La limitazione dei permessi medici per i Palestinesi è un meccanismo di oppressione israeliano.

Il sistema di permessi medici israeliani che impedisce ai palestinesi di recarsi in altre aree per accedere a cure salvavita è solo un altro meccanismo utilizzato per controllare e infliggere violenza al popolo palestinese.

Fonte: English version

Di Yara M.Asi – 24 febbraio 2023

In tutto il mondo, il 15 febbraio è riconosciuto come Giornata Internazionale Contro il Cancro Infantile. La campagna mira a sensibilizzare sulle oltre 400.000 persone di età inferiore ai vent anni a cui viene diagnosticato un cancro ogni anno, nonché il fatto che mentre i tassi di sopravvivenza per il cancro infantile sono circa l’80% nei Paesi ad alto reddito, i Paesi a basso e medio reddito registrano tassi a partire dal 20%.

Mentre l’economia di un Paese e la capacità di fornire un’assistenza sanitaria di qualità accessibile a tutti è certamente una ragione di tale disparità, in ambienti di violenza politica, oppressione e discriminazione, ci sono molteplici fattori aggiuntivi che rendono ancora più difficile ricevere cure di cui c’è un disperato bisogno.

Per i palestinesi, questo include le restrizioni di movimento imposte loro da Israele e il complesso sistema di permessi medici necessari per superarle.

Quest’anno, in occasione della Giornata Internazionale Contro il Cancro Infantile, il Centro Palestinese per i Diritti Umani (PCHR) ha pubblicato un rapporto straziante, scoprendo che ci sono 350 bambini ammalati di cancro che vivono nella Striscia di Gaza, che hanno un disperato bisogno di cure costanti e tempestive. Tuttavia, oltre alla malattia e alle difficoltà affrontate dalle loro famiglie, questi bambini devono anche affrontare le difficoltà burocratiche di richiedere e ottenere i permessi per lasciare la Striscia di Gaza assediata per recarsi in Israele, a Gerusalemme Est o in Cisgiordania, per ricevere  le cure non disponibili a livello locale.

Nel 2022, il 28% di tali permessi è stato ritardato o negato. Tre bambini che erano stati indirizzati per la cura all’estero sono morti in attesa dei loro permessi.

Anche per i bambini in grado di ottenere il permesso, il loro familiare accompagnatore potrebbe non essere così fortunato. Per il 43% dei bambini, il loro difficile viaggio fuori da Gaza e in un ambiente ospedaliero dove potrebbero ricevere cure fisicamente ed emotivamente estenuanti, è stato quello che hanno dovuto sopportare senza i loro genitori i cui permessi sono stati negati o ritardati. Questi bambini spesso devono viaggiare con un lontano parente che potrebbero non conoscere bene, o un anziano nonno per il quale il viaggio stesso è impegnativo.

Ci sono circa 9.000 persone a cui è stato diagnosticato un cancro nella Striscia di Gaza, tutte affette dalla stessa mancanza di trattamenti farmaceutici e attrezzature avanzate che potrebbero diagnosticare e curare il cancro più rapidamente e facilmente.

Tuttavia, il problema imposto da Israele non riguarda solo i malati di cancro. Le persone con una varietà di disturbi e bisogni sanitari critici devono richiedere i permessi per ricevere le cure di cui hanno bisogno, compresi i servizi di cardiochirurgia, neurochirurgia e oftalmologia.

Sebbene i palestinesi della Cisgiordania abbiano accesso a servizi più avanzati, potrebbero comunque dover richiedere permessi per ricevere determinati tipi di assistenza in Israele o a Gerusalemme Est.

Nel 2017, Israele ha approvato solo il 54% dei permessi, il tasso di approvazione più basso da quando i dati sulle domande di permesso sono stati raccolti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Si stima che 54 palestinesi morirono quell’anno, in attesa dei loro permessi.

“Nel migliore dei casi, ogni rifiuto o ritardo causa frustrazione e preoccupazioni inutili al paziente e alla sua famiglia. Nel peggiore dei casi, il diniego può avere conseguenze mortali”, ha spiegato Rohan Talbot, Direttore della Campagna di Assistenza presso Medical Aid for Palestines (Aiuti Medici ai Palestinesi). “Questa situazione è intrinsecamente discriminatoria. Israele ha creato una situazione di insicurezza permanente per i palestinesi di Gaza, sulle cui vite e bisogni fondamentali mantiene il controllo, giustificando la sua punizione collettiva come necessaria per la sicurezza dei propri cittadini”, ha aggiunto.

Pertanto, mentre i palestinesi spesso sperimentano le limitazioni tipicamente associate ai Paesi più poveri, la loro sofferenza è aggravata dalle restrizioni israeliane che rendono il loro sistema sanitario ancora più incapace di soddisfare i loro bisogni. Tali restrizioni includono limitazioni su ciò che può essere importato, in particolare a causa del blocco della Striscia di Gaza, come dispositivi medici di diagnostica per immagini PET CT, apparecchiature per radioterapia e persino le materie prime necessarie per costruire e mantenere strutture sanitarie come cemento e tubi.

I palestinesi incontrano anche ostacoli alla partecipazione a corsi di formazione e seminari al di fuori dei Territori e personale esterno che spera di entrare nei Territori per supportare gli operatori sanitari.

Nel novembre 2022, l’organizzazione Medici per i Diritti Umani – Israele (Physicians for Human Rights-Israel – PHR-I) ha pubblicato un documento di sintesi su quelli che definiscono i “meccanismi di oppressione” riguardo al sistema di permessi medici che comporta “l’ottenimento di documenti, la compilazione di moduli, il loro invio alla Commissione per gli Affari Civili palestinese, consentendo loro di essere esaminati e consegnati alle autorità israeliane, e infine in attesa del rilascio del permesso, il tutto sperando che arrivi una risposta prima del trattamento programmato”.

PHR-I è una delle organizzazioni a cui i pazienti si rivolgono spesso quando i loro permessi vengono negati o ritardati, e in molti casi il loro intervento riesce a far ribaltare un diniego. Ciò dimostra il processo arbitrario e apertamente punitivo che Israele impone a persone che, con un’abbondante documentazione medica e spesso in uno stato di evidente deterioramento fisico, sono ancora considerate un rischio per la sicurezza, anche, a quanto pare, i bambini.

Israele spesso giustifica le sue pesanti e dure restrizioni al movimento per questioni di sicurezza. Affermano che i palestinesi abusano del sistema di permessi medici, citando una manciata di casi in cui individui “pianificavano” o avevano “l’intenzione” di commettere un attacco terroristico in Israele, nonostante la mancanza di prove fornite per tali casi. Indipendentemente da ciò, Israele rimane la potenza occupante della Striscia di Gaza e della Cisgiordania e, di conseguenza, ha una responsabilità nei confronti della salute dei palestinesi.

La punizione collettiva imposta ai palestinesi attraverso il sistema dei permessi medici e molte altre vie, non è giustificabile con alcuna misura, legalmente o eticamente. Le prove suggeriscono invece che Israele utilizzi il sistema dei permessi come meccanismo di controllo e per esercitare pressioni su gruppi come Hamas. Viene anche utilizzato come mezzo per costringere i singoli palestinesi a fornire informazioni sugli altri.

A una donna che ha chiesto un permesso per visitare sua madre malata in Cisgiordania da Gaza è stato detto: “Ti lasceremo visitare la tua famiglia a una condizione: tu e i tuoi figli dovete rinunciare al vostro indirizzo registrato in Cisgiordania e registrarvi a Gaza”.

Le forti restrizioni di movimento non sono una novità per i palestinesi che vi hanno convissuto per decenni. Ma i problemi di salute sono sensibili al fattore tempo e un ritardo nelle cure potrebbe, per alcuni, fare la differenza tra la vita e la morte.

Il sistema dei permessi medici fa parte di una più ampia struttura di oppressione che, poiché è burocratica piuttosto che apertamente violenta, spesso viene ignorata dagli organismi internazionali che potrebbero altrimenti criticare moderatamente o almeno mettere in discussione le campagne di bombardamento o le incursioni. Questo “meccanismo di oppressione”, tuttavia, provoca danni indicibili, inclusa la mortalità prematura, in modi che sono più difficili da misurare rispetto a quelli che derivano dalla violenza militare, ma sono altrettanto distruttivi.

 

Yara M. Asi è Dottoressa di filosofia e Professore Assistente della Gestione Globale della Salute e dell’Informatica presso l’Università della Florida centrale, e ricercatrice in visita presso il Centro per la Salute e i Diritti Umani intitolato a François-Xavier Bagnoud presso l’Università di Harvard e detentrice di una borsa di studio Fulbright in Cisgiordania.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org