I ricercatori che documentano la violenza contro le donne palestinesi affermano come così tante sono state aggredite dai soldati israeliani dal 7 ottobre, che il silenzio che un tempo accompagnava le aggressioni è stato infranto.
Di Dania Akkad- 3 dicembre 2024
Le donne palestinesi sono state aggredite sessualmente dai soldati israeliani negli ultimi 75 anni, ma i ricercatori affermano che stanno solo iniziando a parlare delle loro esperienze poiché gli episodi sono aumentati dopo gli attacchi del 7 ottobre.
I casi sono così simili, nonostante si siano verificati in luoghi diversi e abbiano coinvolto diversi rami dell’esercito e della polizia israeliani, che coloro che li documentano sospettano che sia stata impartita una direttiva.
“Si sente che queste donne vengono aggredite sessualmente, perquisite e picchiate sui genitali in Cisgiordania, a Gerusalemme e a Gaza, molestate da diversi organi del sistema israeliano ma anche aggredite sessualmente nello stesso modo”, ha detto Kefaya Khraim.
Non è sempre stato così, non avevamo mai sentito così tante testimonianze prima, hanno detto Khraim e la sua collega, Amal Abusrour, che lavorano entrambe al Centro di Consulenza Legale e Assistenza per le Donne (Women’s Centre for Legal Aid and Counselling – WCLAC) di Ramallah, durante una recente visita a Londra.
Per decenni, molte donne palestinesi hanno tenuto per sé la violenza sessuale subita per mano dei soldati israeliani, senza nemmeno condividerla con i loro amici più cari o familiari.
Questo è avvenuto in parte per vergogna o paura di essere disonorate. A volte è stato per la mancanza di riconoscimento che ciò che era accaduto era un’aggressione sessuale.
Ma anche, ha detto Khraim, perché le donne palestinesi hanno “aspettative davvero basse dai soldati israeliani”.
Khraim ha detto che una donna la cui casa è stata invasa dai soldati israeliani che l’hanno costretta a spogliarsi nuda le ha detto: “Oh, la soldatessa è stata così gentile con me. Mi ha lasciata spogliare con la porta chiusa”.
“Quindi questo è il tipo di aspettativa. Si aspettano così tanta umiliazione e così tanta violenza, quindi quando succede qualcosa del genere, non ne parlano”.
Ma il numero di donne che hanno subito violenza sessuale dopo gli attacchi del 7 ottobre ha creato un punto di svolta.
In un rapporto pubblicato a giugno, la Commissione d’Inchiesta delle Nazioni Unite sui Territori Palestinesi Occupati ha fornito dettagli sui tipi di aggressioni che ha scoperto essere state commesse dai soldati israeliani contro le donne palestinesi dopo gli attacchi guidati da Hamas, tra cui nudità pubblica forzata e spogliarelli, torture e abusi sessuali, e umiliazioni e molestie sessuali.
Inoltre, la commissione ha affermato di aver scoperto che la violenza sessuale “è stata perpetrata in tutto il Territorio Palestinese Occupato”.
Khraim ha detto: “Sta succedendo continuamente. Sta succedendo a ogni donna.”
I parlamentari britannici sono pronti a discutere la questione in un dibattito incentrato sulla violenza sessuale e di genere contro i palestinesi.
La parlamentare Laburista Abtisam Mohamed ha affermato di aver ottenuto il dibattito dopo aver ascoltato le strazianti testimonianze che Khraim e Abusrour hanno rilasciato ai parlamentari questo ottobre.
“La violenza sessuale e di genere è stata ampiamente trascurata nei resoconti del conflitto dal 7 ottobre 2023. Volevo organizzare il dibattito per sensibilizzare e garantire che ci fosse giustizia e responsabilità per i crimini commessi”, ha detto Mohamed.
“Il Diritto Penale Internazionale deve essere sostenuto senza paura o parzialità e deve esserci coerenza nella sua applicazione. Nessuno Stato, gruppo o individuo è al di sopra della legge”.
Eva Tabbasam, direttrice di Azione di Genere per la Pace e la Sicurezza (Gender Action for Peace and Security), la rete della società civile britannica Donne, Pace e Sicurezza (Women, Peace and Security) di cui WCLAC è collaboratore, ha affermato che le segnalazioni di violenza sessuale per mano di soldati israeliani sono orribili, ma non nuove e “stanno aumentando a un ritmo allarmante”.
“Un’indagine indipendente e imparziale su tutte le segnalazioni di violenza sessuale in Palestina è fondamentale. Tutte le sopravvissute meritano la dignità della giustizia e della responsabilità”, ha affermato Tabbasam.
“Ciò richiede che tutti gli Stati, in particolare il Regno Unito in quanto detentore della penna di Donne, Pace e Sicurezza e leader nella prevenzione della violenza sessuale nei conflitti, sostengano con fermezza il Diritto Internazionale e la sua coerente applicazione, e garantiscano la responsabilità”.
“Modelli di violazioni”
Dagli attacchi del 7 ottobre, Israele ha “seguito modelli sistematici di violazioni, prendendo di mira i palestinesi in generale e le donne in particolare”, ha affermato Abusrour.
“Israele comprende perfettamente la cultura esistente e la sensibilità nel prendere di mira e violare i diritti delle donne e persino denudarle. Israele ha utilizzato questo approccio per imporre uno stigma sociale sulla società palestinese e sulle donne palestinesi in particolare”.
Solo in Cisgiordania, più di 200 donne palestinesi, tra cui difenditrici dei diritti umani e giornaliste, sono state arrestate e detenute dopo gli attacchi del 7 ottobre.
Una delle donne, la giornalista palestinese Lama Khater, ha reso pubblica la sua liberazione, raccontando del duro trattamento e delle condizioni che ha sopportato, e di essere stata perquisita e minacciata di stupro.
“È stata una delle donne più coraggiose che si è fatta avanti e ha parlato della sua esperienza”, ha affermato Khraim. “Ne ha parlato pubblicamente aprendo la strada ad altre donne”.
Almeno 20 delle donne detenute in Cisgiordania hanno condiviso i loro racconti con WCLAC. Tutte hanno detto di essere state perquisite più volte al giorno l’una di fronte all’altra e picchiate sui genitali.
A Gerusalemme, Khraim e Abusrour hanno sentito un racconto simile da Selma, uno pseudonimo che usano per proteggere la sua identità. La venticinquenne si stava dirigendo al suo lavoro in un asilo nido a Gerusalemme quando è stata fermata da un soldato israeliano a Bab al-Zahra, una delle porte che conducono alla Città Vecchia.
Il soldato voleva sapere perché indossasse il verde. “Non sono affari tuoi”, ha risposto Selma.
“Per questo, è stata portata in una stazione di polizia per quattro ore, denudata e picchiata ripetutamente sui genitali mentre le telecamere registravano”, ha detto Khraim.
“Stiamo parlando di aggressioni sessuali di massa in corso. Stiamo parlando di donne più coraggiose ora che vedono che sta succedendo a tutte”, ha detto Khraim.
“Si sentono in un certo senso rafforzate perché ora sono tante”.
Pericoli del parlare apertamente
Ma non sono solo organizzazioni come la loro a documentare questi casi, ha detto Abusrour.
“I soldati israeliani in realtà diffondono video, filmati sui social media, su TikTok, dicendo con orgoglio di aver aggredito sessualmente donne palestinesi o di averle derubate”, ha detto.
Al contrario, le donne palestinesi che sono pronte a condividere le loro storie potrebbero avere difficoltà a farsi sentire.
A luglio 2023, ad esempio, B’Tselem ha documentato un episodio in cui i soldati israeliani hanno fatto irruzione in un’abitazione a Hebron e, sotto la minaccia di cani di grossa taglia e armi da fuoco, hanno costretto cinque donne, tra cui una diciassettenne, a spogliarsi completamente di fronte ai loro familiari e ai soldati.
Quando l’accaduto è stato riportato dai media, è diventato virale perché le discussioni pubbliche sulle aggressioni sessuali sono molto rare.
I rappresentanti di gruppi per i diritti umani stavano discutendo del caso su una stazione radio pubblica quando un capo clan locale è intervenuto e li ha attaccati per aver attirato l’attenzione su quanto era accaduto.
“Dal suo punto di vista, ripetere e denunciare quell’evento è stato molto difficile per la famiglia e avrebbe mortificato quelle donne”, ha affermato Abusrour.
“Questo dimostra quanto stigma sociale sia associata alla violenza sessuale. E dimostra anche che la violenza sessuale contro le donne palestinesi non è iniziata il 7 ottobre. È iniziata molto prima”.
Oltre allo stigma sociale, le donne palestinesi che sono state aggredite sessualmente hanno raccontato a WCLAC di aver dovuto affrontare ulteriori minacce da parte dei soldati israeliani in seguito a quanto accaduto loro.
Ci sono due capitani, in particolare, che sono noti per intimidire le donne. “Continuano a chiamare queste donne al telefono regolarmente, chiedendo loro di non parlare con i media e di non raccontare delle loro storie”, ha detto Khraim.
Una donna di nome Khulood ha raccontato a WCLAC di essere stata rapita con il marito dal campo profughi di Balata nella città di Nablus in Cisgiordania e di essere stata aggredita sessualmente di fronte a lui nel tentativo di costringerla a parlare.
“Khulood è andata dai media e ha parlato della sua esperienza, omettendo l’aggressione sessuale che ha dovuto affrontare”, ha detto Khraim. In seguito, uno dei capitani l’ha chiamata.
Khulood ha detto di essere stata minacciata: “Se parli ancora con i media, ti veniamo a riprendere di nuovo”.
Lasciare la scuola, sposarsi presto
L’impatto delle violenze sessuali sulle donne palestinesi va ben oltre gli atti in sé e dell’immediato per le loro vittime.
La semplice possibilità di essere aggredite sessualmente a un posto di blocco significa che per molte donne e ragazze palestinesi, andare a scuola, al lavoro o a casa, qualcosa di vietato a tutti i palestinesi che vivono sotto l’Occupazione, comporta un ulteriore livello di rischio e onere.
Una donna, il cui caso è stato documentato da WCLAC, è stata perquisita da un soldato israeliano a un posto di blocco quando si è spostato in uno spazio particolare, lontano da una telecamera di sorveglianza accecante.
Ha tirato fuori il pene e le ha detto di guardarlo e toccarlo, ha riferito la donna.
Khraim e Abusrour hanno documentato altri casi di donne che hanno riferito di essere state perquisite e denudate ai posti di blocco, esposte al pubblico e di essere state fotografate nude.
Ma anche per le donne e le ragazze che non sono state aggredite, il rischio di tali violenze ha delle conseguenze.
Nella parte meridionale di Hebron, Abusrour ha detto che WCLAC ha visto casi di ragazze che hanno abbandonato la scuola e le famiglie e fatte sposare in giovane età.
“La ragione principale dietro questo non è che le famiglie pensano che le ragazze debbano sposarsi in giovane età, ma è per paura perché quelle famiglie vogliono davvero una vita migliore per le loro figlie e vogliono che le loro figlie vivano in un posto migliore”, ha detto Abusrour.
“Abbiamo incontrato quelle ragazze e famiglie e abbiamo capito che quelle ragazze tendono a smettere di andare a scuola nel periodo del ciclo mestruale semplicemente perché, ai posti di blocco, vengono perquisite dai soldati maschi”.
Nella stessa zona di Hebron, Abusrour ha detto di aver incontrato donne incinte che “hanno riferito che la gravidanza è una specie di incubo”.
“Invece di essere nove mesi di gioia, aspettando il loro bambino, è un incubo, semplicemente perché non sanno se quando saranno in travaglio avranno a disposizione un’ambulanza per arrivare in ospedale”, ha detto.
Molte vanno ad abitare con parenti fuori dalla zona per assicurarsi di poter arrivare in ospedale in tempo.
“È una specie di approccio sistematico da parte dell’esercito israeliano e dei coloni che vivono nel Sud di Hebron per espellere i palestinesi da quella particolare area e intimidirli usando le donne e i corpi delle donne per aumentare le pratiche vergognose in queste comunità”, ha detto Abusrour.
“La nostra responsabilità”
Dato ciò che hanno documentato e ciò che sanno essere possibile, ho chiesto a Khraim e Abusrour se hanno mai paura per la loro sicurezza mentre svolgono la loro attività.
“Per me, mi ha permesso di canalizzare la mia rabbia per ciò che sta accadendo, per sentire che almeno sto documentando e scrivendo questo”, ha detto Khraim.
“Sapevamo che questo accadeva da prima. Siamo stati tutti sottoposti a violenza. Le nostre case sono state invase. Siamo stati attaccati dai coloni. Non è niente di nuovo”.
Ha aggiunto: “Lavorare con donne come queste e dare loro una piattaforma per raccontare le loro storie e il loro vissuto le fa sentire in un certo senso incoraggiate, gli fa sentire che le loro storie non passeranno inosservate”.
Abusrour ha detto di sentirsi privilegiata non solo perché sa come proteggersi, ma anche come supportare altre donne e condividere le loro testimonianze per raccontare ciò che è successo loro.
“Sono orgogliosa di ciò che sto facendo ma, allo stesso tempo, mi sento ansiosa. Come difenditrice dei diritti umani, non sono al sicuro a tornare a casa”, ha detto, alludendo al suo viaggio di ritorno a Ramallah da Londra.
“Non sono al sicuro ad andare da un posto all’altro. Non sono al sicuro in ufficio perché siamo sotto esame come organizzazione per i diritti umani e siamo sotto sorveglianza da parte dell’esercito israeliano”.
Non possono mai sapere quando il loro ufficio verrà invaso o se la WCLAC potrebbe essere designata come organizzazione terroristica, come ha fatto il Ministero della Difesa israeliano con sei ONG palestinesi nel 2021.
“Tuttavia, sentiamo di avere il dovere di condividere la responsabilità con altre organizzazioni per i diritti umani, con altre organizzazioni per i diritti delle donne per porre fine a queste atrocità”, ha affermato.
“È nostra responsabilità come donne, come difenditrici dei diritti umani e come femministe”.
Dania Akkad è una redattrice senior di investigazioni, specializzata su questioni che riguardano le donne, i diritti umani, l’energia e la tecnologia. Nel 2022, ha vinto il Premio Migliore Opera (Best Feature) per il suo reportage sulle leggi di tutela del Qatar e sulla difficile situazione delle donne nell’emirato al concorso di saggi per porre fine alla violenza contro le donne Write To End Violence Against Women Awards.
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org