Il razzismo istituzionale è al centro delle lotte politiche interne di Israele.

I leader israeliani si sono trovati in un dilemma scomodo: allearsi con i parlamentari arabi o lasciare che il caos politico continui per tutto l’anno.
 Miko Peled – 17 Marzo 2020
Le terze elezioni israeliane, tenutesi in soli dodici mesi, non sono riuscite a ottenere il risultato desiderato. Se qualcuno sperava di vedere la fine dello stallo politico che c’è nella politica israeliana, deve essere molto deluso. In effetti, le prospettive di un governo stabile supportato dalla maggioranza nel principale organo legislativo israeliano, la Knesset, sembrano improbabili come sempre.
Nel momento in cui scrivo, il presidente di Israele ha chiesto a Benny Gantz, leader del partito Blu e Bianco, di cercare di formare un governo. Finora, in base alle raccomandazioni delle altre parti, ha la possibilità di ottenere la maggioranza di 61 seggi nella Knesset su 120, tuttavia, 15 di quei 61 voti sarebbero stati al di fuori della coalizione. Perché? Perché quei quindici voti provengono dalla Joint List o, come viene chiamato ufficialmente, dalla Joint Arab List. Nella politica israeliana il razzismo e il pregiudizio contro i palestinesi sono così diffusi che nessun governo potrebbe essere formato attraverso un partenariato con partiti palestinesi o “arabi”.
Sebbene ciò possa cambiare in qualsiasi momento, è importante notare che il presidente israeliano Reuven Rivlin ha dato la incarico a Gantz solo perché la lista comune, composta da quattro partiti prevalentemente palestinesi, lo ha reso possibile. La coalizione è attualmente il terzo blocco più grande della Knesset e ha deciso di raccomandare Gantz al presidente. Tale decisione si basa in gran parte sul desiderio di porre fine al regno di Benjamin Netanyahu. Se le cose non cambiano e Gantz diventa Primo Ministro, si spera che ricordi di sdebitarsi con le persone che lo hanno appoggiato.
Promessa della campagna
Gantz si sente a disagio nell’essere raccomandato dalla Joint List. Durante la campagna elettorale, Gantz, in qualità di leader del partito Blu e Bianco, ha promesso più volte di non guidare un governo che includa la Joint List o che si affidi al loro supporto. In effetti, in un video pubblicato recentemente dai suoi avversari, viene mostrato fare questa promessa venticinque volte. Tuttavia, da quando la Lista Comune ha aumentato la sua presenza in parlamento con quindici seggi, evento senza precedenti, mentre Blu e Bianco ne ha persi due, Gantz non aveva altra scelta.
Un poster della campagna della Joint List con Ahmad Tibi. La scritta dice “Mi siedo con te”. Ariel Schalit/AP
La realtà che si trova ad affrontare Gantz, e tutti gli altri partiti sionisti, è impossibile. La metà di loro vuole che Netanyahu rimanga Primo Ministro mentre l’altra metà lo disprezza e lo vuole fuori. Vogliono tutti un posto al tavolo, ma nessuno di loro ha abbastanza seggi per ottenere quello che vogliono. Gantz ha detto più volte che se Netanyahu si dimetterà, accetterà di formare un governo di unità nazionale con il partito Likud di Netanyahu, ma ciò sembra improbabile. Finora il “Right Block”, che include il partito Likud e i suoi alleati di destra, rimane fedele al “boss” e ciò significa che per il momento Netanyahu non se ne andrà.
Una scelta difficile
Non può essere facile per i cittadini arabi di Israele sostenere nessuno degli attuali leader dei partiti politici israeliani. Dopo l’istituzione dello stato di Israele, non è passato giorno, o momento, in cui gli arabi palestinesi non siano stati espropriati con la forza, detenuti, discriminati, abbiano subito violenze e persino uccisioni, tutte realizzate da istituzioni statali. La maggior parte, se non tutti i leader politici di Israele, sono stati coinvolti in un modo o nell’altro in crimini contro il popolo palestinese e tutti sostengono l’attuale sistema di apartheid.
Tutti i leader politici israeliani e i loro elettori credono nella legittimità di Israele come un cosiddetto Stato ebraico, in cui i cittadini ebrei israeliani hanno privilegi che vengono negati agli arabi. Il mantra che viene ripetuto fino alla nausea dai leader dei partiti sionisti è che Israele deve essere “ebrea e democratica”. Anche se suona bene, non c’è modo di avere uno stato che sia ebreo e democratico in un paese in gran parte arabo.
Non esiste un palestinese vivo che non abbia sofferto della brutalità israeliana in un modo o nell’altro e quindi Gantz dovrebbe essere immensamente grato che i membri della Joint List lo abbiano raccomandato. Gantz è noto per essere il generale che si vanta dell’uccisione di innumerevoli palestinesi e della distruzione che ha lasciato a Gaza.
Una via d’uscita
Il Jerusalem Post ha riferito che un’altra figura militare nel partito blu e bianco, il generale Gaby Ashkenazi, sta ora negoziando con il partito Likud di Netanyahu riguardo un possibile governo di unità. Se i rapporti del Post sono accurati, ciò significherebbe che Ashkenazi dovrebbe tradire la promessa, fatta durante la campagna elettorale, di non allearsi con Netanyahu, ma sarebbe chiaramente più facile e più vantaggioso per Gantz nel lungo periodo, permettendogli di evitare ciò che teme di più, la prospettiva di essere ricordato come il primo ministro che ha dovuto fare affidamento sugli “arabi”.
Il disprezzo con cui i leader di Blu e Bianco parlano della Joint List è stato descritto dal giornalista israeliano Orly Noy come “il tono di un ufficiale IDF nei confronti di un palestinese al checkpoint”. Ci si chiede se le persone che non sono state cresciute in una società razzista, o che non ne sono state vittime, possano forse capire quanto sia profonda la discriminazione e quanto sia normalizzata nel dibattito israeliano. L’unica campagna politica israeliana che non includeva odio e incitamento era quella della Joint Arab List.
Si sono attenuti ai principi di tolleranza e inclusione, e i risultati parlano da soli: quindici seggi, un esito senza precedenti.
L’unica via d’uscita da questo stallo politico è annullare il sistema che l’ha creato. Cinque milioni di palestinesi a cui è stata negata la voce devono poter partecipare al processo. Una volta che i due milioni di palestinesi rinchiusi nella Striscia di Gaza e tre milioni in Cisgiordania parteciperanno alle elezioni, il regime sionista cadrà e un nuovo sistema democratico prenderà il suo posto.
L’emergere di una forte lista congiunta guidata dai palestinesi è una lezione importante. I membri della lista hanno messo da parte le loro differenze e hanno optato per l’unità e ciò ha portato loro la forza di cui avevano bisogno per essere ascoltati. Questo potrebbe essere il primo passo verso un sistema veramente democratico
Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

 

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