La giustizia europea obbliga Israele a indicare la provenienza sui prodotti dei Territori Occupati

La sentenza mira a distinguere tra le esportazioni prodotte all’interno e all’esterno dei confini riconosciuti.

Versión española

Lluìs Pellicer –  12/11/2019

Immagine di copertina: un impiegato in una fabbrica di prodotti israeliani (Reuters)

Gli alimenti provenienti dai Territori Occupati da Israele dovranno includere nell’etichettatura una menzione del loro luogo di origine e, se necessario, specificare che provengono da una colonia israeliana, così come ha dichiarato martedì la Corte di Giustizia dell’Unione europea. La Corte di Lussemburgo respinge le richieste dei produttori israeliani di fronte a una decisione della Francia nel considerare le alture del Golan e la Cisgiordania, compresa Gerusalemme est, “territori” con “uno stato internazionale distinto” da Israele. Diritto internazionale alla mano, i giudici europei stabiliscono che i consumatori potrebbero sentirsi “ingannati ” se l’etichettatura non dovesse specificare l’origine esatta e il fatto che questa possa trattarsi di una colonia, dal momento che potrebbero pensare che l’alimento sia stato  prodotto da un produttore palestinese o siriano.

La sentenza risolve uno scontro tra l’Organizzazione Ebraica Europea e le Cantine di Vignoble Psgot  e il Ministero delle Finanze francese, che nel 2016 aveva approvato un regolamento su come avrebbe dovuto essere l’etichettatura dei prodotti delle alture del Golan e della Cisgiordania, compresa Gerusalemme est. Poiché, conformemente al diritto internazionale, non facevano parte di Israele, il Ministero francese  ritenne che si sarebbe dovuto indicare con precisione l’origine di questi alimenti. Ma nel caso degli insediamenti illegali ciò non era sufficiente. Il regolamento prevedeva che l’etichetta dei beni ivi prodotti avrebbe dovuto menzionare quell’occupazione,  ed essere presentati con la dicitura  “prodotto delle alture del Golan (insediamento israeliano)” o “prodotto della Cisgiordania (insediamento israeliano)” .

Le cantine Vignoble Psgot, situate a nord delle montagne di Gerusalemme, e l’Organizzazione Ebraica Europea si  erano rivolte al Consiglio di Stato francese, che  decise di sottoporre alla Corte lussemburghese le questioni pregiudiziali. La giustizia europea sostiene la decisione del Ministero delle Finanze francese. “Gli alimenti originari di un territorio occupato dallo Stato di Israele non devono solo recare l’indicazione di quel territorio, ma anche, nel caso in cui provengano da un insediamento israeliano situato in quel territorio, l’indicazione di tale origine”.

Il diritto comunitario richiede che un prodotto specifichi il Paese o il luogo di origine quando la sua omissione può indurre in errore il consumatore e richiede che questa designazione non debba essere fuorviante. La sentenza sostiene che nel diritto dell’UE il termine “Paese” è equiparato a “Stato”, ovvero a “un’entità sovrana che esercita, entro i suoi confini geografici, la pienezza dei poteri riconosciuti dal diritto internazionale. “. Contemporaneamente , ricorda l’uso del concetto di “Territori”, definito in casi precedenti  riguardanti il Sahara occidentale. Si tratta di “entità” che “anche sotto la giurisdizione o la responsabilità internazionale di uno Stato, hanno, ai sensi del diritto internazionale, il proprio statuto e sono distinti da quello Stato”.

Problemi “etici”

La Corte ritiene che, conformemente al diritto internazionale umanitario, le alture del Golan e la Cisgiordania sono “soggette a una giurisdizione limitata dello Stato di Israele”, che “agisce come una potenza occupante”. Ciò nonostante, aggiunge che questi territori hanno “uno status internazionale proprio e diverso da quello di quello Stato”. In particolare, la sentenza ricorda che la Cisgiordania è un territorio il cui popolo, i palestinesi, “godono del diritto all’autodeterminazione” e le alture del Golan “fanno parte” della Siria. Pertanto, la Corte di Lussemburgo ritiene che indicare che l’origine di questi prodotti sia Israele “potrebbe fuorviare i consumatori” e sostiene che l’indicazione del “territorio di origine” degli alimenti “non può essere omessa”.

L’opinione analizza, in secondo luogo, se questi prodotti debbano anche specificare che si tratta di un “insediamento israeliano” per non indurre in errore i consumatori. E, di nuovo,   si dà ragione alla Francia. La Corte ricorda che gli insediamenti contravvengono al diritto internazionale e che questa politica è stata condannata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Se gli alimenti riportassero solo il luogo di origine, ragionano i giudici, i clienti potrebbero pensare che sia stato prodotto da un produttore palestinese o siriano. Quindi  il non specificare  che proviene da un “insediamento israeliano” potrebbe essere “fuorviante”.

I giudici aggiungono un altro argomento, di natura etica, per dimostrare che la Francia ha ragione. Ed è che un consumatore può decidere di non acquistare quel cibo se sa che proviene da un “insediamento  illegale che viola le norme del diritto internazionale”. Pertanto, la Corte conclude che questi alimenti non dovrebbero solo recare l’indicazione di “Territorio Occupato”, ma anche specificare se provengono da un insediamento.

IL GOVERNO DI NETANYAHU SI RIFIUTA DI APPLICARE  LA SENTENZA EUROPEA

J. C. SANZ

Israele non sembra disposto a rispettare la legge e la giustizia dell’UE. Respinge apertamente la sentenza sulle esportazioni dagli insediamenti nei Territori Occupati, definendola “politicizzata e discriminatoria”. “Serve come strumento nella campagna politica contro Israele, al quale viene applicato un doppio standard”,  si legge in una dichiarazione del Ministero degli Esteri ebraico. Il Ministero ha anche definito la decisione dei giudici lussemburghesi parziale e favorevole ai loro nemici. “Gioca a favore dell’Autorità Palestinese”, afferma la diplomazia israeliana, e “incoraggia i gruppi radicali che chiedono un boicottaggio e negano a Israele il diritto di esistere”. Il capo degli affari esteri, Israel Katz, annuncia che il suo governo ignorerà la sentenza: “Intendo lavorare con i ministri europei per evitare l’applicazione di questa politica inadeguata [indicare l’origine dei beni delle colonie]”. Secondo un’indagine della ONG Eumep, solo il 10% dei vini provenienti da Territori Occupati da Israele è etichettato secondo la legislazione europea.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” – Invictapalestina.org

 

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam