Marwan Rechmaoui – Resti di una città e di una memoria

Può essere ragionevole supporre che le guerre abbiano un loro stile architettonico, giornali, economia, cultura e vita politica, così come l’arte. Questo è ciò che Rechmaoui sta tentando di mostrare

Fonte: english version

Khaled Farraj – 17 aprile 2021

Immagine di copertina:  Marwan Rechmaoui  Ma gli alberi continuarono a votare per l’ascia. 2021_1

Dalla cera, dall’acciaio, dall’alluminio, dal cemento e dalle macerie, dai nostri resti e dai resti delle città. L’arte di Marwan Rechmaoui tenta di recuperare la memoria della città. Le memorie di una città possono essere recuperate solo dai suoi eventi politici, economici, culturali e sociali, dalla gestione dei suoi bazar, teatri, giornali, edifici e dal suo patrimonio architettonico. Eppure Rechmaoui insiste per recuperarlo dai resti di una delle più grandi esplosioni dal secolo scorso. Lo recupera in mezzo a noi dalle rovine della guerra estenuante, che continua a rivendicare parti della storia architettonica delle nostre città levantine. Lo recupera persino dalle pareti della galleria ristrutturata che ospita la sua mostra. Raccoglie le macerie e le riconfigura per ricordarci che è appena avvenuta un’esplosione “nucleare”.

Marwan Rechmaoui – Ma gli alberi continuavano a votare per l’ascia, 2021 Vista della mostra. Per gentile concessione dell’artista della Galleria Sfeir-Semler Beirut / Amburgo

Rechmaoui raccoglie ricordi dalle abitudini dei mercanti di Beirut, delimitando i bazar in base al tipo di merce venduta e alle loro dimensioni. Ci ricorda i vecchi bazar di Beirut che furono distrutti dalla guerra civile nel 1975 e il loro trasferimento nel quartiere di Raouche e e della nostra successiva assuefazione alla loro cancellazione durante l’invasione del 1982. Recupera ricordi dai chicchi di grano decimati dalla grande esplosione del 2020. Li estrae dal panorama di Beirut e del suo vasto mare inesplorato.

Marwan Rechmaoui – Beirut sul mare, 2017-2018 Cemento, cera d’api, ottone su legno. Dimensioni: 267,9 x 569,6 cm. Per gentile concessione dell’artista e della galleria Sfeir-Semler Beirut / Amburgo
Marwan Rechmaoui – Monumento per la Vita, 2002 Colata di cemento. Dimensioni: 235 x 60 x 40 cm Sharjah Art Foundation 2019, Saradar Collection, © MR, Photo SAF

Può essere ragionevole supporre che le guerre abbiano un loro stile architettonico, giornali, economia, cultura e vita politica, così come l’arte. Questo è ciò che questo artista sta tentando di mostrare, e può sembrare pessimista, anche se insiste sul fatto che non lo è, nel richiamare l’attenzione sulla vastità della devastazione che ci circonda a Beirut, come a Homs, Aleppo e al-Qusayr, e alla distruzione che non è mai lontana da Khan Yunis, Gaza, il campo profughi di Jenin e la vecchia città di Nablus, così come da Tripoli, Sa’da e Aden. Trasmette l’entità di questa distruzione nella mostra, “Ma gli alberi continuarono a votare per l’ascia”, che è stata inaugurata il 15 aprile 2021 alla Galleria Sfeir-Semler nel quartiere Karantina di Beirut.

Marwan Rechmaoui, La Gabbia, 2019 Cemento e metallo. Dimensioni: 560 x 200 x 120 cm Sharjah Art Foundation 2019,  MR, Foto SAF

Ancora una volta, Rechmaoui si è addentrato nella nostra memoria, rovistando, smuovendo e frugando attraverso di essa come in altre occasioni, come quando costruì un modello della Torre Murr a Beirut (2000), che ha testimoniato la distruzione e la mutilazione, ed è servito da  promemoria delle stragi architettoniche che continuano ad affliggere le nostre città. Ha anche smosso e frugato addentrandosi nella nostra memoria quando ha creato mappe dei campi palestinesi, come immaginati e disegnati dagli scolari di Rashidiyeh, Burj al-Shamali, Shabriha, Ayn al-Hilweh, Shatila e Nahr al-Barid, con le loro rappresentazioni degli spazi ristretti del campo. La maggior parte di quei bambini probabilmente non si era mai avventurata oltre i confini dei campi. Per loro, i negozi all’angolo del campo e i quartieri poveri rappresentano i limiti dei loro orizzonti. Riproduce questi quartieri nel cemento e nei disegni dei bambini, aprendo loro un nuovo orizzonte e mettendo in relazione le loro storie con il mondo.

Marwan Rechmaoui – Dov’è il Dolce 1, 2011 Pastello a olio, smalto su dittico di stagno ondulato. Dimensioni: 200 x 48 cm ciascuno Per gentile concessione dell’artista e della galleria Sfeir-Semler Beirut / Amburgo
Marwan Rechmaoui – Shatila 2, 2011 Pastello a olio, smalto e matita su cemento 95 x 149 cm Per gentile concessione dell’artista e della galleria Sfeir-Semler Beirut / Amburgo

Anche in passato, Rechmaoui ha ravvivato la nostra memoria, ed esplorandola l’ha fatta rivivere con la sua mappa della Palestina Mandataria (2018), che ha disegnato sul legno, rappresentando le sue colline, valli, montagne, deserti e spiagge, nonché le sue vie di trasporto, nel contesto di un progetto più ampio di Visualizzazione della Palestina.

Non so se Rechmaoui stia cercando di stimolare le nostre menti e i nostri ricordi evocando città, campi, mercati, spiagge e spazi che non appartengono al lontano passato ma ai nostri ricordi più recenti. Non è passato abbastanza tempo per invocare l’oblio. Non stiamo parlando di città distrutte dalle due guerre mondiali, o di San Pietroburgo, Berlino o Parigi, lontane nel tempo se non nello spazio, ma di Beirut e Homs. Rechmaoui trasporta i resti delle città di cui abitiamo ancora le macerie e conflitti estenuanti che continuano ad echeggiare intorno a noi. Ricorda un’esplosione che ha distrutto una città e quasi cancellato i suoi punti di riferimento, o meglio, l’ha fatto davvero. L’evento dell’esplosione diventerà un ricordo futuro. Evoca un campo profughi che è ancora in piedi e coloro che pensano che il campo sia il destino. Ridisegna la mappa originale della Palestina, i cui punti di riferimento non sono cambiati, ma i cui interni sono cambiati, inclusa l’architettura, le persone e i mercati. Racconta tutto questo da un luogo non lontano dal luogo dell’esplosione stessa. Grazie a Marwan Rechmaoui, siamo tornati dove avremmo dovuto essere.

Marwan Rechmaoui – Da “Un Monumento Nazionale”, 2018-presenti 32 pezzi topografici in legno tagliati CNC da modelli 3D 25 x 25 x cm variabile Per gentile concessione dell’artista e della galleria Sfeir-Semler Beirut / Amburgo

Khaled Farraj è il direttore generale del Institute for Palestine Studies e redattore di lunga data di Majallat al-Dirasat al-Filastiniyya, la pubblicazione sorella del Journal of Palestine Studies.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org