Media francesi: Espulsione dei giornalisti pro-palestinesi a Deutsche Welle e France 24

L’antisemitismo va combattuto con determinazione, con lo stesso vigore della palestinofobia, la più recente patologia contemporanea delle democrazie occidentali.

Fonte:  https://www.madaniya.info

Di Renè Naba – 10 aprile 2023

Il principio della libertà d’informazione si configura nei Paesi occidentali in funzione degli interessi strategici dell’autorità di tutela dei media nazionali, a giudicare dalle epurazioni di cui due media europei: Deutsche Welle e France 24, ne sono stati teatro dal 2021.

Deutsche Welle

L’emittente tedesca lo ha dimostrato nel 2021 e France 24 ha fatto lo stesso nel 2023 con il pretesto della lotta all’antisemitismo, al punto che l’accusa di antisemitismo in questi due Paesi traumatizzati: la Germania per il Genocidio di Hitler e La Francia, attraverso la collaborazione della Repubblica di Vichy con il nazismo, costituisce ora un enorme deterrente per neutralizzare qualsiasi critica a Israele. Con il pretesto di non trasporre in Europa il conflitto israelo-palestinese

Anche se Israele ha ucciso cinquantacinque (55) giornalisti palestinesi dal 2000, l’inizio della Seconda Intifada, e ne ha imprigionati altri 16.

Anche se lo Stato Ebraico ha compiuto 430 omicidi mirati contro i palestinesi dal 2000, al punto che l’organizzazione americana Human Rights Watch ha accusato Israele di aver commesso atti di Apartheid.

Deutsche Welle è il servizio internazionale di teleradiodiffusione della Germania. Trasmette trasmissioni radio in onde corte, internet e via satellite in trenta lingue oltre a programmi televisivi in ​​quattro lingue. Deutsche Welle trasmette regolarmente dal 3 maggio 1953.

Tra i licenziati da Deutsche Welle ci sono Bassel Aridi, direttore dell’ufficio della rete televisiva tedesca a Beirut, oltre a 4 dipendenti della stazione: Daouad Ibrahim, Morhaf Mahmoud, Maram Salem e Faraq Marqa, quest’ultimo accusato di aver sostenuto tramite tweet la causa palestinese, criticando Israele.

Infatti, il quotidiano tedesco Deutsche Zeitung aveva violato gli account dei giornalisti e scaricato i loro nomi. La Germania aveva inoltre licenziato il giornalista tedesco-palestinese Nehmat Al Hassan per aver partecipato a una manifestazione a sostegno della causa palestinese nel 2014.

Nel 2019, una giornalista dell’agenzia americana Associated Press, Emilie Wilder, è stata licenziata per aver criticato il comportamento delle autorità di occupazione israeliane nel reprimere i disordini nel quartiere di Hay Jarrah a Gerusalemme. La ventiduenne Emilie Wilder, residente a Phoenix, in Arizona, era stata infatti presa di mira dai media conservatori per il suo attivismo per i diritti dei palestinesi mentre era studentessa all’Università di Stanford, dove si era laureata nel 2020.

France 24

Nella Terra di Voltaire, nella Patria dei Diritti Umani, France 24, la vetrina mediatica internazionale della Francia, ha annunciato la sospensione di 4 giornalisti in attesa dei risultati di una indagine che li accusava di dichiarazioni antisemite.

Tra i giornalisti interessati figurano Leila Audeh, corrispondente in Palestina. In servizio a France 24 dal 2008, è stata in precedenza su Abu Dhabi TV. Joelle Maroun (Beirut) e Dina Abi Saab, corrispondente di France 24 a Ginevra, nonché Charif Bibi, incaricato degli affari dell’immigrazione e del diritto d’asilo.

Il caso è scoppiato con la pubblicazione di un articolo sul sito web del Comitato per l’Accuratezza nei Rapporti in Medio Oriente e in America (Committee for Accuracy in Middle East Reporting in America – CAMERA), ripreso dal Centro Simon Wiesenthal, che chiamava in causa questi giornalisti di lingua araba provenienti da France 24 in merito ad alcune osservazioni che avrebbero pubblicato sulle loro pagine personali sui social network, riporta il comunicato stampa di France 24. Queste due organizzazioni, reputate filo-israeliane e di destra, criticano questi giornalisti per alcune pubblicazioni sui social network che ritengono “antisemite”.

La questione è se si tratti di una segnalazione, di una denuncia o di una delazione. Comunque sia, il senso di colpa per la collaborazione di Vichy con il nazismo è tale in Francia che il minimo starnuto israeliano o filoisraeliano provoca un’ondata di panico all’interno della casta politico-mediatica, innescando una diffusa agitazione a tutti i livelli dell’alta amministrazione per imbavagliare ogni persona che si oppone all’ordine catodico occidentale.

La Francia è recidiva in materia.

La Francia è recidiva in materia. Così, sotto il mandato di Nicolas Sarkozy (2007-2012), la fragorosa amicizia del “primo Presidente di sangue misto” con l’Emiro del Qatar non ha però impedito il sistematico sradicamento di ogni sensibilità filopalestinese dall’amministrazione prefettizia e dal settore audiovisivo estero francese con l’espulsione di Richard Labévière, redattore capo di RFI e Wahib Abou Wassel, unico giornalista palestinese della redazione in lingua araba di RMC Medio Oriente, nonché di Bruno Gigue e la concomitante promozione di personalità dal filosionismo esasperato.

La lista è lunga, si va da Bernard Kouchner (Quai d’Orsay), a Pierre Lellouche (Affaires européennes – Affari europei), a Dominique Strauss Kahn (Fondo Monetario Internazionale), ad Arno Klarsfeld (Matignon) e François Zimeray, ex vicepresidente degli studi politici del Consiglio Rappresentativo delle Istituzioni Ebraiche Francesi (Conseil Représentatif des Institutions Juives de France – CRIF), Ambasciatore per i Diritti Umani, passando per Christine Ockrent (polo audiovisivo estero), Philippe Val (France inter), fino all’ultima recluta Valérie Hoffenberg, direttrice per la Francia del Comitato Ebraico Americano (American Jewish Committee), rappresentante speciale della Francia nel processo di pace in Medio Oriente.

Curioso concetto di “equilibrio” nominare per tale missione il direttore di un’organizzazione coinvolta nel conflitto israelo-palestinese. È una curiosa ambizione per la Francia coinvolgere il rappresentante in Francia di un’organizzazione americana nelle discussioni con gli Stati Uniti e l’Unione Europea.

È ancora più curioso il fatto che l’organizzazione in questione, che si vanta di essere impegnata a fianco della potenza occupante, mentre Tel-Aviv continua ad occupare i Territori Palestinesi, si fa beffe dei più elementari diritti umani e pianifica la guerra contro chi rifiuta di piegarsi al suo dominio coloniale, sosterrà, a rigor di logica, l’Associazione di Solidarietà Franco-Palestinese (Association France Palestine Solidarité – AFPS), unica organizzazione francese ad aver protestato contro questa “inaccettabile parzialità”.

Una subdola censura sembra generalizzarsi in Francia per tutto ciò che riguarda la Palestina.

Così, solo nel 2022, il Rettorato dell’Università di Aix Marseille e il Municipio di Marsiglia, guidati dal socialista Benoît Payan, hanno vietato, nel dicembre 2022, lo svolgimento di una conferenza di Amnesty International sul tema: “Israele, uno Stato di Apartheid?”, così come il Vescovado di Versailles.

L’antisemitismo così come la giudeofobia devono essere combattuti con lo stesso vigore e determinazione della palestinofobia, la più recente patologia contemporanea delle democrazie occidentali.

La libertà di espressione, fondamento della democrazia, non può costituire una forma di antisemitismo. A meno che non ci si muova in un sistema totalitario, nessuno può sfuggire alle critiche.

Renè Naba è un giornalista-scrittore, ex capo dell’Arab Muslim World (Mondo Arabo Musulmano) al servizio diplomatico dell’AFP, poi consigliere del direttore generale di RMC Middle East, capo redattore, membro del gruppo consultivo dell’Istituto Scandinavo dei Diritti Umani e dell’Associazione di Amicizia Euro-Araba.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org