L’Italia fascista e il genocidio libico dimenticato

Il ritorno del fascismo in Italia richiede una resa dei conti con il suo violento passato coloniale e la sua eredità nella Libia moderna.

Fonte: English version

Younes Abouyoub – 6 ottobre 2022

Immagine di copertina: Migliaia di persone in marcia verso Piazza di Porta San Paolo il 25 aprile 2022 per ricordare la Resistenza italiana e la liberazione dal fascismo (AFP)

Marx una volta disse che la storia si presenta due volte: la prima come tragedia e la seconda come farsa.

Le recenti elezioni italiane del 25 settembre hanno portato all’ascesa al potere di una coalizione protofascista, la prima dalla fine del regime di Benito Mussolini nel 1945.

Una visione di ‘grande sostituzione’ era stata infatti tentata dai fascisti italiani in Libia, dove era stata attuata una deliberata politica di sterminio

Il nuovo volto dell’estrema destra in Italia, Giorgia Meloni – pronta a diventare la prima donna presidente del Consiglio nella storia italiana – ha corso su una piattaforma anti-immigrati ed è fermamente sostenitrice della teoria del “grande sostituto” e della minaccia incombente dell”islamizzazione” dell’Europa.

Resta da vedere se questo evento spartiacque si rivelerà una farsa o un’altra tragedia. Quello che è certo è che il fascismo in Italia, nonostante sia stato imbiancato da molti come benigno, ha lasciato una tragica scia di orrori soprattutto negli insediamenti coloniali italiani in Africa.

Una visione di “grande sostituzione” era stata effettivamente tentata dai fascisti italiani in Libia, dove era stata attuata una politica di sterminio deliberato delle popolazioni locali per sgombrare la terra libica da far sfruttare ai colonialisti coloni italiani

È questa la storia che analizza il libro del 2020, “Genocide in Libya: Shar, A Hidden Colonial History”. In esso, lo studioso libico-americano Ali Abdullatif Ahmida svela il genocidio a lungo nascosto in Libia, mentre riscatta la storia orale del cosiddetto popolo senza storia.

Fornendo le testimonianze orali dei libici sopravvissuti al fascismo italiano – i loro resoconti personali, canti tradizionali e poesie – Ahmida fornisce una descrizione completa delle atrocità della conquista coloniale e della violenza inflitta ai nativi.

Delitti storici

Quando i fascisti italiani presero il potere nel 1922, i colonizzatori avevano bisogno di sgomberare la terra libica – con la forza, se necessario – per poter insediare i contadini dall’Italia. L’Italia  impiegò più di due decenni (1911-1932) per controllare completamente il paese, che chiamò La Quarta Sponda d’Italia.

Durante quell’epoca, la politica dell’Italia di scatenare la violenza totale per distruggere la resistenza libica e sottomettere la popolazione locale avrebbe provocato la morte di oltre 83.000 libici.

Circa 70.000, per lo più civili delle aree rurali, comprese donne, bambini e anziani,  morirono di fame e malattie.

Questa politica deliberata di uccisioni di massa e carestia organizzata cercò di annientare un intero popolo e un’intera cultura. Fu seguita da una campagna di successo contro la memoria storica: una campagna sistematica per cancellare tutti i documenti storici, poiché il governo fascista italiano ha soppresso le notizie sul genocidio e distrutto prove materiali e storiche.

Questa amnesia collettiva orchestrata sarebbe continuata anche dopo la scomparsa dell’Italia fascista nel 1943.

Sfidare la produzione di conoscenza

Ahmida decostruisce la meccanica ideologica della produzione della conoscenza e mette in discussione una storiografia che eclissa deliberatamente e metodologicamente la verità storica.

Un potente esempio è la sua creazione di un legame diretto tra il genocidio libico e l’Olocausto, le cui basi coloniali vengono esaminate raramente, se non mai.

Le pubblicazioni in lingua araba del periodo coloniale sponsorizzate dall’Italia rivelano diverse visite in Libia di funzionari nazisti tedeschi che giudicavano i metodi di insediamento dei fascisti italiani come “di successo”.

Il Cancelliere nazista tedesco Adolf Hitler (L) riceve il Governatore italiano della Libia Italo Balbo (C) al Berghof vicino a Berchtesgaden il 13 agosto 1938 (AFP)

In una visita ufficiale a Tripoli nell’aprile 1939, il feldmaresciallo nazista Hermann Goring, incontrò il governatore generale coloniale italiano della Libia, Italo Balbo, succeduto a Pietro Badoglio.

Secondo Ahmida, “Badoglio è stato l’artefice del progetto originale di mettere le persone nei campi di concentramento, avendo in mente lo sterminio”.

Anche il capo delle SS Heinrich Himmler fece una visita ufficiale in Libia nel 1939 per vedere di persona i risultati sul campo.  Egli contribuì a creare i campi di sterminio nazisti e concepì l’idea della Soluzione Finale: l’Olocausto.

Pur sfidando l’eurocentrismo, il libro di Ahmida non si ferma solo a una critica delle teorie coloniali della conoscenza e della storia. Va oltre, verso il recupero della storia e la concettualizzazione di una narrativa divergente di un popolo, di una cultura e di una società, che rivendica l’agire al di fuori delle strutture istituzionali egemoniche della politica moderna.

Un nuovo approccio

Oltre a decostruire l’eurocentrismo dilagante, che caratterizza la ricerca accademica dominante sul genocidio, l’autore sottolinea la mancanza di cultura storica sul tema dell’imperialismo italiano e l’estrema violenza che questi ha messo in atto per sottomettere le popolazioni locali nelle colonie.

L’estrema violenza perpetrata contro i libici dai fascisti italiani divenne un modello per ciò che i nazisti tedeschi avrebbero finito per fare sul suolo europeo

Questo netto contrasto con le tesi sostenute dall’abbondanza di studi sul fascismo italiano è sorprendente. Eppure, può essere probabilmente spiegato dal mito popolare della “brava gente”, secondo il quale gli italiani sono essenzialmente brave persone e quindi incapaci di commettere atrocità,  alla pari di altre potenze imperiali, o anche di altre forme di fascismo.

È come se i fascisti italiani non potessero essere presi sul serio come il partito nazista in Germania. Anche Mussolini è spesso ritratto come un buffone, un clown o un banale dittatore, piuttosto che la manifestazione di una pericolosa minaccia ideologica da parte di un movimento politico basato sul primato della violenza e della conquista.

I nazisti tedeschi furono fin dall’inizio perspicaci sulla natura del fascismo italiano. Le violenze estreme perpetrate contro i libici divennero un modello per quello che avrebbero finito per fare sul suolo europeo. Alle loro visite sul campo in Libia, hanno fatto seguito libri, conferenze e seminari sull’esperienza coloniale italiana sia in Libia che in Abissinia (Etiopia), dove gli italiani condussero un’analoga campagna di violenza estrema.

Questi fatti storici sono significativi per stabilire una connessione tra il genocidio coloniale e l’Olocausto. Invita studiosi e lettori interessati al genocidio ad affrontare l’Olocausto da una nuova prospettiva: la storia del genocidio della Germania nazista come fortemente correlata a quella dell’Italia fascista: i due sono indissolubilmente legati e l’uno non può essere pienamente compreso senza l’altro.

Infatti, prima di Auschwitz e di altri campi di sterminio, ci furono i campi di concentramento fascisti italiani a El Agheila, Slug, Braiga e Magrun. Ahmida sostiene che “l’intera teoria del genocidio in Europa è miope e falsa”.

La nozione di fascismo italiano moderato è ancora una narrativa ampiamente accettata nell’eredità di Mussolini e il caso della Libia rimane assente anche dai libri recenti.

Recupero della storia

Tuttavia, la storia orale e le testimonianze dei sopravvissuti al campo sono riuscite a colmare questa lacuna storica.

Questa parte della storia della Libia, stata scoperta solo di recente, è stata sistematicamente messa a tacere dai colonizzatori fascisti -un silenzio  i cui effetti persistono oggi attraverso l’amnesia autoinflitta e gli approcci orientalisti che hanno pervaso la conservazione degli archivi storici.

Questa oralità fornisce una preziosa fonte di informazioni storiche sul caso libico. Un grande risultato di questo libro è che riesce, attraverso una meticolosa ricerca scientifica forense, a portare alla luce le tristi storie che i libici hanno registrato nella loro madrelingua araba. È grazie alle testimonianze dei sopravvissuti che è potuta emergere una storia originale del genocidio.

Il libro di Ahmida fa luce anche sulla politica della Libia dopo l’indipendenza nel 1951, e sulla sua storia tumultuosa dalla monarchia alla repubblica e alla Jamahiriya, fino al completo disfacimento dello stato libico nel 2011,  con le rivolte arabe.

Anche se la colonizzazione italiana della Libia fu di relativamente breve durata (1911-1943), la sua estrema brutalità lasciò una profonda cicatrice nella psiche collettiva dei libici e gettò un’ombra cupa sulla sua storia post-indipendenza. Le radici dell’incrollabile etica anticoloniale della Libia, ancor di più durante il regime di Muammar Gheddafi, possono essere ricondotte a questa violenta esperienza coloniale.

Capire la Libia dimenticando

Ricordo ancora il mio primo incontro con il colonnello Gheddafi, durante i negoziati di pace a  Sirte dell’ottobre 2007 sul conflitto del Darfur, e le sue lunghe conferenze sull’imperialismo e l’esperienza coloniale in Libia e in Africa.

Avevo visitato la Libia diverse volte, prima di viverci e lavorarci con le Nazioni Unite nel 2011. Lì, ho avuto lunghe discussioni con amici libici, anziani tribali nei“Marbua” – tradizionali incontri tribali e sociali – così come con alti funzionari dei successivi governi libici, sulla questione della costruzione dello stato e della formazione dello stato moderno.

La mancata costruzione della pace nella Libia post-2011 può essere in parte spiegata dalla mancanza di comprensione della sua violenta esperienza coloniale

Il fatto è che, non diversamente da altri luoghi con dure esperienze coloniali, il moderno stato-nazione è stato introdotto attraverso la canna di una pistola. La sua eredità di brutalità e violenza ha minato in modo fatale la sua legittimità agli occhi delle popolazioni locali, nonostante le pretese di progresso e modernizzazione da parte dei regimi.

I falliti sforzi internazionali  nella costruzione dello stato e, in definitiva, nella costruzione della pace nella Libia post-2011, possono essere parzialmente spiegati dalla mancanza di comprensione di questo fatto importante.

Mettere in discussione la natura essenziale non così ovvia dello stato-nazione e l’eredità del passato della Libia, sia a livello sociale che istituzionale, è un buon inizio per comprendere il suo presente e le cause strutturali del crollo dello stato dopo la rivolta libica del 7 febbraio 2011.

Dato il recente terremoto politico in Italia e il graduale ritorno dei movimenti fascisti in Europa e altrove, è giunto il momento che un’opera scientifica faccia luce sull’eredità del fascismo italiano e del genocidio libico dimenticato e confuti il ​​mito del fascismo benigno. Il monumentale studio di Ahmida fa proprio questo.

 

Younes Abouyoub è attualmente ricercatore in visita presso il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università del New England nel Maine. Ha conseguito un dottorato di ricerca in sociologia politica e Master in Giurisprudenza e Geopolitica. È un frequente commentatore dei media e in precedenza ha lavorato con le Nazioni Unite in Libia dopo il 2011, nonché in diverse zone di conflitto in tutto il mondo. Ha pubblicato numerosi articoli accademici, articoli editoriali e ha contribuito a curare svariati libri , tra cui A Season of Migration to the West: The Arab-Muslim Diaspora in the United States: Political Ethos and Praxis, in New Horizons of Muslim Diaspora n North American ed Europa, Palgrave MacMillan, New York, 2016; Islam et politique dans la Libye contemporaine (Islam e politica nella Libia moderna).

 

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali” – Invictapalestina.org