tabù. Perché quelli che vogliono denunciare le violazioni dei diritti umani in Cisgiordania o a Gaza, sono ormai etichettati come traditori. Perché parlare della Nakba o del destino dei rifugiati palestinesi va oltre ogni limite.

Ci sono, naturalmente, altre ragioni per la caduta dei partiti liberali un tempo dominanti. Durante la gran parte degli ultimi due decenni, con la fine del processo di pace che un tempo aveva sostenuto, Labour ha tentato di posizionarsi come un partito centrista con un pedigree da colomba, abbandonando del tutto la politica di sinistra. Mentre nei primi anni ’90 il primo ministro Yitzhak Rabin aveva  coinvolto i cittadini arabi (i partiti arabi contribuirono a far sì che riuscisse a superare gli accordi di Oslo mantenendo intatto il suo governo), qualsiasi discorso su una vera alleanza con la comunità palestinese di Israele non è mai stato posto sul tavolo.

Accusati da anni  di essere troppo dominati dagli  Ashkenazi, di essere corrotti e di fare troppo poco per cancellare i danni causati durante i primi anni dello Stato dalla discriminazione istituzionalizzata contro la popolazione israeliana Mizrahi, i laburisti  hanno messo Avi Gabbay a dirigere il partito. Gabbay non è il primo Mizrahi a guidare i laburisti, ma molti all’interno credevano che la sua storia di successo da straccione a ricco (nato da genitori marocchini in un quartiere popolare di Gerusalemme,  è diventato l’amministratore delegato della più grande compagnia di telecomunicazioni israeliana)avrebbe fatto presa sugli elettori delle città economicamente depresse che per decenni avevano voltato le spalle al partito.

Ma né un incremento della diversità, né un’agenda economica socialdemocratica relativamente moderata  hanno portato al Labour la desiderata redenzione. Al contrario, la politica del “middle-of-the-road” di Gabbay, che non si è mai allineato con l’immagine giovanile e idealistica di alcune delle sue speranze più giovani,  ha costituito una svolta per gli elettori classici del Labour. Quando si è trattato della questione dell’occupazione militare israeliana che dura ormai da 52 anni, i laburisti hanno offerto poco: più costruzione negli insediamenti, impegni per evacuare gli avamposti e un referendum per i cittadini israeliani sui quartieri palestinesi e sui campi profughi alla periferia di Gerusalemme. Gabbay ha anche dichiarato che non avrebbe aderito a una coalizione con i partiti arabi.

Data la mancanza di una visione chiara, molti elettori veterani di Labour e di Meretz si sono spostati verso Gantz, il capo in pensione dello staff dell’IDF che ha condotto una campagna senza alcuna promessa reale  se non quella di sconfiggere Netanyahu.

Il presidente del partito “Blu e Bianco” Benny Gantz  fotografato prima di rivolgersi ai sostenitori nella notte delle elezioni, 9 aprile 2019. (Oren Ziv / Activestills.org)

I sostenitori di Labour ora accusano Gantz per il fallimento della sua campagna, che a loro avviso ha  trascurato qualsiasi  possibilità di costruire un blocco di centro-sinistra e ha sottratto voti che altrimenti sarebbero stati loro. In una sua apparizione a Channel 12, alla vigilia delle elezioni, l’ex capo laburista Shelly Yechimovich appariva sconsolato mentre venivano annunciati gli exit poll, i cui risultati venivano definiti “un colpo alla sinistra sionista”.

Ci sono davvero molte colpe per la scomparsa della sinistra sionista. Ma il declino dei partiti liberali e di sinistra va ben oltre  i candidati, le politiche meschine o i piani per sostituire Netanyahu. Il Partito laburista sostiene ancora la promozione del Sionismo , un’ideologia che privilegia gli Ebrei israeliani a spese di tutti gli altri cittadini. Allontanarsi dal sionismo significherebbe minare la sua ragion d’essere. Mantenere lo status quo, d’altro canto, significa compromettere la sua capacità di presentare la visione di un vero cambiamento.

Queste elezioni, e il diminuito potere sia di Labour che di Meretz nella politica israeliana, mostrano che la strategia della sinistra sionista di aggiustamenti superficiali  a fronte di una revisione radicale della sua piattaforma e del suo programma, è controproducente. L’incapacità dei partiti sionisti di sinistra di affrontare non solo le proprie carenze politiche, ma proprio l’ideologia che ha sradicato milioni di Palestinesi, trasformandoli  in rifugiati ed espropriando la loro terra, significa che non supereranno mai veramente le loro contraddizioni intrinseche. Finché la sinistra sionista rimarrà  indecisa se essere più terrorizzata dal formare una vera alleanza con i Palestinesi o con coloro che cercano di privare i Palestinesi dei loro diritti, continuerà  a sprofondare nell’irrilevanza.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù”  – Invictapalestina.org

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