La popolazione di Gaza merita giustizia, non pulizia etnica

“Qualsiasi proposta di spostare i palestinesi al di fuori della Palestina storica non fa che aggravare il peccato originale della pulizia etnica del 1948.”

Fonte: English Version

di Jamal Kanj,  28 gennaio 2025

Immagine di copertina: Migliaia di sostenitori filo-palestinesi marciano, un uomo regge un cartello fatto a mano con la scritta “75 anni di pulizia etnica e apartheid”, a Los Angeles, CA, sabato 14 ottobre 2023 [Jay L. Clendenin/Los Angeles Times via Getty Images].

Quasi otto anni fa, Donald Trump e il suo genero sionista Jared Kushner hanno presentato il cosiddetto “accordo del secolo”. I palestinesi lo descrissero giustamente come il “furto del secolo”. La cosiddetta proposta di pace mirava a normalizzare le colonie illegali per i soli ebrei in Cisgiordania e a negare ai palestinesi le loro aspirazioni a uno Stato indipendente. Quattro anni dopo, l’unico “affare del secolo” si è rivelato essere l’investimento di 2 miliardi di dollari che Kushner ha ottenuto dall’Arabia Saudita per il suo nuovo fondo.

Ora, Trump propone il trasferimento dei palestinesi da Gaza, esortando i regimi arabi a “costruire abitazioni in un altro luogo dove possano vivere in pace, tanto per cambiare”. Ha ventilato l’idea di trasferire circa 1,5 milioni di persone, una cifra sorprendentemente simile al numero di rifugiati della Nakba del 1948 che ora vivono a Gaza.

Sono d’accordo con Trump sul fatto di “vivere in pace, tanto per cambiare”, ma facciamo un passo in più con il suo piano. Invece di trasferire 1,5 milioni di palestinesi in un altro luogo, dovremmo ricollocare 1,6 milioni di loro nelle loro case originarie da cui sono stati epurati etnicamente nel 1948; non in Egitto, non in Giordania, ma nelle loro case in quello che oggi si chiama Israele.

Trump si sta rivolgendo ad Abdel Fattah Al-Sisi in Egitto e a Re Abdullah in Giordania, ma dovrebbe parlare con Benjamin Netanyahu. Piuttosto che guardare a est e a ovest di Gaza, dovrebbe guardare allo Stato di occupazione per fornire una riparazione e chiedere a Netanyahu di facilitare il ritorno dei palestinesi nei loro villaggi e città originari, come previsto dalla Risoluzione 194 delle Nazioni Unite.

“Qualsiasi proposta di spostare i palestinesi al di fuori della Palestina storica non fa che aggravare il peccato originale della pulizia etnica del 1948.”

L’essenza del mal definito Accordo del Secolo e l’attuale proposta di “…ripulire tutto” a Gaza derivano dalla stessa radicata disumanizzazione sionista dei palestinesi. La proposta di Trump di spostare la popolazione palestinese non è altro che una riproposizione del programma razzista del partito israeliano Likud per mantenere uno stato di apartheid ebraico dal fiume al mare. Questa idea è una grottesca inversione della giustizia, in cui gli oppressi vengono ulteriormente puniti per la loro condizione di vittime, mentre l’oppressore viene favorito e ricompensato.

L’immediata cruda risposta alla proposta razzista di Trump è arrivata dalle centinaia di migliaia di palestinesi che, nonostante le immense difficoltà, hanno atteso al freddo di tornare alle loro case nel nord di Gaza, la maggior parte delle quali sono state ridotte in macerie da Israele. La loro resilienza e determinazione servono come un potente rimprovero a qualsiasi piano di sradicarli dalla loro terra.

Questa incrollabile determinazione sottolinea il legame indissolubile tra il popolo palestinese e la sua patria, un legame che resiste anche di fronte a immense sofferenze e distruzioni. Per queste persone, le loro case – per quanto devastate – rappresentano molto più che strutture fisiche; incarnano l’identità, la storia e un profondo legame con la terra.

La presuntuosa proposta di Trump è una continuazione dell’eredità delle politiche sistemiche di apartheid israeliane che danno priorità all’espansione di colonie illegali riservate solo agli ebrei su terra palestinese. Riflette un’aperta mancanza di riguardo per i diritti dei palestinesi e perpetua l’oppressione e l’espropriazione sotto le mentite spoglie di una falsa compassione. Non sorprende che i primi due individui ad accogliere con favore le proposte di Trump siano stati i ministri israeliani di estrema destra e razzisti Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir.

Come loro, Trump vede l’esistenza stessa dei palestinesi come un ostacolo alla pace. Questa mentalità riecheggia l’ideologia dei nazisti, che vedevano la presenza di ebrei europei come un problema, un’ideologia che alla fine fallì nonostante gli orrori dell’Olocausto. Allo stesso modo, i tentativi di Israele di ripulire etnicamente Gaza sono falliti, anche dopo aver sottoposto Gaza a più esplosivi di quelli lanciati su Dresda, Amburgo e Londra messe insieme durante la seconda guerra mondiale.

Incolpare le vittime serve solo a distogliere l’attenzione e ad assolvere l’aggressore dalla responsabilità per le ingiustizie strutturali e le violazioni dei diritti umani che infligge. Una prospettiva così distorta consente a Israele di persistere con le sue politiche malevole, evitando al contempo un controllo e una responsabilità internazionali significativi.

“I palestinesi di Gaza, che stanno subendo un assedio economico tra i più disumani della Terra, si oppongono da tempo allo sfollamento.”

Dopo 15 mesi di guerra genocida, durante i quali il 66 percento delle case è stato distrutto e più del 10 percento della popolazione è stato ucciso o ferito, la loro resilienza rimane intatta. Il nuovo “approccio soft” per sradicare i palestinesi dalla loro terra riecheggia la Nakba del 1948, quando centinaia di migliaia di palestinesi furono “temporaneamente” sfollati per fare spazio agli ebrei europei fuggiti dalle atrocità naziste.

Se c’è una logica nell’idea di ricollocazione, dovrebbe iniziare con leader israeliani come Netanyahu, Smotrich e Ben Gvir, i cui antenati vivevano in luoghi come Polonia, Ucraina e Iraq, e che potrebbero prendere in considerazione l’idea di tornare nelle loro terre ancestrali piuttosto che chiedere lo sfollamento dei palestinesi indigeni dalle loro case.

Qualsiasi proposta di sfollamento dei palestinesi – sia essa palese o mascherata – è una grave violazione della Quarta Convenzione di Ginevra, consentendo e rafforzando le politiche di estrema destra di Israele che minano la statualità palestinese e il diritto all’autodeterminazione. Queste azioni non sono solo moralmente riprovevoli, ma costituiscono anche un pericoloso precedente per legittimare la pulizia etnica sotto le spoglie del pragmatismo politico.

Nonostante ciò, la proposta di Trump non è una sorpresa, dato che molti membri della sua amministrazione sono apertamente allineati con l’agenda di destra di Israele. In effetti, alcuni di loro sembrano sostenere e dare priorità agli interessi sionisti con ancora più fervore della cosiddetta agenda “America First”.

Come l’Affare del Secolo, qualsiasi proposta che perpetui l’ingiustizia non può portare la pace; alimenta solo cicli di odio e getta i semi di un conflitto senza fine. Il piano di Trump non è solo immorale, ma anche emblematico di un più ampio modello di razzismo, disumanizzazione ed espropriazione anti-palestinese. La popolazione di Gaza merita giustizia, non ulteriori umiliazioni; dignità, non pulizia etnica.

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org