Gerusalemme, capitale eterna della speculazione

Città frammentata, divisa, diseguale, Gerusalemme è anche il laboratorio urbano di un’alleanza senza precedenti tra nazionalismo religioso e capitalismo fondiario. La sociologa Sylvaine Bulle ha dedicato uno studio affascinante alle sue origini e al suo rapido sviluppo.

Fonte: version française

Pierre Pray – 9 ottobre 2021

Immagine di copertina: Silwan, quartiere di Gerusalemme -Est. Murales « guardare l’occupazione negli occhi” Flickr

Nessun’altra città è, come Gerusalemme, più sopraffatta da miti e fantasie. La sociologa Sylvaine Bulle vuole invece , nel suo libro “Sociologie de Jérusalem” , “difendere il realismo della visione, libera da ogni affetto o ansia ipertrofica”. Non troveremo quindi in quest’opera, frutto di un approfondito  lavoro, né un racconto sulla “Città Santa”, la “capitale eterna”, né un tributo mediatico-turistico votato  alla “diversità” o al “mosaico” della città.

Quest’ultimo luogo comune, ampiamente diffuso, non regge al vaglio scientifico. Diversità? Frammentazione, risponde l’autrice. L’antica città ottomana, così come la città moderna che la circonda, è oggi “una somma di frammenti sociali ed etnici stabili dal 1967”, vale a dire dall’annessione della parte orientale della città – più un vasto territorio adiacente – dallo Stato di Israele. La “diversità” e la pluralità sono esistite fino alla prima metà del ventesimo secolo, quando Gerusalemme era la “capitale” del Mandato britannico in Palestina.

La spartizione della città nel 1948, l’amministrazione della parte orientale da parte della Giordania fino alla guerra del 1967, poi l’annessione, crearono via via spazi sempre più chiusi tra loro, “a somma isolotti e fortezze”. A Gerusalemme est ebrei ultrareligiosi e laici si ignorano a vicenda, e tutti ignorano il più possibile i palestinesi Queste diverse componenti si trovano solo nei centri commerciali, negli ospedali e in alcune università, dove i professori palestinesi sono pochi.

Città del terziario a est, città delle merci a ovest

Il divario maggiore è ovviamente tra la parte occidentale, ebraica, e la parte orientale, annessa. Sottoposti alla frammentazione dei loro quartieri dalla colonizzazione di ebrei religiosi sostenuti dalle istituzioni israeliane, i “residenti” palestinesi, che non sono cittadini, vivono in una “terza città”. A Gerusalemme Est, con circa il 10% del bilancio comunale (per circa il 40% della popolazione totale), nelle scuole e nei servizi pubblici “inesistenti”, oltre il 60% delle persone vive al di sotto della soglia di povertà. I permessi di costruzione sono distribiti con il contagocce, il muro che li separa dalla Cisgiordania e le tangenziali isolano sempre più i residenti.

Questa frammentazione, aggiunta al carattere sempre più religioso della città, non consente a Gerusalemme di raggiungere lo status di “città globale”, caratterizzata da attività economiche, presenza di molti stranieri e un ambiente artistico e creativo importante. È Tel Aviv, sebbene abbia metà della popolazione rispetto a Gerusalemme, che si adatta a questa descrizione. Gerusalemme è una città religiosa. I partiti religiosi hanno vinto quasi la metà dei seggi nelle ultime elezioni comunali del 2018 e sono desiderosi di promuovere, ad esempio, il finanziamento di circa 2.000 scuole ebraiche ultra-ortodosse, che sono in gran parte nel sistema educativo. Ma il nazionalismo religioso serve anche interessi particolari. “Il rapporto tra capitalismo e nazionalismo è rimasto poco esplorato mentre è alla base della privatizzazione dello spazio a Gerusalemme”, scrive Sylvaine Bulle nel capitolo più eclatante del suo libro.

La retorica politico-sacrale della “capitale eterna del popolo ebraico” va di pari passo con l’ideologia liberale e la speculazione. In vent’anni i comuni hanno puntato i riflettori sull’attività immobiliare e sul patrimonio. La gentrificazione, la mercificazione dei siti storici e degli spazi costruiti, gigantesche transazioni immobiliari “mirate principalmente a soddisfare visitatori, turisti e membri della diaspora ebraica a scapito dei residenti” hanno trasformato la parte ebraica di Gerusalemme. “La città santa si sta trasformando in una città mercantile, fondendo figure spirituali e bibliche con il tempo libero e il consumo”, commenta Sylvaine Bulle. Intorno ai bastioni ottomani, stanno emergendo nuovi quartieri in spazi finora incontaminati, come il “Villaggio di David” che ospita 200 negozi e un complesso residenziale di appartamenti di lusso con terrazze sul tetto che ricordano l’architettura palestinese. Una miriade di altri progetti di lusso stanno spuntando in tutta Gerusalemme occidentale. Gli sviluppatori stanno approfittando della deregolamentazione delle regole urbanistiche, che consente di alzare  gli edifici, o gli edifici più alti,  di cinque piani.

Grattacieli TerraSanta

Oltre a un quartiere degli affari di un milione di metri quadrati all’ingresso della città, appaiono ovunque scenografie dall’estetica discutibile, come il complesso Holyland (Terra Santa), “dieci torri residenziali di dieci – otto piani e due grattacieli di trentadue piani, visibili da molte parti della città”. La sua costruzione valse nel 2010 all’allora sindaco Ehud Olmert, che in seguito divenne primo ministro, una pena detentiva per corruzione. Le richieste politico-religiose di un “capitale eterno” accolgono pratiche neoliberiste attuate al di fuori di ogni consultazione democratica, spiega Sylvaine Bulle, che descrive la “privatizzazione delle operazioni di sviluppo, concesse agli investitori locali che hanno spesso come partner finanziari degli eletti locali”.

Esistono movimenti di resistenza tra intellettuali, architetti, associazioni del patrimonio, ma hanno poca influenza. Nonostante tutto, una “città più giusta” resta possibile, auspica Sylvaine Bulle, passando per la subpolitica… che spazia dall’arte agli impegni civici, ai micromovimenti di quartiere. “Potrebbe non essere troppo tardi”, conclude.

 

PIERRE PRIER Giornalista. Il suo primo contatto con il Medio Oriente risale al 1987, con la prima intifada. Ha lasciato Le Figaro dopo 21 anni in Medio Oriente e Africa. Ha seguito la seconda intifada come capo dell’ufficio di Gerusalemme dal 2000 al 2004.

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org