Con la distruzione senza precedenti a Gaza, l’Autorità Nazionale Palestinese vede un’opportunità per posizionarsi come centrale per il futuro della Striscia, dando ancora una volta priorità alla sua sopravvivenza rispetto alla liberazione del popolo palestinese.
Fonte: English version
Di Bana Abu Zuluf e Ameed Faleh – 16 dicembre 2024Immagine di copertina: Il Presidente palestinese Mahmoud Abbas presiede un incontro della dirigenza palestinese nella città di Ramallah in Cisgiordania, il 18 febbraio 2024. (Foto: Thaer Ganaim/APA Images)
Le famose parole di Antonio Gramsci: “Il vecchio mondo sta morendo, il nuovo mondo sta lottando per nascere; ora è il momento dei mostri”, colgono il triste stato della politica palestinese odierna. Tra i palestinesi, uno dei “mostri” più evidenti è l’Autorità Nazionale Palestinese (ANP).
La legittimità dell’ANP si è costantemente erosa, in particolare sotto la guida di Mahmoud Abbas, che si è aggrappato al potere da quando il suo mandato presidenziale è scaduto nel 2009. Un tempo descritto come un organo amministrativo provvisorio, l’ANP ora funziona principalmente come un delegato dell’Occupazione Israeliana, dando priorità alla sua sopravvivenza rispetto alla liberazione del popolo palestinese.
Il suo ruolo in Cisgiordania è diventato di contenimento e repressione, un tradimento che alimenta una rabbia diffusa tra i palestinesi. Ora, con la distruzione senza precedenti a Gaza, l’ANP vede un’opportunità per posizionarsi come centrale per il futuro governo della Striscia, ma questa più che una strategia per l’unità e un disperato tentativo di riemergere.
Il decadimento dell’ANP
L’erosione della legittimità dell’ANP è stata un processo lento ma costante. In un sondaggio del 2023 del Centro Palestinese di Statistica Politica, il 62% dei palestinesi ha definito l’ANP un peso, mentre il 68% ha affermato che gli Accordi di Oslo hanno danneggiato gli interessi nazionali palestinesi. La corruzione è dilagante, con i funzionari dell’ANP che si arricchiscono mentre i palestinesi comuni soffrono. Gran parte del suo bilancio, finanziato da donatori internazionali, sostiene una burocrazia gigantesca e forze di sicurezza invece di rispondere alle esigenze della popolazione.
È questo riconoscimento internazionale della Palestina da parte di Paesi come Irlanda, Norvegia e Spagna che conferisce all’ANP una parvenza di legittimità nel quadro della Soluzione dei Due Stati. Ma questo riconoscimento suona vuoto per molti palestinesi, che vedono la dipendenza dell’ANP dai finanziamenti dei donatori come prova della sua priorità per gli interessi stranieri.
Il cosiddetto “coordinamento della sicurezza” dell’ANP con Israele esemplifica questa dipendenza. Presentato come una misura per garantire la stabilità, ha funzionato come un meccanismo per reprimere la Resistenza Palestinese. Prende di mira i dissidenti e smantella le reti popolari, portando molti a vedere l’ANP non come un rappresentante delle aspirazioni palestinesi, ma come un collaboratore nel mantenimento dell’Occupazione.
La Cisgiordania offre un quadro chiaro della complicità dell’ANP. Le sue forze di sicurezza reprimono regolarmente le proteste, detengono gli attivisti e mettono a tacere il dissenso, spesso in modo violento. Durante il Genocidio in corso a Gaza da parte di Israele, la repressione dell’ANP è ulteriormente aumentata. Secondo il Comitato per i Prigionieri Politici, l’ANP aveva ucciso cinque palestinesi e ne aveva arrestati decine di altri durante il 2023. Proprio la scorsa settimana, l’ANP ha lanciato una campagna di sicurezza per sradicare le forze di Resistenza a Jenin. Soprannominata “La protezione della Patria”, la campagna mira a “ripristinare l’ordine nel campo dal controllo dei fuorilegge che hanno sconvolto la vita quotidiana dei cittadini e li hanno privati del loro diritto di accedere ai servizi pubblici liberamente e in sicurezza”. Allo stesso modo, nel 2008, l’ANP ha messo in atto una campagna di controinsurrezione a Jenin intitolata “Sorriso e Speranza” per neutralizzare la Resistenza sotto le mentite spoglie della legge e dell’ordine.
Queste azioni sono giustificate dall’ANP come misure per mantenere “la legge e l’ordine”, ma in realtà hanno rafforzato il controllo di Israele sulla Cisgiordania. Invece di sostenere la più ampia lotta palestinese, l’ANP ha consolidato l’Occupazione.
La manovra di Gaza
La condotta dell’ANP a Gaza segue una lunga storia di opportunismo politico. Dal 2007, quando Hamas ha preso il controllo della Striscia, l’ANP ha trattato Gaza con disprezzo, tagliando gli stipendi, negando servizi essenziali e imponendo misure punitive che hanno causato miseria e impoverimento. Ora, in seguito all’attacco israeliano, l’ANP sta cogliendo l’occasione per reinserirsi al governo di Gaza.
La strategia non è nuova. Dopo la Seconda Intifada, l’ANP ha capitalizzato il sostegno internazionale alla ricostruzione introducendo riforme di governo guidate dai donatori e posizionandosi come una forza stabilizzatrice. Personaggi come Salam Fayyad, elogiati come tecnocrati, sono stati promossi per soddisfare le richieste internazionali di “buon governo”. Tuttavia, questi sforzi hanno fatto poco per affrontare le cause sottostanti alla sofferenza palestinese: Apartheid, Colonizzazione e Sudditanza.
Un copione simile si sta svolgendo oggi, con la nomina di Mohammad Mustafa a Primo Ministro. Mentre l’ANP decanta le credenziali tecnocratiche di Mustafa come un passo verso la rivitalizzazione, tali manovre mirano principalmente a rassicurare gli interlocutori internazionali che l’ANP rimane un alleato valido per la ricostruzione e la lotta contro le insurrezioni.
Le ambizioni dell’ANP a Gaza sono complicate da attori rivali. Hamas rimane una forza significativa, nonostante la devastazione nella Striscia. Considera le aperture dell’ANP come un tentativo velato di riprendere il controllo sotto le mentite spoglie della ricostruzione.
Ad aggiungere complessità c’è Mohammad Dahlan, un ex uomo forte di Fatah sostenuto dagli Emirati Arabi Uniti, che si è posizionato come un contendente per l’influenza a Gaza. Il riavvicinamento di Dahlan con Hamas nel 2017 gli ha permesso di incanalare gli aiuti degli Emirati a Gaza, aumentando la sua popolarità. Di recente, si è posizionato come un’alternativa sia ad Abbas che ad Hamas, contrassegnando il futuro di Gaza sotto il mantra di “No Abbas, No Hamas”. Il sostegno degli Emirati Arabi Uniti a Dahlan e la sua capacità di mobilitare risorse rappresentano una minaccia per i piani dell’ANP per Gaza, mentre Hamas continua a resistere a entrambe le forze.
Il Comitato di Sostegno alla Comunità
Di fronte a queste sfide, l’ANP si è rivolta a un nuovo meccanismo: la creazione di un Comitato di Sostegno alla Comunità. Questo Comitato, formato in accordo con Hamas per stabilire il “capitale politico” necessario per un cessate il fuoco a Gaza, ha il compito di amministrare gli affari quotidiani di Gaza (salute, istruzione, infrastrutture, ricostruzione, distribuzione degli aiuti e attraversamenti delle frontiere) fino a quando non si concorderanno elezioni o un quadro di governo.
Questa mossa riflette il tentativo dell’ANP di affermarsi come un attore indispensabile nella ricostruzione di Gaza. Tuttavia, restano irrisolte questioni chiave, in particolare per quanto riguarda il ruolo delle forze di sicurezza di Gaza e delle fazioni della Resistenza. Queste omissioni suggeriscono che l’ANP sta tastando il terreno, con tre potenziali scenari in gioco:
Supervisione della sicurezza regionale: l’ANP potrebbe mirare a stabilire una forza di sicurezza regionale guidata dagli Emirati Arabi Uniti, come proposto da Israele, mentre esclude Hamas attraverso accordi nascosti. Una mossa del genere potrebbe alludere a un riavvicinamento tra Abbas e Dahlan.
Monopolio del regime di aiuti e ricostruzione: monopolizzando gli aiuti e la ricostruzione, l’ANP potrebbe cercare di indebolire sia Dahlan che Hamas, presentandosi come una controparte indispensabile per i donatori internazionali. Tuttavia, è improbabile che le fazioni della Resistenza di Gaza e l’opinione pubblica tollerino un contingente di sicurezza controllato dall’ANP.
Gara per l’influenza politica: il Comitato potrebbe fornire all’ANP una spinta molto necessaria in termini di rilevanza politica. Collaborando con Hamas su questa base limitata, l’ANP potrebbe sperare di sedare il dissenso interno e presentarsi come una forza stabilizzatrice nella ricostruzione di Gaza.
Mentre questi scenari riflettono il disperato tentativo dell’ANP di sopravvivere, la sua ricerca di legittimità tra i palestinesi rimane discutibile.
Cosa succederà dopo?
Il “Tempo dei Mostri” di Gramsci è una metafora appropriata per il ruolo attuale dell’ANP. È una creatura dell’era degli Accordi di Oslo, sostenuta dalle stesse forze che perpetuano la sofferenza palestinese. La sua dipendenza da attori esterni, dalle nazioni donatrici al riconoscimento internazionale, ne garantisce la sopravvivenza anche se aliena il popolo palestinese agendo come rappresentante degli interessi di sicurezza israeliani.
La posta in gioco per l’ANP è stata meglio articolata da un funzionario dell’Autorità Nazionale Palestinese all’inizio dell’aggressione contro Gaza, che ha affermato: “Questa volta, Israele deve distruggere Hamas, altrimenti l’ANP è finita”. È attraverso questa logica di eliminazione di Hamas, mantenendo a galla il fragile status quo in Cisgiordania attraverso la coercizione e il coordinamento con Israele, che l’Autorità Nazionale Palestinese sta negoziando i termini dello “scacchiere di Gaza”. Il tentativo di mettere da parte sia Hamas che Dahlan, mentre si cerca di ottenere una vacillante legittimità internazionale, è stata la ragion d’essere dell’ANP sulla scia del 7 ottobre. Il Genocidio di Israele, in quanto tale, rafforza la posizione negoziale dell’ANP nei suoi negoziati con Hamas attraverso la distruzione di quartieri, l’assassinio delle forze di sicurezza di Gaza e la decimazione della dirigenza politica e militare della Resistenza.
Hamas, da parte sua, mira ad avere voce in capitolo nel dopo guerra, pur riconoscendo che qualsiasi accordo post-cessate il fuoco sarà diverso dalle precedenti aggressioni a Gaza. Per Hamas, la riduzione del danno sia alla popolazione di Gaza che all’autonomia della Resistenza rimane una questione centrale a cui non può rinunciare.
Gli sviluppi recenti sottolineano questa dinamica. La nomina di Rouhi Fattouh da parte di Abbas come presidente provvisorio in caso di sua dipartita segnala l’attenzione dell’ANP sul mantenimento della sua struttura piuttosto che sull’affrontare la sua crisi di legittimità. Questa continuità può rassicurare i donatori internazionali, ma fa poco per ispirare fiducia tra i palestinesi.
Mentre il futuro di Gaza è in bilico, lo è anche la traiettoria più ampia della politica palestinese. I tentativi dell’ANP di affermarsi a Gaza difficilmente ricostruiranno la fiducia o affronteranno le cause profonde della lotta palestinese. Al contrario, rischiano di approfondire le divisioni e perpetuare un sistema che dà priorità al potere rispetto alla liberazione.
Il Tempo dei Mostri non può durare per sempre. Ma se l’eventuale crollo dell’ANP aprirà la strada a una Resistenza unita o a nuove sfide rimane incerto. Ciò che è chiaro è che il popolo palestinese desidera ardentemente una dirigenza che rifletta veramente le sue aspirazioni di libertà e giustizia, una dirigenza che difficilmente emergerà dalle stanze dell’ANP a Ramallah.
Bana Abu Zuluf è un ricercatore dottorando in Diritto Internazionale presso l’Università di Maynooth, Irlanda e membro del Good Shepherd Collective (Collettivo del Buon Pastore).
Ameed Faleh è uno studente palestinese presso l’Università di Al-Quds e membro del Good Shepherd Collective (Collettivo del Buon Pastore).
Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org
RispondiInoltra
Aggiungi reazione