In Cisgiordania, si sta consumando un altro “Genocidio come a Gaza”

Israele, in collusione con l’Autorità Nazionale Palestinese, sta eseguendo una repressione coordinata nella Cisgiordania Occupata che rispecchia la sua guerra a Gaza, utilizzando la forza militare, la condivisione di informazioni e la distruzione sistematica per indebolire la Resistenza ed espandere il controllo territoriale.

Fonte: English Version

The Cradle – 3 febbraio 2025

A quarantotto giorni dall’inizio della repressione della Resistenza nella Cisgiordania Occupata da parte dell’Autorità Nazionale Palestinese (ANP), seguita da circa due settimane di operazioni militari israeliane e da un assedio simultaneo da parte delle forze di sicurezza dell’ANP, la Cisgiordania Occupata settentrionale rimane travolta da un’intensificarsi dell’offensiva congiunta militare-di sicurezza.

Questa Campagna, iniziata il 5 dicembre 2024 con l’assalto dell’ANP al campo profughi di Jenin, ha visto un cambiamento il 21 gennaio 2025, quando le Forze di Occupazione Israeliane hanno preso il controllo. Il 27 gennaio, la Campagna si è estesa a Tulkarem e ai suoi due campi, con ulteriori incursioni a Tubas, al campo di Al-Faraa e a Tammun.

In realtà, queste due offensive, da parte dell’ANP e dello Stato di Occupazione, sono profondamente interconnesse. Durante l’operazione dell’ANP, Israele ha fornito informazioni tramite una continua sorveglianza con droni su Jenin prima di eseguire attacchi aerei che hanno portato all’uccisione di 12 palestinesi.

Una volta iniziata l’Operazione Militare Israeliana, l’ANP si è ritirata, ma non prima di aver rafforzato l’assedio insieme alle truppe di Occupazione, portando all’uccisione e all’arresto di numerosi combattenti della Resistenza.

Nonostante le affermazioni dell’ANP, in particolare di Anwar Rajab, portavoce della sua Agenzia per la Sicurezza Nazionale, secondo cui le sue forze si sono ritirate a causa dell’attacco di Israele e non erano a conoscenza dell’imminente invasione, questa argomentazione è difficilmente credibile.

La portata dello spiegamento dell’ANP (centinaia, a volte quasi mille membri del personale di sicurezza) avrebbe reso altamente improbabile un ritiro improvviso e non coordinato durante un assalto israeliano. La presenza dell’ANP, inclusi cecchini, posti di blocco e pattuglie di sicurezza, suggerisce un livello di coordinamento piuttosto che una ritirata frettolosa.

Uno sforzo coordinato contro la Resistenza

Testimoni oculari e fonti all’interno della Jihad Islamica Palestinese danno un resoconto diverso. La Brigata Jenin dell’ala militare della Jihad Islamica, le Brigate Quds, ha dovuto affrontare un attacco su due fronti senza precedenti, mirato a neutralizzare il Battaglione.

Secondo le fonti, la Brigata Jenin in precedenza aveva garantito la propria sopravvivenza trasferendo comandanti e combattenti chiave nei villaggi circostanti, nascondigli montuosi e altre roccaforti della Resistenza a Nablus, Tulkarem, Tubas e nella valle del Giordano, dopo aver rilevato l’arrivo delle forze speciali israeliane.

“Questa volta, l’ANP ha teso un’imboscata ai combattenti in ritirata e ne ha arrestati decine, e coloro che hanno cercato di fuggire o resistere sono stati colpiti e feriti o uccisi”, affermano le fonti, aggiungendo che anche gli ospedali sono diventati campi di battaglia, con l’ANP che, secondo quanto riferito, è in agguato per trattenere e torturare i combattenti della Resistenza feriti. Anche il personale medico sospettato di aver aiutato i combattenti feriti ha dovuto affrontare attacchi.

Questa collaborazione è stata fondamentale per Israele, poiché le considerazioni sulla sicurezza e le forze limitate nella Cisgiordania Occupata avevano precedentemente impedito loro di condurre da soli tali rastrellamenti su vasta scala. La complicità dell’ANP nella caccia ai combattenti della Resistenza ha permesso a Israele di operare con relativa impunità.

Fonti locali confermano che le forze dell’ANP, nascondendosi in veicoli civili, hanno inseguito i combattenti della Resistenza in tutte le città di Jenin (Araba, Ya’bad, Kferet e oltre), continuando l’inseguimento fino a Tubas.

I combattenti che hanno tentato di riorganizzarsi sono stati intercettati in località come Siris, Deir Ghazala e Ya’bad. In alcuni casi, sono scoppiati scontri diretti, consentendo ai combattenti della Resistenza di fuggire. A Ya’bad, si dice che le forze di sicurezza dell’ANP abbiano sparato indiscriminatamente sulle montagne, sperando di colpire qualsiasi membro nascosto della Resistenza.

Inganno e trappola: l’accordo revocato

Molti a Jenin accusano l’ANP di raggiro, avendo tratto in inganno la Resistenza facendole credere che un accordo fosse stato mediato tramite il mediatore tribale Daoud al-Zeer.

Dopo la cessazione della guerra a Gaza e il gioco degli insediamenti condotto da Ramallah, i combattenti della Resistenza decisero di ritirarsi e di diffondersi in diverse aree di Jenin per paura del tradimento e della persecuzione dell’ANP all’interno del campo, nonché per prevenire perdite ed evitare scontri sanguinosi se l’ANP avesse cercato di arrestarne qualcuno, spiega una fonte locale:

“Il Comando di sicurezza dell’ANP ha ingannato i suoi membri facendo credere che l’accordo era stato siglato per impedire agli elementi dell’ANP di far trapelare informazioni alla Resistenza dopo che Ramallah aveva scoperto un problema di infedeltà di un certo numero di ufficiali e soldati. Poi, con l’inizio dell’Operazione Militare israeliana, si è deciso di fare irruzione nei villaggi e nelle città di Jenin, compresi i centri medici, le periferie dei villaggi, le case abbandonate, le moschee e le case dei prigionieri liberati”.

Prima dell’Offensiva israeliana, l’ANP aveva già arrestato oltre 70 palestinesi, sottoponendoli a gravi Torture. Sono emerse segnalazioni di filmati e video di detenuti in condizioni umilianti da parte delle forze di sicurezza.

Mentre l’ANP ha ridotto le operazioni di sicurezza dirette a Jenin quando le Forze di Occupazione hanno preso il controllo, le sue attività di raccolta informazioni sono continuate, identificando rifugi sicuri e basi alternative della Resistenza, in particolare a Tammun e Horsh al-Saada.

Tel Aviv ha apertamente riconosciuto questa collaborazione. Alon Ben-David, analista militare del Canale 13 israeliano, ha notato la “soddisfazione di Israele per il livello di coordinamento con l’ANP durante l’Operazione di Jenin”.

Nome nuovo, operazione standard

L’ultima operazione di Israele nel Nord della Cisgiordania Occupata è stata soprannominata “Muro di Ferro”, un nome che ricorda inquietantemente l’Operazione “Spade di Ferro”, il titolo iniziale della sua guerra a Gaza dopo l’Operazione Onda di Al-Aqsa. Sebbene in seguito ribattezzata “Guerra della Genesi” o “Guerra della Resurrezione” dal governo del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, queste allusioni bibliche attingono alle più ampie ambizioni ideologiche e territoriali dello Stato di Occupazione.

La precedente operazione israeliana nella Cisgiordania Occupata, “Casa e Giardino”, lanciata nel luglio 2023, aveva lo scopo di dimostrare la “volontà dell’Esercito di Occupazione di intraprendere un’azione militare contro la Resistenza in Cisgiordania, anche se ciò significa affrontarla a Gaza”.

Come per l’operazione precedente, “l’Operazione israeliana mira a infliggere danni significativi all’infrastruttura della Resistenza, riconoscendo che l’eradicazione completa potrebbe non essere realizzabile”.

Mentre la retorica di Israele suggerisce un’Occupazione a lungo termine di Jenin, le sue azioni, come lo spiegamento di forze speciali, l’occupazione di edifici civili e l’incendio di case, indicano i preparativi per una strategia di annessione più ampia.

L’esercito israeliano ha esagerato i suoi successi, sostenendo di aver scoperto RPG, 150 dispositivi esplosivi e 10 laboratori di armi a Jenin. Tuttavia, le foto rivelano poco più di lanciatori artigianali e granate improvvisate. Ironicamente, la precedente operazione dell’ANP a Jenin ha pubblicizzato sequestri ancora più grandi, esponendo ulteriormente la natura coordinata di queste offensive.

Tattiche diverse

Nonostante lo sfinimento della Resistenza palestinese a causa del prolungato assedio dell’ANP e l’esaurimento del suo arsenale, le cellule militari sono comunque riuscite a infliggere gravi danni alle Forze d’Invasione. L’efficacia della Resistenza è stata dimostrata dalle urgenti evacuazioni aeree di soldati israeliani morti e feriti, un’indicazione della gravità delle loro ferite e del loro numero.

Israele ha riconosciuto la morte del soldato del Battaglione di Ricognizione Liam Hazi e il grave ferimento di altri cinque. Tuttavia, le fazioni della Resistenza, in particolare le Brigate Quds e le Brigate Qassam di Hamas, dichiarano vittime nemiche più elevate.

La maggior parte delle operazioni di Resistenza si sono concentrate nel Governatorato di Jenin, dove imboscate in stile guerriglia e attacchi a sorpresa hanno interrotto l’avanzata israeliana. A Tulkarem, la scoperta tempestiva di un’unità speciale israeliana infiltrata ha costretto a un’incursione preventiva, sventando un assassinio intenzionale. Nel frattempo, ad Azzun, gli attacchi alle forze israeliane, incluso l’uso di ordigni esplosivi, sono ripresi dopo una pausa temporanea.

Almeno 30 palestinesi sono stati uccisi nelle recenti operazioni, 16 dei quali erano civili confermati. Israele fa sempre più affidamento sulla potenza aerea, con aerei da guerra e droni Hermes 450 che hanno condotto oltre 170 attacchi nella Cisgiordania Occupata dal 7 ottobre 2023. Una delle ultime vittime è stato il Comandante delle Brigate Qassam a Tulkarem, Ihab Abu Atiwi, assassinato nel campo di Nur Shams da un attacco aereo.

Al momento in cui scriviamo, oltre 100 case sono state demolite, famiglie sfollate e infrastrutture sistematicamente distrutte. La demolizione della via Mahyoub di Jenin e del centro cittadino di Tulkarem suggerisce una strategia di Occupazione a lungo termine volta a cancellare le roccaforti della Resistenza e a promuovere i Piani di annessione.

L’allargamento a Tulkarem

Il 27 gennaio, Israele ha lanciato un attacco su larga scala a Tulkarem e ai suoi due campi profughi, imitando le tattiche usate a Jenin. Sebbene non sia stato fatto alcun annuncio formale, le forze israeliane hanno sfollato con la forza i residenti sotto la minaccia delle armi, in particolare nei quartieri dell’Aeroporto e di Piazza Hanoune.

I cecchini si sono posizionati sui tetti degli edifici, l’elettricità è stata tagliata e gli ospedali: l’Ospedale Governativo Martire Thabet Thabet e l’Ospedale Specialistico Al-Israa, sono stati assediati, ostacolando i servizi medici di emergenza.

Le ruspe israeliane hanno continuato a distruggere le infrastrutture mentre posti di blocco e blocchi stradali soffocavano il movimento attraverso tutta la Cisgiordania. In totale, 898 posti di blocco e barriere militari, tra cui 18 cancelli di ferro appena installati, ora limitano il movimento palestinese. La portata della distruzione a Tulkarem, tra cui demolizioni di case diffuse e chiusure stradali, rispecchia il destino di Jenin.

Con l’espansione delle operazioni militari, la strategia israeliana del “Muro di Ferro” ha iniziato a prendere forma nella Cisgiordania Occupata. Se questa campagna è davvero una replica su scala ridotta di “Spade di Ferro”, allora conferma ciò che è stato a lungo sospettato: uno sforzo metodico in collaborazione con l’Autorità Nazionale Palestinese per schiacciare la Resistenza attraverso assedio, sfollamento e distruzione.

La questione non è più se l’Occupazione intenda rimanere nella Cisgiordania Occupata, ma quanto intenda annetterla.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org