Israele sta approfittando del caos coronavirus per attuare l’affare del secolo

I palestinesi sono intrappolati tra la pandemia e la brutale occupazione militare di Israele. Copertina: Una donna palestinese con la bandiera nazionale si trova accanto ai soldati israeliani durante una manifestazione contro gli insediamenti israeliani nel villaggio di Qusra, nella Cisgiordania occupata da Israele – 2 marzo 2020 (AFP)

Fonte – English version

 

Di Fareed Taamallah – 27 Marzo 2020

La diffusione globale del coronavirus ha reso necessarie restrizioni di movimento in tutto il mondo, compresi Israele e Palestina. Come stato occupante, Israele controlla tutti gli ingressi e le uscite dalla Cisgiordania occupata e da Gaza. La scorsa settimana ha chiuso le aree amministrate dai palestinesi con il pretesto di “limitare la diffusione” del Virus. Betlemme è stata completamente chiusa per settimane.

È ormai chiaro che Israele sta approfittando di Covid-19, sfruttando il blocco della Cisgiordania per accelerare l’annessione della terra palestinese, consentendo nel contempo ai coloni israeliani di attaccare i civili palestinesi, complicando ulteriormente gli sforzi per combattere la pandemia.

Restrizioni al movimento

L’esercito israeliano sta usando il pretesto del coronavirus per imporre ulteriori chiusure e restrizioni di movimento ai palestinesi. Questa dovrebbe essere una questione di salute pubblica e le restrizioni dovrebbero applicarsi ugualmente agli israeliani, poiché chiunque può essere infettato, ma i coloni sionisti nella Cisgiordania occupata, che vivono a poche centinaia di metri dalle comunità palestinesi bloccate, non stanno subendo le stesse restrizioni.

Apparentemente gli israeliani credono di poter sfruttare l’attuale situazione per realizzare il progetto statunitense. L’imposizione da parte di Israele di restrizioni ai movimenti nelle aree palestinesi simili a bantustan, è una prima sperimentazione di come le cose funzionerebbero se l’accordo del presidente Trump dovesse essere realizzato.

Le attuali restrizioni potrebbero causare seri problemi ai palestinesi malati cronici, compresa mia figlia. Per me, come palestinese nato e cresciuto sotto l’occupazione israeliana, il nuovo divieto di movimento riporta alla memoria ricordi del coprifuoco e dell’assedio imposti dall’occupazione israeliana sui territori palestinesi, specialmente durante la Seconda Intifada, con il pretesto della sicurezza.

Durante quel periodo, l’esercito israeliano rinchiuse le comunità palestinesi e trasformò le nostre vite in un incubo insopportabile, soggetto a gravi repressioni.

Nel 2002, nella mia città natale di Qira, nella Cisgiordania settentrionale, la mia neonata Lina ha avuto un’infezione virale che le ha causato diarrea grave e febbre per diversi giorni, ma non siamo riusciti a portarla in ospedale o da un medico, a causa del coprifuoco imposto da Israele.

Un anno dopo, scoprimmo che questa infezione non trattata aveva causato un’insufficienza renale cronica e che era necessario un trapianto di rene per salvarle la vita. Le attuali restrizioni potrebbero allo stesso modo causare seri problemi ai palestinesi malati cronici, compresa mia figlia.

Punizione collettiva

Finora sono stati segnalati più casi di Covid-19 in Israele che in Cisgiordania. Più di 2.500 casi sono stati registrati in Israele, rispetto a meno di 100 nei territori palestinesi. Tuttavia, nonostante la crisi sanitaria senza precedenti e le diffuse misure di isolamento sociale, la polizia israeliana “ha scelto ora, come sempre, di intensificare gli abusi e le punizioni collettive” contro i palestinesi a Gerusalemme est, secondo il gruppo di diritti umani B’Tselem.

Il livello di violenza perpetrato dai coloni sionisti è aumentato contemporaneamente, con notizie che citano una campagna di attacchi contro pastori e agricoltori palestinesi. Nell’area di Betlemme, dove i palestinesi vivono sotto una rigorosa quarantena, i coloni hanno recentemente sradicato centinaia di alberi appartenenti ai palestinesi.

A Palestinian worker gets his temperature checked as he returns home via the Mitar checkpoint in the occupied West Bank city of Hebron, along with fellow workers, on March 25, 2020.

L’esercito israeliano ha anche recentemente permesso ai coloni sionisti di entrare in un sito archeologico nel villaggio di Sebastia nella Cisgiordania settentrionale, nonostante la decisione dell’Autorità Palestinese di chiudere i siti turistici e vietare gli assembramenti nel tentativo di combattere l’epidemia di coronavirus.

Nel frattempo, Israele ha iniziato a costruire strade per i coloni vicino al mio villaggio natale a sud di Nablus, un chiaro tentativo di definire bantustan e ghetti per i palestinesi. I coloni, sotto la protezione dell’esercito di occupazione israeliano, non perdono l’occasione per infliggere più danno possibile al popolo palestinese, usando  pretesti e scuse.

A Gaza, che ha registrato solo una manciata di casi di Covid-19, vi sono serie preoccupazioni sulla capacità del sistema sanitario, già in crisi a causa del blocco imposto da Israele, di resistere.

Carceri sporche e sovraffollate

Le autorità israeliane hanno recentemente riferito che quattro prigionieri palestinesi erano stati infettati dal virus in una prigione israeliana, dopo il contatto con un investigatore israeliano infetto.

Più di 5.000 palestinesi, tra cui donne e bambini, sono attualmente detenuti nelle carceri israeliane, che sono notoriamente vecchie, sporche, sovraffollate e prive di dotazioni igieniche essenziali. Se Israele si preoccupasse della sicurezza dei prigionieri, dovrebbe liberarli.

Nel 1991, all’età di 17 anni, durante la Prima Intifada, fui arrestato dall’esercito israeliano. Gli investigatori mi torturarono per 39 giorni, usando tutti i mezzi di tortura fisica e psicologica. Ho provato in prima persona le condizioni di isolamento in una cella molto piccola e sporca senza finestre; il mia stato di salute è stato ignorato.

Oggi i palestinesi sono intrappolati e combattono su due fronti: uno contro la pandemia e l’altro contro la brutale occupazione militare di Israele.

Tuttavia, un risultato positivo del recente blocco è che può attirare l’attenzione sulle restrizioni quotidiane al movimento che sono onnipresenti nella vita dei palestinesi, ma di cui la maggior parte del mondo non si preoccupa, o addirittura non conosce l’esistenza.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam