Ho combattuto l’apartheid sudafricano. Vedo le stesse brutali politiche in Israele

Sono stato bloccato in Sud Africa per aver parlato chiaro e sono turbato dal fatto che lo stesso accada ora ai critici di Israele.

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di Ronnie Kasrils(*) , 3 aprile 2019

Copertina – Benjamin Netanyahu ha recentemente dichiarato: “Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini … Israele è lo stato nazione del popolo ebraico – e solo suo.” Fotografia: Amir Levy / Getty Images

 

Da attivista anti-apartheid sudafricano ebreo guardo con orrore all’estrema destra in Israele in vista delle elezioni di questo mese, e dell’impatto nei territori palestinesi e in tutto il mondo.

La repressione israeliana di cittadini palestinesi, rifugiati africani e palestinesi in Cisgiordania e Gaza occupate è diventata sempre più brutale nel tempo. Pulizia etnica, confisca di terre, demolizione di case, occupazione militare, bombardamenti su Gaza e violazioni del diritto internazionale hanno portato l’arcivescovo Tutu a dichiarare che il trattamento riservato ai palestinesi gli ricorda l’apartheid, ma solo in peggio.

Mi turba profondamente anche il fatto che quanti criticano le brutali politiche israeliane vengano spesso minacciati di repressione della loro libertà di parola, una realtà che ho vissuto in prima persona. La scorsa settimana, un incontro pubblico a Vienna – che faceva parte del programma globale dell’Israeli Apartheid Week  – in cui avrei dovuto parlare a sostegno della libertà palestinese, è stato cancellato dal museo che ospitava l’evento in seguito a pressioni del consiglio comunale di Vienna che si oppone al movimento internazionale per disinvestire da Israele.

Il governo sudafricano dell’apartheid mi probì per sempre di partecipare alle riunioni. Nulla di ciò che dicevo poteva essere pubblicato, perché mi ero opposto all’apartheid. E’ una vergogna che, nonostante le lezioni della nostra lotta contro il razzismo, tale intolleranza continui ancora oggi con la repressione della libertà di parola sulla Palestina.

Durante la lotta sudafricana eravamo accusati di seguire un programma comunista, ma le diffamazioni non ci hanno sviato. Oggi la propaganda israeliana segue un percorso simile, ripreso dai suoi sostenitori, che confonde opposizione a Israele con antisemitismo. A questo occorre opporsi.

Un numero in aumento di ebrei in tutto il mondo sta assumendo posizioni che si oppongono alle politiche di Israele. Molti più giovani ebrei sostengono il movimento di Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni (BDS) guidato dai palestinesi, una mobilitazione pacifica ispirata al movimento che ha contribuito a porre fine all’apartheid in Sudafrica.

I paralleli con il Sudafrica sono molti. Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha recentemente affermato: “Israele non è uno stato di tutti i suoi cittadini … Israele è lo stato nazione del popolo ebraico – e solo suo”.

Simili esternazioni razziste erano comuni nel Sudafrica dell’apartheid. Noi sostenevamo che si poteva raggiungere una pace giusta e che i bianchi avrebbero trovato sicurezza solo in una società democratica unitaria, non razzista, una volta messo fine all’oppressione dei neri sudafricani e garantito libertà e uguaglianza per tutti.

Al contrario, il Likud di Netanyahu corteggia disperatamente i partiti estremisti e lascia cadere ogni opportunità per negoziare con i palestinesi. Il suo piano per portare un partito di coloni estremista e il partito terrorista kahanista nella sua coalizione di governo è osceno. Il suo avversario più serio è un generale accusato di crimini di guerra a Gaza. Finché ci sarà un regime repressivo come il regime di apartheid le cose per palestinesi e israeliani potranno solo peggiorare.

Il movimento anti-apartheid è cresciuto in tre decenni, di concerto con la lotta di liberazione del popolo sudafricano, per arrivare a fare una differenza decisiva nel rovesciare il regime razzista. Gli europei si rifiutarono di comprare frutta dell’apartheid, c’erano i boicottaggi sportivi, i lavoratori portuali da Liverpool a Melbourne si rifiutarono di trattare i carichi sudafricani, un boicottaggio accademico trasformò le università in zone libere da apartheid e le sanzioni sulle armi contribuirono a spostare gli equilibri contro l’esercito del Sudafrica.

Come il movimento si potenziò e risoluzioni delle Nazioni Unite isolarono il regime di Pretoria, montò la pressione sui partner commerciali e sui governi che lo sostenevano. La storica adozione del Comprehensive Anti-Apartheid Act (1986) da parte del Congresso degli Stati Uniti ha rappresentato un importante punto di svolta. Quando le banche Chase e Barclays chiusero in Sud Africa e ritirarono le loro linee di credito, la battaglia era quasi conclusa.

Ciò richiese un enorme sforzo organizzativo, mobilitazione di base ed educazione. Elementi simili caratterizzano il movimento BDS di oggi per isolare l’Israele dell’apartheid.

Ogni passo è importante: fare pressione su istituzioni e multinazionali complici dei crimini di Israele e sostenere i palestinesi nella loro lotta per la liberazione. Non si tratta di distruggere Israele e la sua popolazione, ma di lavorare per una soluzione giusta, come abbiamo fatto in Sud Africa.

È dovere dei sostenitori della giustizia in tutto il mondo mobilitarsi in solidarietà con i palestinesi per contribuire a inaugurare un’era di libertà.

 

• Ronnie Kasrils è stato un membro di spicco dell’African National Congress durante l’era dell’apartheid e ex ministro del governo

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

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