Hamas fu fondata per perseguire la Resistenza armata contro l’Occupazione, ma in pratica il confronto violento era sempre in tensione con il calcolo politico.
Fonte: English version
Tom Stevenson – febbraio 2025
Immagine di copertina: Sheikh Ahmed Yassin, photo: CTK
HAMAS: LE ORIGINI
La storia di Hamas è incomprensibile senza fare riferimento alla straordinaria vita del suo fondatore, Ahmed Yassin. Nacque nel 1936, l’anno della Grande Rivolta contro gli inglesi, e la sua vita seguì un percorso che per molti versi rifletteva quello della Palestina stessa. Nel 1948 il suo villaggio natale, vicino ad Ashkelon, fu ripulito etnicamente dalle forze israeliane e la sua famiglia fu costretta a trasferirsi a Gaza, dove rimase paralizzato in un incidente ancora bambino. Divenne un ecclesiastico ribelle e un carismatico predicatore di liberazione nazionale. Quando non teneva sermoni alla Moschea di al-Abbas a Gaza, Yassin dirigeva un’organizzazione religiosa civica per fornire servizi sociali che l’Occupazione Israeliana trascurava o distruggeva. Ma la vita sotto l’Occupazione lo portò a concludere che la logica di Gaza era quella della guerra, non quella di alleviare le difficoltà. Fu arrestato per la prima volta da Israele nel 1984, quando le forze di sicurezza dello Stato scoprirono che la sua organizzazione di beneficenza stava accumulando armi. Fondò Harakat al-Muqawamah al-Islamiyyah, il Movimento di Resistenza islamico, o Hamas, dopo essere stato rilasciato nel 1985 in cambio di alcuni soldati israeliani catturati.
L’incontro di fondazione di Hamas si tenne a casa di Yassin a Gaza nel 1987, all’inizio della Prima Intifada. Erano presenti professori, dottori, ingegneri e aspiranti rivoluzionari che curavano i ricordi del 1936 e le ferite del 1967. Invece dell’inafferrabile accordo politico con Israele cercato da Yasser Arafat e dall’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), gli strumenti di Hamas sarebbero stati la bomba e il coltello. Dopo la Prima Intifada, Yassin fu nuovamente arrestato e condannato all’ergastolo, tenuto in isolamento per lunghi periodi. Non fu liberato fino al 1997 (come conseguenza del tentativo di assassinio di Khalid Mishal, capo dell’Ufficio Politico di Hamas ad Amman, da parte di Israele), molto tempo dopo l’Accordo di Oslo, che fu visto da Hamas e da molti altri come una capitolazione. Al momento del suo rilascio, Yassin era più conosciuto di qualsiasi altra figura politica palestinese, a parte Arafat stesso. A Gaza ricevette un’accoglienza da eroe. Ma anni di prigionia avevano lasciato il segno. Costretto su una sedia a rotelle e quasi cieco, sarebbe rimasto il leader spirituale di Hamas, ma la sua capacità di comando pratica era limitata. Le sue infermità non lo hanno protetto: nel 2004 è stato assassinato a Gaza da un elicottero da combattimento israeliano.
Dalla morte di Yassin, Hamas ha avuto tre generazioni di leader. Il successore naturale è stato Abdel Aziz al-Rantisi, un medico a cui le autorità israeliane hanno impedito di esercitare la professione medica e che si è invece dedicato a promuovere l’attività politica tra i professionisti del settore medico. Nato all’inizio della Nakba, Rantisi era di dieci anni più giovane di Yassin ed era stato presente alla fondazione del Movimento. Ma il suo mandato è durato solo un mese prima che anche lui venisse assassinato. Mishal, nato nell’anno della crisi di Suez, è stato il primo leader di Hamas a vivere, per precauzione, fuori dai Territori Occupati. Da Amman, Doha e Damasco, ha guidato Hamas a una clamorosa vittoria nelle elezioni palestinesi del 2006. Nel 2017 gli succedettero Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar, entrambi nati a Gaza nel 1962. Haniyeh visse per la maggior parte della sua vita in una modesta casa ad Al-Shati, nel Nord di Gaza. Quando assunse la carica di capo dell’Ufficio Politico di Hamas seguì l’esempio di Mishal e si trasferì a Doha, lasciando a Sinwar la gestione degli affari all’interno della Striscia. Lo scorso luglio, Haniyeh fu assassinato a Teheran, probabilmente da una bomba fatta esplodere a distanza. Tre mesi dopo, Sinwar fu ucciso da un carro armato israeliano nel Sud di Gaza, a meno di cinque miglia da dove era nato. Nonostante tutto il successo che Israele ha avuto nell’uccidere i leader di Hamas, ha avuto ben poco nel fermare la diffusione del Movimento. In parte perché non esiste un solo Hamas, ce ne sono tre. C’è il Movimento Politico, plasmato dall’ideologia religiosa e impegnato a porre fine all’Occupazione Israeliana della Palestina attraverso la lotta armata. È stata fondata da un uomo (Yassin) in un luogo particolare (Gaza) in un momento particolare (la fine degli anni ’80). Ha una gerarchia e una politica interna. Ha una storia. Poi c’è l’Hamas che esiste nelle menti dell’apparato politico e di sicurezza israeliano. Questo è un Hamas immaginario, ma l’immaginazione è informata dalla conoscenza: questo Hamas è disprezzato ma anche rispettato a malincuore. C’è anche il terzo Hamas, che esiste solo nelle dichiarazioni pubbliche dei politici israeliani e, cosa fondamentale, in Occidente. Questa non è tanto un’organizzazione quanto un esempio di primordiale ferocia mediorientale, uno dei tanti nemici caricaturali dell’Occidente. È un Hamas senza storia, uno che è emerso completamente formato.
Israele ha teso a combattere l’Hamas di sua creazione piuttosto che l’Hamas noto agli studiosi seri, sebbene per molti anni lo studio fondamentale del Movimento sia stato condotto da due israeliani. Shaul Mishal e Avraham Sela, in “Il Movimento Palestinese Hamas” (The Palestinian Hamas), pubblicato nel 2000, hanno descritto un Movimento sociale con radici profonde tra “la gente comune”. Intellettualmente ha preso in prestito dai principali pensatori politici religiosi della tradizione riformista islamica: Rachid Ghannouchi in Tunisia e Hassan al-Turabi in Sudan. Hamas non era una banda di criminali, ma una forza politica e sociale ben organizzata. Ha diviso la Striscia di Gaza e la Cisgiordania in distretti e sottodistretti, e li ha suddivisi in unità locali guidate da membri del Movimento. Ha esercitato una pressione spietata per far rispettare le norme religiose conservatrici, con l’obiettivo di una Resistenza Pura e quindi forte, epurata da dubbiosi e oppositori, compresi i sostenitori di Fatah, il partito più potente all’interno dell’OLP. La presenza di Hamas a ogni livello della società, che forniva assistenza sociale e medica, nonché istruzione religiosa, garantiva un livello minimo di supporto.
L’appello di Hamas combinava ideologia e pragmatismo politico. Mentre l’OLP si trascinava verso un’accettazione della spartizione, iscritta negli Accordi di Oslo, Hamas rimase impegnata, almeno in linea di principio, nella liberazione dell’intera Palestina Storica. Il suo Statuto originale, pubblicato nell’agosto 1988, sosteneva obiettivi politici molto simili a quelli dell’OLP, ma espressi in un linguaggio esplicitamente religioso, rafforzato dall’antisemitismo. Mishal e Sela sostenevano, tuttavia, che, nonostante la sua immagine di organizzazione fondamentalista dogmatica, Hamas era in realtà impeccabilmente pragmatica. I suoi documenti interni erano caratterizzati dal “realismo politico”. Poteva essere comunitaria e riformista quando il momento lo richiedeva e passare alla ribellione violenta quando si presentava l’opportunità. I suoi metodi erano “violenza controllata, coesistenza negoziata e processo decisionale strategico”. Hamas non era un Movimento di Liberazione Nazionale laico: la sua definizione di vittoria era una Palestina restituita al dominio islamico e palestinese. Ma si pensava che fosse molto lontano. Il Movimento lavorava per promuovere il conservatorismo religioso dal basso attraverso i suoi progetti sociali. Spesso inquadrava questioni politiche usando riferimenti religiosi: decisioni politiche non ortodosse o controverse, in particolare, venivano giustificate con il ricorso al linguaggio religioso. Ma molto poco di Hamas era spiegato dall’integralismo religioso. La principale funzione pratica della sua religiosità, sostengono Mishal e Sela, era quella di galvanizzare una mobilitazione tra tutte le classi.
L’ala armata di Hamas, le Brigate Al-Qassam, furono formate nel 1991. Ma per il primo decennio della loro esistenza la realtà era piuttosto diversa dall’immagine dei militanti del parapendio a cui è ora associata. Quadri scarsamente armati trascorrevano la maggior parte del loro tempo spostandosi tra la campagna e gli appartamenti delle loro madri. Se erano fortunati, avevano accesso ad alcune mitragliatrici intercettate (per lo più Uzi e Carl-Gustaf m/45), ma poco altro. Israele sperava che l’Autorità Nazionale Palestinese in Cisgiordania avrebbe fornito un facsimile di autogoverno e uno sbocco sicuro ma inefficace per le richieste di liberazione dei palestinesi. Ma le carenze dell’Autorità Nazionale Palestinese continuavano a generare giustificazioni per forme di lotta più attive, di cui Hamas si appropriava. Nel 1994 condusse il suo primo attentato suicida all’interno di Israele dopo il Massacro di 29 palestinesi da parte di un estremista ebreo di estrema destra nella Grotta dei Patriarchi a Hebron. Una volta che i tunnel di Rafah entrarono in funzione negli anni 2000, gli armamenti di Hamas migliorarono e iniziò a produrre esplosivi e munizioni fabbricati localmente. Sotto la supervisione di Adnan al-Ghoul, Yahya Ayyash e Mohammed Deif, questa divenne infine un’importante industria che produceva lanciarazzi “Yassin” e razzi “Qassam”.
Hamas fu fondata per perseguire la Resistenza armata contro l’Occupazione, ma in pratica il confronto violento era sempre in tensione con il calcolo politico. Per trovare un equilibrio tra loro, il Movimento ricorse al concetto religioso di Sabr, o “Pazienza”. Lo scoppio della Seconda Intifada, in risposta ai falliti colloqui di pace a Camp David nel 2000 e alla provocatoria visita di Ariel Sharon al Monte del Tempio, colse di sorpresa Hamas. La dirigenza reagì intensificando gli attentati suicidi, ma fu guidata dagli eventi piuttosto che guidarli. Il movimento era stato fondato sul rifiuto della divisione e dell’accordo politico con Israele. Ma in pratica i suoi vertici stavano scendendo a patti con l’idea di due Stati sui confini del 1967. Nel giugno 2003, Ismail Abu Shanab, un membro fondatore di Hamas, sostenne un accordo a due Stati (due mesi dopo fu assassinato da un attacco missilistico di un elicottero Apache israeliano). Nel 2006 Ismail Haniyeh chiese “uno Stato Palestinese Sovrano che comprendesse la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, con capitale a Gerusalemme Est”. Gli sforzi fiacchevoli degli Stati Uniti in Medio Oriente dopo l’11 settembre crearono dilemmi anche per Hamas. Nel mezzo della Seconda Intifada condannò gli attacchi di al-Qaeda, ridusse le sue operazioni militari contro Israele e offrì un cessate il fuoco unilaterale. Al contrario, Israele trasformò con successo l’Occupazione in un altro campo di battaglia nella guerra globale al terrorismo. Negli Stati Uniti, Hamas divenne rapidamente un coordinatore sull’asse del male (gli attentatori suicidi non avevano aiutato) e fu confuso con al-Qaeda.
Traduzione di Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org