Il Libano ha bisogno di un cambio di paradigma nella distribuzione degli aiuti internazionali

Per evitare una catastrofe, in Libano i donatori stranieri devono cambiare il modo in cui forniscono gli aiuti al paese.

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Sahar Atrache – 16 marzo 2021

Immagine di copertina: Manifestanti antigovernativi alzano un cartello con la scritta ‘Abbasso la regola del debito’ durante una protesta contro l’aumento dei prezzi e il peggioramento delle condizioni economiche a Beirut, Libano, il 12 marzo 2021 [AP / Hassan Ammar]

Negli ultimi due anni, tre crisi successive  hanno contribuito a spingere il Libano sull’orlo del baratro.

In primo luogo, c’è stato il crollo economico alla fine del 2019, che è peggiorato nel tempo. All’inizio di marzo, la  lira libanese è infatti precipitata al minimo storico. Gli stipendi ora valgono un decimo di quello che valevano due anni fa.

In secondo luogo, il 4 agosto 2020 un’esplosione mortale nel porto ha devastato la capitale, Beirut, uccidendo più di 200 persone e provocando una distruzione massiccia. La ricostruzione è ancora nella fase iniziale e costerebbe più di 4 miliardi di dollari.

Terzo, il paese è stato duramente colpito dalla pandemia COVID-19, che ha  ulteriormente esercitato pressioni sull’economia libanese in difficoltà e messo a dura prova il suo settore sanitario.

Queste crisi hanno alimentato la rabbia e la disperazione dell’opinione pubblica. La gente continua a scendere in piazza per protestare, bloccando le strade e bruciando pneumatici. Nel frattempo, la criminalità è in aumento, con i furti che diventano sempre più frequenti. Spesso scoppiano litigi in pubblico, a volte per il cibo. Molti temono un’implosione sociale.

Tutte e tre le crisi hanno avuto enormi conseguenze umanitarie e sono state tutte provocate o enormemente esacerbate dal fallimento del governo, radicato nella corruzione politica e nella cattiva gestione. Questi fattori continuano a minare gli sforzi per alleviare le sofferenze del popolo libanese.

I donatori internazionali stanno cercando di aiutare il Libano a riprendersi, proprio come hanno cercato in precedenza di assistere il milione di siriani e i 200.000 profughi palestinesi del paese. Ma lo stanno facendo nei loro vecchi modi, attraverso uno stretto impegno con le istituzioni statali. Questo approccio ha tenuto a galla il paese a breve termine, ma ha ignorato la governance predatoria, responsabile dei problemi.

La comunità internazionale ha ora un tempo limitato per evitare il disastro. Per avere successo, c’è bisogno di un nuovo approccio che eviti gli errori del passato, che finalmente affronti la pervasiva corruzione strutturale del paese e che trovi il modo di aggirarla.

Per decenni, i partiti politici libanesi hanno sottratto una quantità significativa di risorse al settore pubblico e hanno rafforzato le loro rispettive reti di clientelismo a base settaria. Queste pratiche prevalgono  nel settore pubblico. Ci sono molti dipendenti statali che sono stati nominati sulla base della sola fedeltà partigiana e ci sono anche molti impiegati fantasma che sono sul libro paga ma in realtà non lavorano per lo stato. Anche gli appalti pubblici sono stati indetti su linee settarie.

I leader dei partiti hanno serrato i ranghi per proteggere queste reti clientelari. Godono del sostegno di alcuni settori della società che credono ancora di aver bisogno della protezione del mecenatismo settario.

Ciò spiega anche perché, nonostante l’allarmante stato di devastazione del paese, non siano state avviate riforme significative e non siano state prese misure per alleviare la difficile situazione del popolo libanese. I leader politici continuano a dare la precedenza ai loro interessi, acquisiti sulla sopravvivenza stessa del paese. I loro disaccordi e battibecchi hanno lasciato ancora una volta il paese in una situazione di stallo.

Nel frattempo, ONG libanesi, gruppi di base, enti di beneficenza e volontari si sono fatti avanti per riempire il vuoto lasciato dallo Stato, distribuendo cibo, vestiti, medicine e in alcuni casi denaro contante, poiché i bisogni della popolazione sono aumentati drammaticamente.

Molte ONG hanno escogitato soluzioni innovative per affrontare la crescente vulnerabilità. Hanno aperto cucine e supermercati che servono i più vulnerabili. Hanno coltivato terre donate da ricchi libanesi e distribuito i prodotti nelle comunità più bisognose. Hanno anche fornito microcrediti e altre opportunità di sostentamento.

I loro sforzi, tuttavia, non sono sufficienti per  soddisfare l’enorme richiesta di assistenza che devono affrontare. La comunità internazionale deve farsi avanti per aiutare il Libano, ma quando lo fa, deve farlo in modo diverso. È necessario un cambio di paradigma nel modo in cui vengono distribuiti gli aiuti.

Qualsiasi cambiamento significativo dovrà rendere responsabili gli organismi governativi. Ciò significa applicare rigorosi standard anti-corruzione, garantire che nessun finanziamento vada alle istituzioni statali coinvolte nella corruzione e spostare l’approccio umanitario verso soluzioni più sostenibili per i rifugiati e i libanesi vulnerabili, concentrandosi sull’autosufficienza e sui programmi di sussistenza.

Significa anche sostenere le organizzazioni della società civile come alleati contro la corruzione e  come controllori dei progetti attuati dal governo libanese e da attori internazionali. Queste organizzazioni dovrebbero anche essere partner nell’elaborazione di piani umanitari e di sviluppo a breve e lungo termine, avendo svolto in precedenza un ruolo chiave nella risposta alle crisi. Inoltre, i donatori e le agenzie delle Nazioni Unite dovrebbero assumere un ruolo maggiore nella diplomazia umanitaria esercitando maggiori pressioni sui funzionari libanesi per garantire che il Libano rispetti i diritti e la dignità dei rifugiati.

La buona notizia è che i partner internazionali del Libano ora riconoscono la necessità di un cambiamento. Gli Stati Uniti, la Francia e altri hanno collegato i pacchetti di aiuti alle riforme. Una recente iniziativa internazionale per il Libano, denominata 3R Framework (riforma, ripresa e ricostruzione) e guidata dall’Unione Europea, dalle Nazioni Unite e dal Gruppo della Banca Mondiale, prevede anche un sostegno finanziario legato a importanti cambiamenti di governance.

La cattiva notizia è che, nonostante si riconosca che la corruzione deve essere affrontata, alcuni grandi donatori devono ancora cambiare rotta. Ad esempio, a gennaio, la Banca Mondiale ha annunciato un prestito di 246 milioni di dollari per sostenere le famiglie libanesi povere e vulnerabili.

Ma invece di cercare un modo per erogare il denaro nel modo più efficiente per garantire il massimo beneficio alle famiglie svantaggiate, ha deciso di erogare i fondi attraverso il Ministero degli Affari sociali e la Banque du Liban. Ha proseguito con i suoi piani nonostante le segnalazioni di corruzione in entrambe queste istituzioni e nonostante ci sia in corso un’indagine svizzera contro la banca.

Molti libanesi hanno perso totalmente la fiducia nel loro governo e nella sua capacità di realizzare vere riforme che possano mettere il paese sulla strada giusta. Poiché con l’attuale leadership politica il sistema libanese si dimostra resistente alle riforme, il cambiamento dovrebbe iniziare dove è possibile, guidato dalla società civile libanese e da attori internazionali.

Le opinioni espresse in questo articolo sono dell’autore e non riflettono necessariamente la posizione editoriale di Al Jazeera.

Sahar Atrache è Senior Advocate for the Middle East di Refugees International.

 

Trad: Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org