Il Colonialismo Minaccioso di Israele

“Guardando i loro territori divorati”, Giordania, Egitto e altri Paesi arabi potrebbero ritrovarsi ad affrontare la stessa situazione della Siria oggi.

Fonte: English  version

Di Ramzy Baroud – 12 marzo 2025

Immagine di copertina: Convoglio israeliano in avanzata in Siria, dicembre 2024. (Foto: Unità Portavoce IDF, Wikimedia Commons, CC BY-SA 3.0)

Il dibattito sul Colonialismo dei Coloni non deve limitarsi alla discussione accademica. È una realtà politica, chiaramente dimostrata nel comportamento quotidiano di Israele.

Israele non è semplicemente un Regime espansionista storicamente; lo è attivamente anche oggi. Inoltre, il fulcro del linguaggio politico israeliano, sia passato che presente, ruota attorno all’espansione territoriale.

Spesso, cadiamo nella trappola di dare la colpa di tale linguaggio a un gruppo specifico di politici di destra ed estremisti o a una particolare amministrazione statunitense. La verità è molto diversa: il linguaggio politico Sionista israeliano, sebbene possa cambiare stile, rimane fondamentalmente invariato nel tempo.

I dirigenti Sionisti hanno sempre associato la fondazione e l’espansione del loro Stato alla Pulizia Etnica dei palestinesi, in seguito definita nella letteratura Sionista come “trasferimento”.

Theodor Herzl, il fondatore del Sionismo politico moderno, scrisse nel suo diario sulla Pulizia Etnica della popolazione araba dalla Palestina:

“Cercheremo di far passare di nascosto la popolazione miserabile oltre il confine procurandole un impiego nei Paesi di transito, negandole al contempo qualsiasi impiego nel nostro Paese. Sia il processo di espropriazione che l’espulsione dei poveri devono essere eseguiti con discrezione e circospezione”.

Non è chiaro cosa sia successo al grande Piano di Occupazione di Herzl volto a “far passare di nascosto” la popolazione della Palestina in tutta la Regione. Ciò che sappiamo è che la “popolazione miserabile” ha resistito al Progetto Sionista in numerosi modi. In definitiva, lo spopolamento della Palestina avvenne con la forza, culminando nella Nakba, la Catastrofe del 1948.

Il linguaggio della Cancellazione del popolo palestinese è stato il fondamento condiviso tra tutti i funzionari e i governi israeliani, sebbene sia stato espresso in modi diversi. Ha sempre avuto una componente materiale, manifestandosi nella lenta ma decisa Occupazione delle case palestinesi in Cisgiordania, nella confisca delle fattorie e nella costante costruzione di “zone militari”.

Nonostante le affermazioni israeliane, questo “Genocidio Progressivo” non è direttamente collegato alla natura e al grado di Resistenza palestinese. Jenin e Masafer Yatta lo illustrano chiaramente.

Prendiamo, ad esempio, la Pulizia Etnica in corso nella Cisgiordania settentrionale, che, secondo l’UNRWA, è la peggiore dal 1967. Lo spostamento di decine di migliaia di palestinesi è stato giustificato da Israele come una necessità militare a causa della tenace Resistenza in quella Regione, principalmente Jenin, ma anche in altre aree.

Tuttavia, molte parti della Cisgiordania, inclusa l’area di Masafer Yatta, non hanno intrapreso una Resistenza armata. Eppure, sono state obiettivi primari per l’espansione Coloniale di Israele.

In altre parole, il Colonialismo israeliano non è in alcun modo collegato alla Resistenza, all’azione o all’inazione palestinese. Ciò è rimasto vero per decenni.

Gaza è un esempio lampante. Mentre veniva perpetrato uno dei Genocidi più orribili della storia recente, gli immobiliaristi israeliani, i membri della Knesset (Parlamento) e i rappresentanti del Movimento per gli Insediamenti illegali si incontravano tutti per discutere delle opportunità di investimento in una Gaza spopolata.

Gli insensibili magnati erano impegnati a promettere ville sulla spiaggia a prezzi competitivi mentre i palestinesi morivano di fame, in mezzo a un numero di cadaveri in continua crescita. Nemmeno la finzione può essere crudele quanto questa realtà.

Non c’è da stupirsi che gli americani si siano uniti, come dimostrano i commenti altrettanto spietati fatti da Jared Kushner, genero del Presidente degli Stati Uniti Donald Trump, e infine dal Presidente stesso.

Mentre molti all’epoca parlavano della stranezza della politica estera degli Stati Uniti, pochi menzionavano che entrambi i Paesi sono esempi lampanti di Colonialismo di Coloni. A differenza di altre Società Coloniali di coloni, sia Israele che gli Stati Uniti sono ancora impegnati nello stesso progetto.

Il desiderio di Trump di impossessarsi e rinominare il Golfo del Messico, la sua ambizione di occupare la Groenlandia e rivendicarla come territorio americano e, naturalmente, i suoi commenti sul possesso di Gaza sono tutti esempi di linguaggio e comportamento Coloniale.

La differenza tra Trump e i presidenti precedenti è che altri hanno usato il potere militare per espandere l’influenza degli Stati Uniti attraverso la guerra e centinaia di basi militari in tutto il mondo senza usare esplicitamente un linguaggio espansionista.

Al contrario, hanno fatto riferimento alla necessità di sfidare la “Minaccia Rossa” sovietica, “ripristinare la democrazia” e lanciare una “guerra al terrorismo” globale come giustificazioni per le loro azioni. Trump, tuttavia, non sente il bisogno di mascherare le sue azioni con una logica falsa e bugie vere e proprie. L’onestà brutale è il suo marchio di fabbrica, anche se in sostanza non è diverso dagli altri.

Libano e Siria

Israele, d’altra parte, raramente sente il bisogno di spiegare se stesso a qualcuno. Rimane un modello di Società Coloniale feroce e tradizionale che non teme alcuna responsabilità e non ha alcun riguardo per il Diritto Internazionale.

Mentre gli israeliani spingevano per conquistare e ripulire etnicamente Gaza, sono rimasti trincerati nel Libano meridionale, insistendo nel rimanere in cinque aree strategiche, violando così l’accordo di cessate il fuoco con il Libano, firmato il 27 novembre.

Un esempio perfetto è stata l’immediata, e intendo immediata, espansione nella Siria meridionale, nel momento in cui il Regime siriano è crollato l’8 dicembre.

Non appena gli eventi in Siria hanno aperto margini di sicurezza, i carri armati israeliani sono arrivati, gli aerei da guerra hanno distrutto quasi l’intero esercito siriano e il Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annullato l’accordo di armistizio firmato nel 1974.

Quell’espansione è continuata, sebbene la Siria non rappresentasse in alcun modo una cosiddetta minaccia alla sicurezza per Israele. Israele ora controlla il Monte Sheikh e la città di Quneitra all’interno della Siria.

L’insaziabile brama per la terra in Israele rimane forte come lo era al momento della formazione del Movimento Sionista e dell’acquisizione della Patria palestinese quasi otto decenni fa.

Questa consapevolezza è cruciale e i Paesi arabi, in particolare, devono capirlo. Sacrificare i palestinesi alla Macchina della Morte israeliana con il calcolo errato che le ambizioni di Israele sono limitate a Gaza e alla Cisgiordania è un errore fatale.

Israele non esiterà un minuto a muoversi militarmente in qualsiasi spazio geografico arabo nel momento in cui si sentirà in grado di farlo e troverà sempre il sostegno degli Stati Uniti e il silenzio europeo, indipendentemente da quanto siano distruttive le sue azioni.

Giordania, Egitto e altri Paesi arabi potrebbero trovarsi ad affrontare la stessa situazione della Siria oggi: guardare i loro territori divorati mentre rimangono impotenti e senza ricorso.

Questa consapevolezza dovrebbe interessare anche a coloro che sono impegnati a trovare “soluzioni” al “conflitto” Israelo-palestinese, che inquadrano il problema in modo restrittivo come quello dell’Occupazione israeliana della Cisgiordania e di Gaza.

Il Colonialismo dei Coloni non può mai essere risolto attraverso soluzioni creative. Uno Stato Coloniale di Coloni cessa di esistere e una Società Coloniale di Coloni cessa di funzionare se l’espansione territoriale non è uno stato di cose permanente.

L’unica soluzione a questo è che il Colonialismo dei Coloni di Israele deve essere sfidato, limitato e infine sconfitto. Può essere un compito difficile, ma è inevitabile.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org