Ricordando Theresa Halasa: venerata veterana della resistenza palestinese

Theresa Halasa, una veterana del movimento di resistenza armata palestinese, è sopravvissuta per oltre un decennio in una prigione israeliana. La scorsa settimana è morta di cancro a 65 anni.

Di Miko Peled – 31 Marzo 2020

Amman, Giordania – “Non mi sono unita alla resistenza palestinese perché ho sperimentato la sofferenza, ma per un senso di patriottismo”, ha detto Theresa Halasa, venerata veterana della resistenza palestinese in un’intervista del 2009. Halasa è morta ad Amman il 28 marzo 2020, dopo aver perso la sua ultima battaglia contro il cancro. Aveva 65 anni.

Nel 1972, Halasa era uno dei quattro palestinesi che dirottarono un aereo di linea belga Sabena sulla rotta per Tel Aviv. L’obiettivo era di tenere in ostaggio i passeggeri fino a quando il governo israeliano non avesse accettato di liberare i prigionieri palestinesi detenuti nelle carceri israeliane. Tuttavia, a meno di 24 ore dall’atterraggio a Tel Aviv, i commando israeliani presero d’assalto l’aereo travestiti da tecnici di volo. Uccisero immediatamente due dei dirottatori e catturato gli altri due, uno era Halasa. Due dei comandanti che guidarono il raid furono Ehud Barak e Benjamin Netanyahu.

Netanyahu è stato leggermente ferito al braccio da un proiettile durante il raid. Israele afferma che sia stato fuoco amico, i palestinesi affermano che è stata Halasa a colpirlo. Ad ogni modo, non era altro che una ferita di striscio.

Una patriota palestinese

Theresa Halasa è nata in Palestina nel 1954, non lontano da Akka nella splendida città di Al-Rameh nell’Alta Galilea. Ha studiato infermieristica a Nazareth e, come studentessa, si è unita a Maki, il Partito comunista israeliano che a quel tempo era la dimora politica di molti cittadini palestinesi israeliani attivisti. “Ho ereditato il patriottismo da mio padre”, dice ripetutamente. “Non abbiamo sofferto, la sofferenza non è stata la causa della mia partecipazione alla lotta, è stato il senso di patriottismo che mi ha tramandato mio padre”.

“Avevo l’idea romantica che avrei trovato la resistenza nelle strade, ma non fu così. Non c’era resistenza nelle strade”, dice Halasa,” dovevo andare in Libano”, che all’epoca era il centro della resistenza palestinese. “Ho preso la decisione di partire per il Libano nel gennaio 1971″, ha detto.

Halasa se n’è andò di casa senza dirlo alla famiglia. Si diresse a nord verso Kiryat Shmona, una città israeliana vicino al confine libanese, poi a Matala, (la colonia israeliana di Metula) e da lì attraversò il confine con il Libano. “Il viaggio, che normalmente richiederebbe un’ora e mezza, mi ha preso tre notti e due giorni.” È arrivata a Marj Ayun affamata ed esausta e da lì fu condotta in un campo del Fateh, dove fu interrogata per diversi giorni.

“Ho ricevuto alcuni mesi di addestramento con armi ed esplosivi, subito dopo mi dissero che ero stata scelta per un’operazione”. Il dirottamento è stato pianificato da Ali Hassan Salameh, comandante del gruppo palestinese di “settembre nero”.

Resistenza armata

Halasa non si è mai pentita di aver partecipato al dirottamento, anche se è costato molto a lei e ai suoi compagni. Due palestinesi furono uccisi e lei rimase ferita. Inoltre, lei e un’altra dirottatrice, Rima Tanous, sono state processate da un tribunale militare israeliano, e condannate a diversi ergastoli. Entrambe le donne sarebbero infine state rilasciate in uno scambio di prigionieri. Halasa finì per scontare dodici anni in una prigione israeliana, dopo di che fu esiliata in Giordania.

È difficile dire con certezza che tipo di formazione lei e gli altri abbiano ricevuto prima di intraprendere questa operazione, ma in base alla sua testimonianza è durata solo pochi mesi. Si può presumere che abbiano imparato a usare armi leggere, mitragliatrici e bombe a mano e come fabbricare esplosivi. Una cosa di cui possiamo essere certi è che le risorse della resistenza palestinese non erano sufficienti per preparare lei e i suoi compagni ad affrontare l’esercito israeliano, e tanto meno un’unità di commando d’élite.

Un soldato israeliano passa molti mesi di estenuante addestramento di base, dopo di che inizia il vero lavoro di apprendimento come soldato professionista. Le risorse di Israele sono di gran lunga superiori e i suoi soldati sono addestrati, equipaggiati e nutriti molto meglio di quanto la resistenza palestinese avrebbe mai potuto permettersi. Di conseguenza, quando i combattenti della resistenza palestinese hanno affrontato i commando israeliani o anche soldati regolari, lo scontro si concludeva sempre rapidamente con i palestinesi che pagavano il prezzo più alto.

Israele ha fatto in modo che il suo esercito fosse sempre superiore a qualsiasi altro corpo militare nella regione. Dato che i palestinesi non hanno mai avuto altro che forze di guerriglia armate, che non si potevano paragonare a un esercito regolare, Israele ha sempre avuto il sopravvento.

Oppressione israeliana

In un’intervista con Aljazeera, Halasa ha dichiarato di ritenere che la Palestina sarà restituita al suo popolo solo con la forza della resistenza, un’affermazione che Israele ha dimostrato di essere vera più e più volte. Come sarà questa resistenza è, ovviamente, un’altra domanda. Israele ha deliberatamente reso impossibile risolvere la questione palestinese in modo pacifico e senza confronto. Con il passare degli anni, l’oppressione, l’uccisione e l’espropriazione dei palestinesi si sono rafforzate.

Gli sforzi palestinesi di resistenza armata e di negoziazione sono costati caro ai palestinesi e non hanno prodotto risultati positivi. L’unica opzione rimasta è perseguire campagne dedicate e senza compromessi di boicottaggi, disinvestimenti e sanzioni. Israele deve essere isolato, i suoi ambasciatori devono essere rimandati a casa e tutti i paesi devono richiamare i loro ambasciatori da Tel Aviv. La campagna deve anche porre fine alla partecipazione israeliana alle Olimpiadi, ai Mondiali e tutti gli eventi accademici, culturali e sportivi devono essergli preclusi.

Theresa Halasa non è sopravvissuta per vedere la sua patria liberata. Si è fatta avanti ed è stata disposta a pagare il prezzo che indubbiamente ha pagato per il suo patriottismo, ma l’obiettivo finale non è stato raggiunto. Si spera che sarà ricordata e che la lezione appresa dalla sua esperienza sia ampiamente condivisa in modo che tutti noi che siamo vivi oggi vedremo il suo sogno di una Palestina libera diventare realtà.

Trad: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Protected by WP Anti Spam