Israele uccide tre palestinesi ogni 24 ore a Gaza, usando cecchini, droni e fame come strumenti di Genocidio

La politica di Israele continua a perpetuare il Genocidio, anche dopo il cessate il fuoco.

Fonte: English version

Dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani – 12 marzo 2025

Immagine di copertina: Palestinesi camminano tra le macerie delle case distrutte dall’offensiva aerea e terrestre dell’esercito israeliano nel campo profughi di al-Bureij, nella Striscia di Gaza centrale, lunedì 15 febbraio. 17, 2025. (AP Photo/Abdel Kareem Hana)

Territorio Palestinese – Israele ha ucciso 150 palestinesi, una media di tre persone ogni 24 ore, dal cessate il fuoco del 19 gennaio 2025. Il personale sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha documentato gli attacchi di cecchini e droni israeliani dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nonché il continuo utilizzo del blocco come arma di lenta morte per fame nel Genocidio in corso nella Striscia di Gaza.

Le continue uccisioni da parte dell’esercito israeliano vengono perpetrate da cecchini, droni e droni quadricotteri, che prendono di mira i civili palestinesi nella Striscia di Gaza. Attacchi mortali si verificano frequentemente quando i residenti tentano di tornare e ispezionare le loro case danneggiate vicino alla cosiddetta “zona cuscinetto” imposta da Israele lungo i confini settentrionali e orientali della Striscia.

Un attacco di droni israeliani lunedì 10 marzo ha ucciso Abdullah Ali al-Shaer e ferito un’altra persona a Est di Rafah, nonostante le vittime si trovassero in una “zona sicura” designata. Solo poche ore prima, un altro attacco con drone aveva ucciso tre fratelli, Mahmoud, Mohammed e Ahmed Abdullah Ahmed, a Nord-Est del campo profughi di al-Bureij, nella Striscia di Gaza centrale.

Le continue uccisioni da parte dell’esercito israeliano sono perpetrate da cecchini, droni e droni quadricotteri, che prendono di mira i civili palestinesi nella Striscia di Gaza. Il governatorato di Rafah è stato quello che ha subito il maggior numero di attacchi da parte di Israele dopo il cessate il fuoco. Abdel Moneim Ali Qishta, cinquantatreenne, è stato ucciso all’interno della sua abitazione dalle forze israeliane di stanza lungo il confine egiziano, di fronte al quartiere di al-Salam, nella parte meridionale della città, la mattina di sabato 8 marzo. Lo stesso giorno, un attacco di droni israeliani ha ucciso due giovani, Mahmoud Hussein Farhan al-Hissi, 37 anni, e Mahdi Abdullah Nadi Jarghoun, 39 anni, nella città di al-Shawka, a Est della città di Rafah.

Sono state inoltre documentate le continue uccisioni di palestinesi da parte dell’esercito israeliano, nei ripetuti attacchi al quartiere di Shuja’iyya, a Est di Gaza, e alla città di Beit Hanoun, nella Striscia di Gaza settentrionale, a partire dall’inizio di marzo. Dopo il cessate il fuoco, Israele ha ucciso 150 palestinesi, una media di sei persone ogni due giorni, e ne ha ferite 605, a un ritmo di 11,8 persone al giorno. Questo schema evidenzia il sistematico e continuo attacco da parte di Israele ai palestinesi nella Striscia, portato avanti senza alcuna giustificazione militare e in palese disprezzo del cessate il fuoco e del Diritto Internazionale.

Da oltre 15 mesi Israele è impegnato in uccisioni e distruzioni su vasta scala nell’enclave assediata e ha intensificato le sue Politiche Genocide imponendo ai palestinesi condizioni di vita mortali, che ne determinano l’uccisione lenta e sistematica. Attraverso un assedio totale e illegale, Israele impedisce l’ingresso di aiuti umanitari e di beni essenziali, bloccando al contempo la riparazione di infrastrutture e servizi critici necessari alla sopravvivenza, il tutto in assenza di un efficace intervento internazionale.

L’Osservatorio Euro-Mediterraneo lancia l’allarme: se il blocco dovesse persistere, la crisi umanitaria potrebbe peggiorare, con i mercati che si stanno rapidamente esaurendo di beni. Inoltre, numerosi centri di distribuzione di aiuti e cibo hanno sospeso le operazioni a causa della chiusura in corso dei valichi di frontiera della Striscia di Gaza e del rifiuto di Israele di consentire l’ingresso di rifornimenti dal 2 marzo. Ciò ha peggiorato notevolmente le sofferenze dei civili, spingendoli verso la Carestia senza il rapido intervento della comunità internazionale.

La Carestia non è l’unica minaccia che dovrebbe spingere la comunità internazionale ad agire: aspettare che si verifichi prima di rispondere è inaccettabile. Privare la popolazione vulnerabile dell’enclave, in particolare i bambini, di una corretta alimentazione porterà a una grave malnutrizione, con conseguenti danni alla salute a lungo termine e disabilità fisiche e psicologiche potenzialmente irreversibili, a seconda dell’età dell’individuo. La grave malnutrizione durante le fasi critiche della crescita indebolisce il sistema immunitario, aumenta il rischio di malattie mortali e provoca ritardi significativi nello sviluppo cognitivo e motorio, lasciando la persona con conseguenze permanenti sulla salute che non possono essere risolte, anche se le condizioni migliorano in futuro.

Non si tratta semplicemente di una crisi umanitaria temporanea, bensì di una politica deliberata e sistematica volta a sradicare intere generazioni di palestinesi. Si tratta di un atto diretto di Genocidio, come delineato nella Convenzione del 1948 per la prevenzione e la repressione del Crimine di Genocidio, che proibisce esplicitamente la creazione di condizioni che portino alla distruzione di un gruppo, in tutto o in parte. La continua attuazione di questa politica, senza un decisivo intervento internazionale, non solo riflette un fallimento nella risposta umanitaria, ma equivale anche a complicità nel documentato Crimine di Genocidio.

La nuova Carestia inferta da Israele contro i palestinesi aggraverà l’attuale crisi umanitaria e costituisce quindi un chiaro indicatore di Intenti Genocidi, e che questo Crimine è in linea con la più ampia politica di Pulizia Etnica proposta dagli Stati Uniti. L’assistenza umanitaria è un diritto fondamentale dei civili ai sensi del Diritto Internazionale Umanitario, senza eccezioni, e non esiste alcuna giustificazione legale per cui Israele neghi ai palestinesi l’accesso agli aiuti essenziali. Israele non solo utilizza gli aiuti umanitari come merce di scambio per ottenere vantaggi politici e militari, ma sta anche deliberatamente applicando una politica di Carestia sistematica, creando condizioni di pericolo per la vita studiate per rendere impossibile la sopravvivenza nella Striscia di Gaza.

Le ripetute dichiarazioni di Israele che annunciano il suo pieno coordinamento con l’amministrazione degli Stati Uniti, che ha esplicitamente dichiarato la propria intenzione di sfollare l’intera popolazione della Striscia, confermano che i Crimini di fame e di blocco degli aiuti umanitari non sono incidenti isolati o strumenti di negoziazione. Fanno invece parte di un Piano deliberato, allineato alla strategia statunitense di sfollare e spopolare forzatamente la Striscia di Gaza.

La politica di Israele continua a perpetuare il Genocidio, anche dopo il cessate il fuoco. Privando la popolazione palestinese dei suoi bisogni più elementari, nell’ambito di un Piano a lungo termine che minaccia la sua sopravvivenza fisica come gruppo nazionale, Israele ha mantenuto condizioni mortali concepite per eliminarli gradualmente. La comunità internazionale non può più permettersi di ignorare il blocco illegale imposto alla Striscia di Gaza, che rappresenta uno degli strumenti più evidenti del Genocidio israeliano.

Tutti i Paesi e le entità interessate devono adempiere alle proprie responsabilità legali e adottare misure immediate per porre fine al Genocidio nella Striscia di Gaza. Ciò include fare pressione su Israele affinché revochi completamente il blocco, consenta il movimento illimitato di persone e beni dentro e fuori l’enclave, apra incondizionatamente tutti i valichi di frontiera e implementi misure efficaci per proteggere i palestinesi dalle attuali politiche di uccisioni lente e di sfollamento forzato. Inoltre, dovrebbe essere attivato un comitato di risposta urgente per rispondere alle esigenze immediate della popolazione, tra cui alloggi temporanei e adeguati.

La comunità internazionale deve imporre sanzioni economiche, diplomatiche e militari a Israele in risposta alle sue sistematiche e gravi violazioni del Diritto Internazionale, tra cui il divieto di commercio di armi e di cooperazione militare, nonché il congelamento dei beni finanziari dei funzionari coinvolti in Crimini contro il popolo palestinese.

Per fare pressione su Israele affinché ponga fine ai Crimini contro i palestinesi vanno sospesi tutti i privilegi commerciali e gli accordi bilaterali che garantiscono a Israele vantaggi economici.

Esortiamo la comunità internazionale a rispettare le proprie responsabilità legali e umanitarie implementando l’ordinanza della Corte Internazionale di Giustizia del 28 marzo 2024. Ciò include le misure precauzionali che richiedono a Israele di adottare le azioni necessarie ed efficaci, in cooperazione con le Nazioni Unite, per garantire l’ingresso senza ostacoli e tempestivo degli aiuti nella Striscia di Gaza, in conformità con i propri obblighi ai sensi della Convenzione sul Genocidio.

La Corte Penale Internazionale deve accelerare le indagini ed emettere mandati di arresto nei confronti dei funzionari israeliani implicati in Crimini internazionali nella Striscia di Gaza. Ricordiamo agli Stati membri dello Statuto di Roma i loro obblighi giuridici di cooperare pienamente con la Corte, garantire l’esecuzione dei mandati di arresto e impedire l’impunità dei responsabili.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org