D’ora in avanti Israele non restituirà alle famiglie i corpi dei palestinesi.

Trattenere i corpi dei prigionieri palestinesi puzza di odio ed estremismo: è un’ulteriore prova che Israele è un’entità terroristica che si diletta nel non restituire i corpi dei combattenti per la libertà e nel vendicarsi delle famiglie dei defunti.

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Raseef 22 – 28 novembre 2019

Il 27 novembre scorso, con una nuova disumana misura contro i palestinesi, il Ministro della Difesa israeliano Naftali Bennett ha decretato che lo stato sionista non restituirà alle loro famiglie i corpi dei palestinesi morti  in carcere  o durante le operazioni militari condotte contro lo Stato sionista. Questa politica era già applicata ai membri di Hamas, ma Bennett ha deciso di includere nella misura tutte le fazioni palestinesi, indipendentemente dalla natura dell’operazione che il defunto abbia attuato o stesse per pianificare.

Va notato che dal 1967 le autorità di occupazione detengono circa 250 corpi, l’ultimo dei quali è il corpo del prigioniero Sami Abu Diak, deceduto il 26 novembre.

Un modello di brutalità israeliana

Abu Diak è morto  a 37 anni, di cui 17 trascorsi nelle carceri israeliane e durante i quali ha sofferto di insufficienza renale e polmonare a causa della negligenza medica  del regime carcerario. Inoltre, negli ultimi tre anni della sua vita, ha sofferto di cancro ed è stato privato del più semplice dei diritti: soddisfare il suo ultimo desiderio di morire tra le braccia di sua madre.

Nei suoi ultimi messaggi, Abu Diak ha dichiarato: “A tutti coloro che hanno una coscienza non sopita:  sto vivendo le mie ultime ore e giorni, voglio stare al fianco di mia madre e dei miei cari. Voglio morire tra le sue braccia, e non con le mani e le gambe legate, di fronte a un guardiano che ama la morte e che prova piacere davanti al nostro dolore e alla nostra sofferenza ”.

Le autorità di occupazione hanno ignorato gli appelli di Abu Diak – che oltre a trent’anni era stato condannato all’ergastolo tre volte – così come le ripetute preghiere della madre per permetterle di stare accanto al figlio durante i suoi ultimi giorni.

Dopo la sua morte, l’ambasciata giordana a Tel Aviv aveva chiesto alle autorità di occupazione di restituire ai genitori il corpo di Abu Diak, in Giordania, così che potessero seppellirlo.

Abu Diak non era l’unico in quelle condizioni; ci sono altri cinque prigionieri in condizioni critiche nello stesso ospedale della prigione di Ramla in cui Sami Abu Diak è morto: Mansour Mawqeda, Khaled Shawish, Nahed al-Aqra’a, Saleh Saleh e Mutasim Radad.

Quest’anno nelle carceri israeliane sono deceduti cinque prigionieri, vale a dire Fares Baroud, Omar Awni Yunis, Nasar Taqataqa, Bassam al-Sayah e Abu Diak.

L’Autorità Palestinese (PA), così come le organizzazioni che si occupano dei prigionieri, hanno spesso accusato l’occupante di “uccidere lentamente i prigionieri in modo sistematico non fornendo le necessarie cure mediche”.

Secondo il Prisoner’s Club della Palestinian Society, ci sono più di 700 prigionieri malati nelle carceri dell’Occupazione, di cui 200 con patologie croniche e dieci malati di cancro.

Con la morte di Abu Diak, il numero di palestinesi che dal 1967 sono morti nelle carceri israeliane  a causa di “negligenza medica” è salito a 67.

Odio ed estremismo

Il capo della Commission of Detainees Affairs, Qadri Abu Bakr, ha dichiarato che la decisione di  non restituire i corpi dei prigionieri palestinesi da parte di Israele “puzza di odio ed estremismo: è un’ulteriore prova che Israele è un’entità terroristica che si diletta nel trattenere i corpi e nel vendicarsi delle famiglie del defunto “. Ha aggiunto che “il mondo deve prendere una posizione reale e chiara di fronte a questa entità usurpante che giorno dopo giorno dimostra di essere un’entità terroristica”.

Anche il Segretario Generale del National Gathering of Palestine Martyrs’ Families, Mohammed Sobaihat, ha condannato la recente decisione israeliana affermando che “riflette il fascismo dell’occupazione e dei suoi governi”, invitando “le organizzazioni umanitarie internazionali ad assumersi le proprie responsabilità in merito alle violazioni del governo d’occupazione “.

Sami è morto a 37 anni, dopo aver trascorso gli ultimi 17 anni nelle carceri di Israele. Ha sofferto di insufficienza renale e polmonare a causa di negligenza medica ed è morto dopo una battaglia con il cancro. A Sami è stato negato il suo ultimo desiderio: morire tra le braccia di sua madre.

Trattenere i corpi dei prigionieri palestinesi puzza di odio ed estremismo: è un’ulteriore prova che Israele è un’entità terroristica che si diletta nel non restituire i corpi dei combattenti per la libertà e nel vendicarsi delle famiglie dei defunti.

5.000 prigionieri palestinesi, tra cui 40 donne, 230 bambini e 500 detenuti senza imputazione, stanno attualmente soffrendo nelle prigioni dell’occupazione israeliana.

Sobaihat ha suggerito che le organizzazioni ufficiali e gli organi civili palestinesi, in particolare quelli arabi in generale, dovrebbero “perseguire legalmente il governo d’occupazione nei tribunali internazionali competenti in materia”.

Sobaihat ha aggiunto: “Il mondo libero non accetta di trattenere i corpi di coloro che hanno perso la vita nel percorso di liberazione dei loro Paesi. Questo problema deve essere sollevato a livello internazionale,così da liberare tutti i corpi dei martiri detenuti in quelli che sono descritti come “cimiteri di numeri” o nei frigoriferi “.

Per il bene delle famiglie dei soldati israeliani

D’altra parte, il Ministro della Difesa israeliano non ha nascosto che la sua decisione è stata presa come parte di una più ampia misura “dissuasiva”, aggiungendo che in alcuni casi e in alcune circostanze specifiche, la misura potrebbe non essere applicata, come nel caso della morte di un minore.

Secondo i media israeliani, la proposta  della recente decisione è  stata avanzata dalla famiglia dell’ufficiale israeliano Hadar Goldin, il cui corpo è attualmente  trattenuto da Hamas nella Striscia di Gaza.

La famiglia avrebbe presentato la sua proposta al Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu durante un incontro della scorsa settimana.

Israele trattiene sistematicamente i corpi di coloro che accusa di aver compiuto (o tentato di compiere) operazioni contro di esso. Tuttavia, quando le loro famiglie presentavano appelli, i tribunali israeliani costringevano le autorità di occupazione a restituire i corpi dei palestinesi.

Due mesi fa, tuttavia, la Corte suprema israeliana ha consentito al trattenimento  dei corpi palestinesi così da poterli usare come strumenti di negoziazione durante eventuali colloqui o scambi di prigionieri.

La decisione non sembra però  piacere a tutti gli israeliani, con Channel Seven che riporta una dichiarazione della madre del soldato israeliano Shaul Aaron che afferma: “Bennett ha torto: trattenendo i corpi palestinesi non otterrà nulla  riguardo ai soldati israeliani detenuti da Hamas.

Va notato che nelle prigioni dell’occupante israeliano stanno attualmente soffrendo senza imputazione quasi 5.000 prigionieri palestinesi, tra cui 40 donne, 230 bambini e 500 detenuti.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

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