Direttore del Museo ebraico di Berlino costretto dalla lobby israeliana a rassegnare le dimissioni

Copertina – Il più grande museo ebraico d’Europa, a Berlino, è stato attaccato da Israele e dalla sua lobby per aver twittato un articolo su ebrei e israeliani che si oppongono alla repressione in Germania del sostegno ai diritti palestinesi. (Mariano Mantel)

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di Riri Hylton, 20 giugno 2019

Il direttore del Museo ebraico di Berlino è stato costretto la scorsa settimana a dimettersi in seguito alle pressioni di Israele e della sua lobby.

Il Consiglio centrale degli ebrei in Germania ha criticato il museo per aver twittato un articolo sui 240 studiosi ebrei e israeliani che hanno firmato una petizione contro la recente mozione del parlamento tedesco che condanna il BDS – boicottaggio, disinvestimento e sanzioni – movimento per i diritti dei palestinesi.

 

“Rifiutiamo questa mozione, che si basa sulla falsa affermazione che il BDS in quanto tale è uguale a antisemitismo”, si legge nella petizione.

 

“Chiediamo al governo tedesco di non appoggiare questa mozione e di combattere l’antisemitismo, rispettando e proteggendo la libertà di parola e di associazione, che sono innegabilmente sotto attacco”.

 

La mozione della Camera bassa, il Bundestag, infama gli attivisti del BDS paragonando il loro approccio allo slogan dell’era nazista “Non comprare dagli ebrei”, nonostante la campagna BDS, esplicitamente anti-razzista, sia rivolta alle istituzioni – non agli individui – per complicità nei crimini di Israele.

La mozione parlamentare non vincolante esorta le autorità a non finanziare organizzazioni che mettono in discussione il “diritto all’esistenza” di Israele, che difendono il boicottaggio di merci israeliane, e individui o gruppi che dimostrano sostegno al BDS.

La mozione è già stata usata per giustificare l’esclusione dell’artista statunitense hip-hop Talib Kweli, a cui è stato ritirato l’invito dall’Open Source Festival tedesco dopo che aveva respinto di sottoscrivere una richiesta di denuncia della campagna nonviolenta per i diritti dei palestinesi.

 

Direttore costretto alle dimissioni

 

Dopo il twit del Museo ebraico di Berlino, il Consiglio centrale degli ebrei in Germania ha chiuso i rapporti con il museo, sostenendo che era “completamente fuori controllo.”

 

 

“In queste circostanze, si deve pensare se il termine” ebreo “sia ancora appropriato”, ha sostenuto il Consiglio.

Josef Schuster, presidente del Consiglio centrale degli ebrei in Germania, ha dichiarato al quotidiano tedesco Die Tageszeitung di “non capire come un’istituzione che si definisce ebraica ritweetti critiche alla risoluzione del Bundestag”.

Gli attacchi di Israele e dei suoi sostenitori contro il più grande museo ebraico d’Europa sono stati immediati.

Benjamin Weinthal, un attivista anti-BDS che ha ammesso di aver gonfiato le affermazioni di antisemitismo al fine di provocare una repressione dei sostenitori dei diritti dei palestinesi, ha pubblicato un pezzo feroce sul Jerusalem Post.

L’ambasciatore israeliano in Germania, Jeremy Issacharoff, ha definito ‘vergognoso’ il tweet del museo.

 

L’ambasciatore degli Stati Uniti in Germania, Richard Grenell, ha tweettato l’articolo di Weinthal sul Jerusalem Post, affermando   di sostenere il Consiglio. “La loro leadership è decisiva in Germania”, ha affermato.

 

Davanti a questo assalto, il direttore del museo, Peter Schäfer, si è dimesso il 14 giugno “per scongiurare ulteriori danni al Museo ebraico”.

 

Sfruttare i punti sensibili tedeschi

 

Alcuni gruppi stanno sostenendo il museo, tra cui Jewish Voice for Labour nel Regno Unito che ha lanciato un’azione di allerta a supporto del diritto alla libertà di parola del museo.

“Quello a cui stiamo assistendo è puro incitamento, progettato per intimidire e ridurre il [Museo ebraico di Berlino] e gli altri al silenzio”, si sostiene nell’appello. “È un oltraggioso assalto alla libertà di parola e al principio e valore di una discussione libera, equa e aperta”.

Questa non è la prima volta che il museo – che attira circa 700.000 visitatori ogni anno – finisce nel mirino per aver osato deviare dalla linea ufficiale di Israele.

A dicembre, le autorità israeliane scrissero una lettera al governo tedesco chiedendo che ritirasse i finanziamenti al museo dopo che aveva curato una mostra intitolata Welcome to Jerusalem.

La mostra esplorava l’importanza storica della città per tutte e tre le principali religioni monoteiste.

Israele ha affermato che la mostra era un esempio di “attività anti-israeliana” e chiesto alle autorità tedesche di tagliare i fondi. La richiesta è stata ignorata.

La straordinaria stigmatizzazione del movimento BDS – in particolare con false accuse di antisemitismo – per diversi anni è stato il metodo principale del governo israeliano per cercare di sopprimere il sostegno ai diritti palestinesi.

Ma sembrano ora prendere slancio i suoi sfacciati tentativi di soffocare la discussione in altri paesi, tra cui la Germania.

Amos Goldberg, uno studioso dell’Olocausto all’Università ebraica di Gerusalemme e firmatario della petizione contro la mozione del Bundestag, ha fatto il punto in un’intervista a Die Tageszeitung.

“Abusano e sfruttano i punti sensibili tedeschi verso l’antisemitismo”, ha affermato. “Questa – non il BDS – è una grande minaccia per una società aperta”.

 

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org

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