Quando la notte diventa un campo di battaglia

Nel freddo strisciante dell’inverno la notte si allungava, muovendosi in un lento e soffocante incedere

Fonte :English version

di Asmaa Abdu

Immagine di copertina: La luna piena sorge sugli edifici distrutti nell’area di Zawayda, Gaza centro, ll 15 dicembre 2024. Ali Hamada APA images

Come laureata in letteratura inglese, ho sempre trovato conforto nel mondo dell’immaginazione. I romanzi mi hanno fornito un rifugio, una fuga in regni dove tutto è possibile. Prima del genocidio qui a Gaza, la mia vita sembrava prevedibile; nulla poteva davvero sorprendermi. “Aspettarsi l’inaspettato” era una filosofia guida che mi ha aiutato a superare molte delle sfide della vita.

Ma poi il genocidio ha sconvolto il mio mondo in modi che non avevo mai previsto. Gli orrori che mi trovavo ad affrontare andavano al di là di qualsiasi cosa potessi immaginare, al di là di qualsiasi incubo che avessi potuto evocare.

Per più di 450 giorni e notti non sono riuscita a dormire profondamente, perennemente perseguitata da incubi che rifiutano di allentare la loro presa sulla mia anima.

Avevo già sentito parlare dell’insonnia, ma non l’avevo mai compresa fino a quando non è diventata la mia compagna implacabile, un’ombra che mi seguiva ogni notte. Un tempo adoravo la notte: la tranquillità, la solitudine, l’opportunità di riflettere. Ma sono arrivata al punto di detestarla . Durante la guerra, non c’era serenità, né pace da trovare nelle ore dopo il tramonto.

I droni israeliani non si sono mai fermati. Quando il sole scendeva sotto l’orizzonte, il cielo si riempiva del ronzio assordante di queste macchine. La loro onnipresenza paralizzava la nostra salute mentale, rosicchiando le nostre ossa con un messaggio implacabile: “Niente sonno. Niente pace. Solo sofferenza”.

Nel freddo strisciante dell’inverno la notte si allungava, muovendosi in un lento e soffocante incedere. Mentre giacevamo svegli, i ricordi e le emozioni ci inondavano la mente. In quelle poche ore, il tempo sembrava trascinarci sempre più nella disperazione.

Israele ha progettato l’insonnia per le sue vittime: la raffica infinita di proiettili di fabbricazione americana, lanciati indiscriminatamente, infrangono il silenzio e riversano la paura nei nostri cuori. Ricordo una notte, prima del cessate il fuoco, che sembrava l’inferno in terra. Le granate piovevano in rapida successione: ogni 10 secondi un’esplosione, ognuna a ricordare che la morte era sempre presente, sempre incombente.

La mia anima si sentiva prosciugata, svuotata di ogni energia e speranza. Per quanto stringessi le dita nelle orecchie, il suono assordante delle granate non si attenuava mai. Io e la mia famiglia ci stringemmo in silenzio, aspettando la morte, sapendo che sarebbe arrivata per tutti noi.

Desideravo le notti di pace, quelle semplici e preziose in cui mi sedevo con la mia famiglia, condividevo una tazza di tè o ridevo di uno stupido cartone animato con i miei nipoti. Mi mancavano le notti in cui potevo abbandonarmi a piaceri semplici, come guardare una serie TV o portare a termine dei compiti in sospeso.

La vita normale è diventata un ricordo lontano, mentre le notti si trasformavano in una prigione in cui le regole inflessibili della sopravvivenza mi controllavano e in cui non avevo alcun potere. Mi mancava dormire serenamente. Mi mancava la serenità. Mi mancava la sicurezza che sembrava così lontana.

Per sopravvivere, mi sono allenata a dormire solo due ore al giorno. Ma il breve riposo portava poco conforto. La mia mente riproponeva costantemente le immagini dei miei compagni di Gaza presi di mira nelle loro case e, anche nei pochi momenti di sonno, la paura mi seguiva come un’ombra.

Paralizzata dalla paura

Una volta ho sognato di essere colpita da un attacco aereo e di essere intrappolata sotto le macerie, senza riuscire a respirare. Gridavo, cercando disperatamente aria, ma il peso della distruzione soffocava la mia voce. Mia sorella mi svegliò proprio mentre gemevo e piangevo nel sonno. Passai il resto della giornata a letto, con il corpo troppo debole per alzarsi, paralizzato dalla paura.

I miei incubi erano il risultato della nostra realtà di pericolo costante.

Nel dicembre del 2023, io e la mia famiglia ci siamo rifugiati in una piccola stanza sul lato est della nostra casa, temendo i proiettili casuali che cadevano da ovest. Alle 2 del mattino mi sono svegliata al suono di un quadcopter che si librava fuori dalla nostra finestra. Mi sentivo schiacciata dal pensiero di quanti proiettili potessero trapassare il mio corpo e se io e la mia famiglia saremmo sopravvissuti.

Rimasi immobile, in attesa. Il rumore e il tuono di un proiettile che colpiva il muro accanto a noi riempiva l’aria, ma io non mi muovevo. Non potevo fare altro che esistere nel silenzio della morte imminente. Tre minuti dopo, il quadcopter si allontanò.

Ho cercato di dormire, ma il quadcopter mi inseguiva nel mio subconscio. Ho sognato che stavo nuotando nel porto di Gaza quando il quadcopter ha iniziato a spararmi addosso. Ho nuotato disperatamente verso la riva, ma i proiettili mi hanno seguito. Ho trovato un rifugio temporaneo sotto una scala, nascondendomi dall’inevitabile. Ma nel mio cuore mi chiedevo se sarei sopravvissuta alla realtà.

Anche gli aiuti che dovrebbero aiutarci possono scatenare la paura.

All’inizio di marzo del 2024, un pallone aerostatico che trasportava aiuti umanitari è caduto vicino a casa mia. Ero seduta sul tetto e cercavo di connettermi a Internet, quando il rumore della discesa del pallone mi ha fatto bloccare dalla paura. Il suono era simile a quello di una bomba che cade, una sentenza di morte in arrivo.

Quella notte l’incubo tornò: Sognai di essere sepolta sotto il pallone, indifesa e intrappolata. Le persone si riunivano intorno a me, ma nessuno veniva in mio aiuto. Mia sorella mi svegliò di nuovo e io urlai in preda al panico. Il dolore ai muscoli rimase per tutto il giorno, ma la ferita non era fisica: era l’angoscia della mia anima.

L’ansia e la paura aumentavano ogni giorno e notte di terrore e di stanchezza senza fine.

All’inizio di ottobre dell’anno scorso si è diffusa la voce che saremmo stati costretti a lasciare il nord. Temevo che questo sarebbe stato il colpo finale, quello che mi avrebbe tolto davvero la vita. La mia mente girava a vuoto, il mio corpo si bloccava, le mie mani diventavano di ghiaccio.

Poi sono arrivati gli incubi. Ho sognato che io e la mia famiglia eravamo stati costretti a fuggire attraverso il Corridoio di Netzarim; ma mentre cercavo di tornare a nord sono stato colpita alla testa dal quadcopter. Sono morta tra le braccia dei miei genitori, e anche se ho urlato per loro non mi hanno sentita. Mi sono svegliata in lacrime, piangendo in modo incontrollato, grata di essere viva, ma sentendo ancora il peso della paura nel mio cuore.

Con il cessate il fuoco, la notte non è più un campo di battaglia, ma la stanchezza si aggrappa ancora a ogni momento di sopravvivenza.

Sebbene le cicatrici rimangano, le profonde ferite interne hanno cominciato a rimarginarsi. La notte, una volta il mio più grande nemico, sta cominciando a tornare quello che era una volta: un rifugio per il riposo e la riflessione.

Forse, con l’affievolirsi degli incubi, potrò sperimentare di nuovo il tipo di sogni che fanno sentire la vita di nuovo normale.

Asmaa Abdu è scrittrice accademica e coordinatrice di progetti presso l’UCASTI.

Traduzione di Mavi Morano – Invictapalestina.org