L’industria delle armi israeliana guadagna milioni grazie agli Stati della UE. Ciò deve finire

In gioco c’è il ruolo della UE come mediatore credibile e imparziale nel conflitto israelo-palestinese.

English version

Gina Dowding – 16 gennaio 2020

Immagine di copertina: un dipendente Elbit nel nord di Israele il 4 agosto (AFP)

Un recente rapporto mostra come  l’Unione Europea stia incanalando milioni di euro dei propri contribuenti verso i produttori di armi israeliani.

Con una risoluzione della questione Israele-Palestina che sembra sempre più lontana, il ruolo dell’UE come mediatore credibile sta diventando ancor più importante. Questa rivelazione mette a rischio quel ruolo.

La UE deve smettere di finanziare l’industria della difesa israeliana e ristabilirsi come arbitro imparziale in questo conflitto di lunga data.

Un gioco rischioso

Il rapporto, pubblicato dal Coordinamento Europeo dei Comitati e delle Associazioni per la Palestina, mostra che tra il 2014 e il 2019 l’UE ha destinato 2 milioni di euro al produttore di armi privato Elbit Systems e più di 7 milioni di euro alle Israel Aerospace Industries (IAI) di proprietà statale. Le società hanno ricevuto sovvenzioni per il finanziamento della ricerca nell’ambito del programma  europeo “Orizzonte 2020”.

 È inaccettabile che il denaro dei contribuenti dell’UE venga  destinato ai produttori di armi israeliani, finanziando l’oppressione dei palestinesi

Con l’amministrazione Trump schierata saldamente con Israele,  e il conseguente spostamento dell’ambasciata americana a Gerusalemme e la fornitura ai militari israeliani di miliardi di dollari di aiuti ogni anno, l’importanza della UE come mediatore imparziale e affidabile sta crescendo.

Il fatto che i contribuenti dell’Unione stiano finanziando il complesso militare-industriale israeliano, mette però questo suo ruolo in pericolo.

Nel rapporto 2018 dell’International Peace Research Institute di Stoccolma sui maggiori produttori di armi del mondo, Elbit si è classificata al 28 ° posto, mentre la IAI è arrivata al 41 ° posto.

Questa etica discutibile è ulteriormente aggravata se si considera che Elbit e IAI forniscono all’esercito israeliano gran parte del suo hardware, rendendoli complici dell’oppressione dei palestinesi e delle violazioni dei diritti umani derivanti dall’occupazione israeliana dei territori palestinesi.

Linee guida etiche

Nell’approvare le sovvenzioni a Elbit e IAI, i rappresentanti della Commissione sostengono di seguire gli orientamenti etici di Orizzonte 2020. Io non concordo con tale affermazione , sia per motivi etici sia perché incompatibile con le altre politiche dell’UE.

L’UE è irremovibile nel difendere il diritto internazionale e in molte occasioni ha condannato fermamente le azioni di Israele nei confronti dei palestinesi. Questa posizione è sostanzialmente compromessa dal finanziamento di società complici dell’oppressione dei palestinesi.

Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu parla in uno stabilimento IAI a gennaio 2019 (AFP)

La Commissione Europea sostiene inoltre che i progetti finanziati sono di natura civile. Tra questi ci sono anche sovvenzioni per lo sviluppo di droni e di tecnologie di sorveglianza.

Tuttavia, poiché i partecipanti ai progetti di Orizzonte 2020 sono gli stessi che utilizzeranno i risultati generati, non vi è alcuna garanzia che la tecnologia sviluppata per scopi civili non verrà usata nei sistemi e nelle piattaforme militari pubblicizzati dalle stesse compagnie – o nella sorveglianza illegale dei palestinesi  nei Territori Occupati.

Tempo  di riconsiderare

Dieci anni fa IAI, noto produttore di droni, partecipò al progetto “Oparus” finanziato dall’UE. I risultati includevano il passaggio dei droni di media durata a lunga durata e da allora la linea IAI di questi droni ha continuato a riscuotere grande successo commerciale.

Sul sito web dell’IAI, questi droni, principalmente destinati alla sorveglianza, sono pubblicizzati come “robusti e provati in combattimento”, evidenziando  l’opaco confine tra uso civile e militare.

Il fatto che l’UE stia distribuendo milioni di euro al complesso militare-industriale israeliano mette in pericolo la reputazione dell’UE come difensore dei diritti umani e del diritto internazionale. Ciò mina gli sforzi dell’UE per affermarsi come partner credibile e affidabile per entrambe le parti del conflitto Israele-Palestina, lasciando sul campo pochi mediatori imparziali.

La Commissione Europea deve riconsiderare quali realtà israeliane possano poter partecipare ai programmi dell’UE. È inaccettabile che il denaro dei contribuenti europei  venga destinato  ai produttori di armi israeliani, finanziando l’oppressione dei palestinesi.

L’UE deve smettere di finanziare l’industria della difesa israeliana e ricostituirsi come mediatore credibile e imparziale nel conflitto israelo-palestinese.

 

Le opinioni espresse in questo articolo appartengono all’autore e non riflettono necessariamente la politica editoriale di Middle East Eye.

 

Gina Dowding è membro del Parlamento europeo per l’Inghilterra nord-occidentale dal luglio 2019 e membro dei comitati Affari esteri, Trasporti e Industria, Ricerca ed Energia. È inoltre attiva nelle delegazioni parlamentari in Israele e Palestina e ha visitato la regione, compresi i Territori Occupati, nell’agosto 2019 come parte di una visita di studio organizzata da varie realtà della società civile.

 

Trad: Grazia Parolari “contro ogni specismo, contro ogni schiavitù” –Invictapalestina.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam