Usare la paura degli ebrei come arma, da Tel Aviv ad Amsterdam

La retorica sui “pogrom” e sulla “caccia agli ebrei” mira a oscurare la realtà generando un’isteria di massa, che può essere usata per promuovere un’agenda di estrema destra.

Fonte: English version

di Em Hilton, 15 novembre 2024

Immagine di copertina: Tifosi del Maccabi Tel Aviv nella sala arrivi dell’aeroporto Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, 8 novembre 2024. (Jonathan Shaul/Flash90)

“Domani, 86 anni fa, ci fu la Notte dei cristalli – un attacco contro gli ebrei per il solo fatto di essere ebrei, sul suolo europeo. Ora è tornata; l’abbiamo vista ieri per le strade di Amsterdam. C’è solo una differenza: nel frattempo è stato istituito lo Stato ebraico. Dobbiamo occuparcene”.

C’è molto da spiegare in questa dichiarazione del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu sui disordini e le violenze che hanno accompagnato la partita di calcio della scorsa settimana tra il Maccabi Tel Aviv e l’Ajax. Questi eventi sono iniziati prima della partita, con i tifosi del club israeliano che si sono riversati in giro per la città strappando le bandiere palestinesi dalle finestre degli appartamenti, attaccando un tassista e cantando: “Lasciate che l’IDF vinca e fottete gli arabi.” (al loro ritorno in Israele, sono stati anche filmati mentre cantavano: “Perché la scuola è chiusa a Gaza? Perché non ci sono più bambini”). Giovedì sera, dopo la fine della partita, è seguita una serie di attacchi contro i tifosi del Maccabi da parte di abitanti del luogo – alcuni dei quali indossavano bandiere palestinesi e gridavano slogan pro-Palestina – che hanno provocato 30 feriti e 5 ricoveri in ospedale.

Molti importanti media e leader mondiali hanno prontamente adottato la narrativa secondo cui i disordini sono stati un chiaro caso di violenza antisemita. Il presidente israeliano Isaac Herzog ha subito etichettato il fenomeno come “pogrom”. Geert Wilders, capo del Partito della Libertà di estrema destra, attualmente il partito più votato alla Camera dei Rappresentanti dei Paesi Bassi, l’ha descritta come una “caccia all’ebreo”. Il re olandese ha detto a Herzog: “Abbiamo deluso la comunità ebraica dei Paesi Bassi durante la Seconda Guerra Mondiale, e ieri sera abbiamo fallito di nuovo”.

I social media sono stati inondati dai parallelismi più grossolani che si possano immaginare – compresi i meme di Anna Frank che indossa una maglietta del Maccabi Tel Aviv – portando a nuovi livelli lo svilimento della memoria della persecuzione degli ebrei per mano dei nazisti e dei loro alleati. È ironico che questi eventi abbiano oscurato il vero anniversario della Notte dei cristalli, in un momento in cui le conseguenze della violenza razzista sostenuta dallo Stato sono così rilevanti.

Sulla scia del 7 ottobre, gli studiosi di antisemitismo, genocidio e storia ebraica hanno messo in guardia dai modi in cui episodi particolarmente traumatici della storia ebraica sono stati evocati per giustificare l’attacco di Israele a Gaza e per reprimere coloro che lo criticano. Come ha spiegato chiaramente lo studioso di antisemitismo Brendan McGeever, nonostante sia stato brutale e inquietante, l’incidente di Amsterdam non è stato un pogrom – il termine che indica un attacco a un gruppo oppresso con il sostegno delle autorità. La proliferazione di questo termine e di altri simili all’indomani delle violenze è servita solo a offuscare la realtà di quegli eventi creando un’isteria di massa.

Tifosi del Maccabi Tel Aviv nella sala arrivi dell’aeroporto Ben Gurion, vicino a Tel Aviv, 8 novembre 2024. (Jonathan Shaul/Flash90)

Si tratta, ovviamente, di una tattica comune nel copione dell’estrema destra: generare caos e paura per riaffermare la propria visione del mondo. In questo caso, la cancellazione della violenza razzista dei tifosi del Maccabi Tel Aviv, dovuta alla negligenza di gran parte dei media tradizionali, non ha fatto altro che accelerare il fenomeno. In un momento in cui il vero antisemitismo è in aumento e gli ebrei si sentono particolarmente minacciati in tutto il mondo, questa strumentalizzazione della paura degli ebrei è stata particolarmente irritante.

La domanda che dobbiamo porci sulla scia di questi eventi e del discorso che li circonda è: che tipo di politica serve? È certamente nell’interesse del governo israeliano inquadrare la violenza come motivata esclusivamente dal razzismo antiebraico, e quindi bloccare qualsiasi tentativo di collegarla alla guerra genocida a Gaza. I leader israeliani sono decisi a rafforzare il principio fondamentale sionista secondo cui Israele è l’unico posto sicuro per gli ebrei e che musulmani e arabi rappresentano una minaccia esistenziale per noi ovunque si trovino. Mantenere la paura significa tenerci in riga: altrimenti come potranno continuare a produrre consenso per la guerra?

Più a lungo continua l’assalto a Gaza, maggiore è la probabilità che l’ostilità verso gli israeliani all’estero continui a sfociare in violenza e che il riversarsi dell’ostilità anti-israeliana nell’antisemitismo diventi sempre più difficile da contenere. In effetti, lo abbiamo visto ad Amsterdam con persone che urlavano “kanker jood” (ebreo cancro) durante gli attacchi ai tifosi del Maccabi.

Questa è un’illustrazione chiara e terrificante di come Israele non riesce a essere ciò che ha sempre professato: la risposta alla questione della sicurezza ebraica. Quando dichiara continuamente di muovere guerra ai palestinesi in nome della sicurezza ebraica e riceve l’entusiastico sostegno di importanti organizzazioni ebraiche istituzionali in tutto il mondo, sembra inevitabile che si verifichi uno slittamento tra ostilità anti-israeliana e antisemitismo. Inoltre, il fallimento della comunità internazionale nel ritenere Israele responsabile ha solo esacerbato le teorie cospirative sul potere ebraico che distraggono dai meccanismi dell’imperialismo occidentale.

Ciò non rende accettabile la violenza contro gli ebrei in nome della rabbia contro Israele, tutt’altro. Ma per combatterla, dobbiamo riconoscere che le azioni di Israele stanno rendendo gli ebrei in tutto il mondo meno sicuri e cercare di mettere distanza tra gli ebrei della diaspora e le macchinazioni di uno stato-nazione completamente disinteressato alla nostra sicurezza.

Ancelle dell’estrema destra

Eppure il nocciolo della questione continua a essere trascurato. Non siamo nel 1938, siamo nel 2024. Ciò che è accaduto ad Amsterdam non è, per la maggior parte, una storia di antisemitismo, ma piuttosto di islamofobia e razzismo in rapida crescita in Europa. La dura verità è che, meno di un secolo dopo essere stati braccati e sterminati dai nazisti e dai loro alleati in tutta Europa, la presunta attenzione per gli ebrei ora funge da ancella per le ambizioni dell’estrema destra, che brandisce le nostre paure come un bastone contro Musulmani, arabi e migranti dal Sud del mondo.

Queste battaglie politiche regressive sono in piena mostra dal 7 ottobre, giustificate dalla narrazione – che i leader israeliani e le organizzazioni ebraiche di destra in tutto il mondo hanno incoraggiato – secondo cui il sostegno alla Palestina rappresenta una minaccia diretta alla sicurezza e al benessere degli ebrei. La risposta delle autorità olandesi agli eventi della scorsa settimana è stata allarmante a questo proposito: Wilders ha definito Amsterdam come “la Gaza d’Europa” e ha giurato di deportare “i marocchini che vogliono distruggere gli ebrei”. E non è il solo ad avere questa ambizione: il governo olandese nel suo insieme sta valutando la possibilità di privare della cittadinanza i cittadini con doppia cittadinanza condannati per “antisemitismo”.

Una bandiera palestinese è appesa a un edificio ad Amsterdam, Paesi Bassi, 20 giugno 2024. (Chaim Goldberg/FLASH90)

Tali mosse sono il risultato inevitabile della retorica estrema contro i critici di Israele che si è andata accumulando durante lo scorso anno. Dalla diffamazione delle proteste filo-palestinesi come “marce dell’odio” alla creazione di panico morale sulle “no-go zones” per gli ebrei, alla violenta attività di polizia e all’arresto di manifestanti pacifici, stiamo assistendo al collasso dell’antisionismo in una forma di terrorismo e anti-europeismo. “Combattere l’antisemitismo” è diventato sempre più sinonimo di sostenere il potere dello Stato, non da ultimo il suo potere di punire e sorvegliare altre minoranze.
Nell’ultimo anno sono stati numerosi i casi in cui il nazionalismo europeo è stato invocato per affiancare la lotta all’antisemitismo a un’agenda xenofoba e anti-immigrati. In Francia, ad esempio, la “Marcia contro l’antisemitismo e per la Repubblica” inaugurale è stata guidata dalla leader del National Rally Marine Le Pen, che è poi riuscita a spingere l’attuale governo francese ad approvare una legislazione draconiana anti-immigrazione che prende di mira specificamente le persone di colore. Un tempo perseguitati come nemici dello Stato, gli ebrei sono stati trasformati in una minoranza modello in nome della quale la Francia sta escludendo e attaccando le comunità musulmane.

Simili cambiamenti politici si sono verificati in Gran Bretagna, dove gli eventi dell’ultimo anno hanno dato vita a una nuova visione in cui il sostegno alla comunità ebraica è diventato un valore britannico tra l’élite politica, mentre il sostegno alla Palestina è considerato un’importazione straniera. Le leggi sull’immigrazione e sull’antiterrorismo sono state usate per colpire i sostenitori della Palestina; in un caso, un ex ministro del Partito Conservatore è intervenuto personalmente nel processo di revoca del visto di uno studente internazionale che aveva parlato a una protesta pro-Palestina. Ad agosto, leader dell’estrema destra come Tommy Robinson hanno galvanizzato le rivolte razziali in tutto il Regno Unito, citando la necessità di riprendersi le strade da “Hamas”.

In Germania, la polizia ha vietato e represso con estrema violenza le manifestazioni a favore della Palestina, anche controebrei tedeschi e israeliani che protestavano contro le azioni di Israele a Gaza. Solo due settimane fa, il Bundestag ha approvato una controversa risoluzione sull’antisemitismo, proposta per la prima volta sulla scia del 7 ottobre, che taglia i finanziamenti statali a qualsiasi organizzazione che inviti al boicottaggio di Israele. Un’altra legge approvata all’inizio dell’anno richiede ai nuovi cittadini tedeschi di riconoscere il “diritto all’esistenza” di Israele.

Da Netanyahu e Wilders a Robinson e Le Pen, è interesse dei leader dell’estrema destra di tutto il mondo arruolare gli ebrei come soldati semplici nella loro guerra contro coloro che più disprezzano. Mentre si adoperano sempre più per confondere la linea di demarcazione tra antisemitismo e antisionismo, noi dobbiamo opporci a questa confusione e allo stesso tempo schierarci con le comunità ebraiche contro la minaccia reale che l’antisemitismo incontrollato rappresenta.

Ma anche gli ebrei dovrebbero ricordare che l’estrema destra non è nostra alleata. Anche se non siamo gli attuali bersagli delle loro ire, l’antisemitismo ha sempre alimentato il nazionalismo bianco e la supremazia bianca. Permettere che le paure degli ebrei vengano usate come ariete contro altre minoranze non fa che aumentare la nostra insicurezza; dobbiamo cercare urgentemente nuove strade per la sicurezza degli ebrei in solidarietà con altre comunità emarginate piuttosto che in opposizione ad esse.

Gruppi ebraici di sinistra come Oy Vey Amsterdam, il Jewish Bloc di Londra, Jews for Racial and Economic Justice di New York e molti altri stanno portando avanti questo tipo di organizzazione, costruendo coalizioni solidali che possono fungere da ispirazione per altri. È sconcertante vedere che questi sforzi sono stati criticati dall’establishment comunitario ebraico.

Inoltre, dobbiamo affrontare il fatto che, di fronte a oltre 400 giorni di genocidio, distruzione e morte per mano dell’esercito israeliano a Gaza, il sostegno a Israele in Europa serve in ultima analisi a sostenere un progetto politico di estrema destra in patria. Non dobbiamo permettere che la storia dei disordini di Amsterdam venga raccontata in modo da rafforzare l’islamofobia di lunga data dell’estrema destra e l’escalation del progetto anti-migranti.

Em Hilton è una scrittrice e attivista ebrea che vive a Londra. È direttrice politica e per il Regno Unito presso Diaspora Alliance, co-fondatrice di Na’amod: British Jews Against Occupation e fa parte del comitato direttivo del Center for Jewish Non-Violence.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org