Durante l’aggressione israeliana contro Gaza e il Libano, durata oltre un anno, le posizioni di alcuni attivisti queer arabi si sono distinte, trovando eco sia a livello locale che globale
Fonte: English version
Ayham al-Tah – 31 gennaio 2024
Immagine di copertina: L’artista palestinese Bashar Murad
.La narrazione degli influencer queer palestinesi ha sfidato la narrazione di Israele, che ha cercato di dipingere la sua occupazione come una “misericordia” che salva i membri della comunità LGBTQIA+ dall'”inferno” delle loro società presumibilmente “estreme e selvagge”.
La narrazione di alcuni influencer queer ha contraddetto quella di Israele, esponendo la truffa del pinkwashing che esso usa per abbellire e nascondere la sua vera immagine e giustificare le sue azioni, che hanno avuto ampia risonanza sia nel mondo arabo che in quello occidentale, rivelando un altro lato della lotta queer araba.
Un’infanzia colorata
Bashar Murad, artista e attivista per i diritti umani, è uno degli influencer arabi che si impegna costantemente per le questioni relative ai diritti umani nel mondo arabo.
Nato nel 1993 a Gerusalemme, Bashar è noto non solo per la sua arte e il suo impegno umanitario, ma anche per la sua difesa dei diritti delle minoranze sessuali e per il suo costante appello a porre fine alle pratiche di occupazione nei territori palestinesi.
Bashar racconta a Raseef22 : “Per me è diventato importante menzionare dove sono nato perché il mondo sta cercando di cancellare parte della mia identità e di sopprimere la mia autoespressione”.

Bashar è cresciuto con un forte senso di consapevolezza tra il teatro e lo studio in una famiglia di artisti. È figlio di Said Murad , il fondatore della band Sabreen fondata nel 1980 a Gerusalemme, che ha fatto della musica un mezzo per esprimersi e connettersi con il mondo.
Riguardo alla sua infanzia, Murad dice: “È stata un’infanzia colorata e bella, nonostante le sfide che abbiamo dovuto affrontare a causa dell’occupazione. Sono stato influenzato da poeti palestinesi come Mahmoud Darwish, Hussein Barghouthi, Fadwa Tuqan e molti scrittori e poeti palestinesi e arabi. Tutto questo ha creato in me una consapevolezza di me stesso e della mia identità che mi ha fatto aggrappare ancora di più ad essi e spinto a difenderli”.
Bashar si trasferì negli Stati Uniti per completare gli studi universitari, vivendo nuove esperienze che gli permisero di crescere. Tornò poi a Gerusalemme, portando con sé molti sogni che cercò di realizzare durante il suo lavoro a Ramallah.
L’amore e il desiderio di resistenza
Bashar Murad descrive il suo tragitto quotidiano tra la sua residenza a Gerusalemme e Ramallah come una scuola in sé, un vero esempio dell’occupazione e dei suoi impatti negativi, e spesso pericolosi: “La strada che avrebbe dovuto durare 15 minuti in auto tra Ramallah e Gerusalemme, ora ne richiede 120, o forse anche di più, a causa dei posti di blocco e delle pratiche disumane dell’occupazione che ci ruba le gioie, l’identità e la vita, così come ci ruba la terra”.

Sottolinea che l’occupazione sta cercando di soffocare il popolo palestinese, intrappolandolo dietro alti muri e barriere: “È difficile immaginare un futuro pieno di luce, pluralità e diversità mentre l’occupazione, che rifiuta la diversità in tutte le sue forme, crea una prigione all’interno di un sistema di apartheid, dove genocidio e pulizia etnica vengono perpetrati sotto gli occhi del mondo”. Afferma che i palestinesi imparano presto il duro significato di parole come invasione di terra, assedio e prigioni: “È naturale che questo crei un desiderio di resistenza e ponga le basi per tutta la creatività che viene prodotta”, afferma.
Appelli alla libertà e alla pace
Oltre a invocare giustizia e uguaglianza, le canzoni di Bashar contengono molti termini di rifiuto, tentando chiaramente di resistere alla realtà imposta e di chiedere un cambiamento. Queste canzoni contengono anche appelli alla libertà e alla pace nel mondo, senza perdere l’orgoglio per i tratti personali e culturali e l’orgoglio per l’identità collettiva e individuale, con una forte presenza di simboli e nomi palestinesi.
Tra le sue canzoni più note in inglese ricordiamo: Wild West , ITSAHELL! e Intifada on the Dance Floor .
Bashar collega la lotta palestinese alla lotta globale per la liberazione, collegandosi ai risultati del movimento americano per i diritti civili che ha sfidato la segregazione e la discriminazione contro gli afroamericani, smantellando le leggi sull’apartheid e promuovendo i diritti uguali per gli afroamericani. Con questo spirito, lo sentiamo cantare: ” I Wish I Knew How It Would Feel to Be Free “, che è la versione araba e inglese della canzone del 1967 di Nina Simone , cantata da Bashar Murad .
Le sue canzoni arabe tendono maggiormente al lato sociale e alcune delle sue opere più famose includono: Maskhara , Ana Zalameh , Shillet Hamal (Bunch of Bums) e Ma Bitghayirni .
In questo contesto, Bashar dice: “Rifiuto qualsiasi tipo di ingiustizia e le mie canzoni sono politicamente, socialmente ed emotivamente diverse”. Crede che la sua canzone Ilkul 3am Bitjawaz (Tutti si sposano) abbia portato gioia a molti, riflettendo le loro esperienze. Descrive questo tipo di arte sociale come una resistenza alle norme sociali dominanti, mirando al cambiamento e alla protezione della libertà individuale, rispettando al contempo la privacy, le inclinazioni e le scelte delle persone senza imporre loro pressioni. “Ho imparato i valori della libertà dalla mia famiglia. Sono un figlio di questa comunità diversificata e rappresento una delle sue storie e dei suoi colori”.
Nella sua musica e nei suoi testi, Bashar affronta i concetti di identità, genere e sessualità: “Da giovane, ho iniziato a esplorare tutti questi significati. Amavo le cose che erano diverse dai miei coetanei e il mio ambiente era composto principalmente da ragazze. Questo mi ha fatto capire la mia differenza, motivo per cui creo questa musica per il bambino Bashar che è cresciuto diverso, senza modelli di ruolo o eroi come lui”.
Autoespressione
Bashar Murad parla con orgoglio della sua identità sessuale e della sua appartenenza alla comunità LGBTIA+: “Essere palestinese e gay allo stesso tempo è un fattore arricchente che mi consente di affermare sia la mia identità nazionale, che quella sessuale. Le restrizioni imposte dall’occupazione creano una fame di libertà e creatività. Inoltre, la diversità all’interno della società palestinese, con i suoi vari ambienti, circostanze e identità, contribuiscono tutti alla ricchezza della produzione artistica ispirata da queste diverse esperienze di vita”.
Bashar ha partecipato a una competizione serrata, tentando di rappresentare l’Islanda all’Eurovision, dove ha eseguito una canzone sul ” Far West “. Ha anche eseguito la canzone Hatari – Kelfi / Samed (Resiliente) in collaborazione con la band islandese Hatari, che ha guadagnato fama nel mondo arabo dopo aver innalzato la bandiera palestinese all’Eurovision di Tel Aviv nel 2019.
Bashar non crede che il suo lavoro debba piacere a tutti, ma sottolinea di avere un pubblico eterogeneo in termini di età e identità di genere/sessuale: “Il palco è il luogo in cui mi esprimo, dove sento la mia unicità e la mia esistenza, la mia identità e dove posso comunicare con gli altri”.
La presenza scenica di Bashar sembra unica in ogni dettaglio: “Ogni parte della mia identità mi ha dato forza e diversità. So che la strada è difficile, ma alla fine cerco di dire quello che voglio e di ottenere la mia libertà”.

Bashar rimane ottimista sullo sviluppo delle esperienze artistiche queer nel mondo arabo, notando che sono diventate più professionali. Tuttavia, ritiene che abbiano ancora bisogno di tempo e sforzi per diventare più visibili e durature. Desidera più empowerment e supporto per gli individui queer per poter sviluppare i loro talenti e raggiungere la professionalità. Allo stesso tempo, incoraggia gli individui queer a esprimersi: “Ognuno di noi gioca un ruolo nella costruzione di questa struttura, in modo che sia completata. La cultura e la consapevolezza collettiva sono un processo cumulativo”.
Bashar si descrive come una persona che ama le sfide e sta cercando di tracciare un lungo percorso artistico con molti traguardi da raggiungere, tra cui tenere concerti nel mondo arabo. Cerca di entrare in diverse esperienze creative e nuove idee, diversificando il suo lavoro artistico.
Oltre a cantare, scrivere testi e musica, lavora anche come regista e modello. Considera questa diversità essenziale per qualsiasi artista, arricchendo le sue idee, la sua carriera ed espandendo la sua cultura e consapevolezza del mondo che lo circonda: “Quello che facciamo con tutta questa produzione culturale e artistica è affermare le nostre diverse identità nel mondo arabo. Siamo società giovani e interattive, e ci sono molte risorse e potenzialità, ma abbiamo bisogno di tempo ed esperienza per raggiungere uno spazio artistico libero che accetti la differenza. Finché non lo raggiungiamo, presentiamo ciò che possiamo e facciamo un passo avanti nel percorso”.

Alla fine, Bashar Murad sottolinea che vedere la fine dei crimini di guerra e del genocidio israeliani a Gaza è ciò che spera nel prossimo periodo, insieme al suo sviluppo psicologico personale: “Spero di continuare il mio percorso artistico, di avere spazio per sviluppare la mia arte e di avere una maggiore capacità di raccontare la mia storia al mondo. Spero anche di aumentare il numero dei miei fan, che considero la mia famiglia”.

Traduzione di Grazia Parolari “Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali”- Invictapalestina.org