Mahmoud Khalil rimarrà detenuto in Louisiana dopo una breve udienza in tribunale

Mercoledì in un’udienza tenutasi a New York City, gli avvocati di Mahmoud Khalil hanno dichiarato che non è stato permesso loro di avere contatti con lui dopo la sua detenzione. Nel frattempo, la motivazione dell’amministrazione Trump per la detenzione di Khalil continua a cambiare.

Fonte: English version

di Michael Arria, 12 marzo 2025

Immagine  di copertina: Mahmoud Khalil (foto per gentile concessione di Scrittori contro la guerra a Gaza)

Mahmoud Khalil continuerà a essere detenuto in una struttura ICE in Louisiana dopo una breve udienza tenutasi mercoledì mattina a New York.

In risposta a una istanza di habeas corpus e a una richiesta di trasferimento a New York, dove è stato arrestato, il giudice federale Jesse Furman ha richiesto ulteriori memorie da parte degli avvocati di Khalil e del governo degli Stati Uniti.

Gli avvocati di Trump hanno informato la corte che presenteranno una mozione per trasferire o respingere la richiesta di habeas corpus di Khalil, in quanto ritengono che New York sia “una sede impropria” per il caso e che non abbia alcuna giurisdizione.

Furman ha anche ordinato che Khalil possa comunicare con i suoi legali nei prossimi due giorni, mentre si preparano a rispettare le scadenze legali. Gli avvocati di Khalil hanno detto al giudice che non sono riusciti a parlare con il loro cliente.

“Non siamo riusciti a parlare con il nostro cliente nemmeno una volta da quando è stato tolto dalla circolazione a New York e portato a 1.000 miglia di distanza in Louisiana”, ha detto a Furman uno degli avvocati di Khalil, Ramzi Kassem.

“È difficile per noi continuare a lavorare come faremmo normalmente”, ha aggiunto.

Khalil non è apparso in tribunale né in video né al telefono durante l’udienza, che ha visto una folla di sostenitori radunarsi all’esterno.

Shezza Abboushi Dallal, un altro degli avvocati di Khalil, ha letto una dichiarazione della moglie incinta:

“Mio marito è stato rapito dalla nostra casa ed è vergognoso che il governo degli Stati Uniti continui a trattenerlo perché si è battuto per i diritti e la vita del suo popolo”, si legge. “Chiedo il suo rilascio immediato e il ritorno alla nostra famiglia. La sua scomparsa ha devastato le nostre vite”.

Il caso mutevole del governo

La settimana scorsa il Dipartimento di Sicurezza Nazionale (DHS) ha arrestato Khalil per la sua partecipazione alle proteste di solidarietà con Gaza nel campus della Columbia University la scorsa primavera.

L’arresto è avvenuto nonostante Khalil sia un residente permanente degli Stati Uniti con una green card in corso di validità. Durante l’arresto, gli agenti dell’ICE lo hanno informato che era stata revocata dal governo degli Stati Uniti insieme al suo visto da studente.

L’amministrazione Trump ha festeggiato la detenzione di Khalil sui social media. “Questo è il primo arresto di molti altri che verranno”, ha scritto il presidente Trump in un post su Truth Social. “Sappiamo che ci sono altri studenti alla Columbia e in altre università del Paese che si sono impegnati in attività pro-terrorismo, antisemite e anti-americane, e l’amministrazione Trump non lo tollererà. Molti non sono studenti, ma agitatori pagati”.

Lunedì il giudice Furman ha bloccato temporaneamente l’espulsione di Khalil e gli ha ordinato di rimanere negli Stati Uniti per “preservare la giurisdizione del tribunale”.

Una prima dichiarazione del Segretario di Stato Marco Rubio suggeriva che Khalil sarebbe stato perseguito in base alle leggi antiterrorismo per il suo presunto sostegno ad Hamas, ma il governo ha poi rivelato di averlo arrestato in base a una disposizione dell’Immigration and Nationality Act (INA).

“Uno straniero la cui presenza o attività negli Stati Uniti il Segretario di Stato abbia ragionevoli motivi per ritenere che possa avere conseguenze potenzialmente negative per la politica estera degli Stati Uniti è deportabile”, si legge nella disposizione.

Fonti a conoscenza della questione hanno dichiarato al New York Times che “l’argomentazione del signor Rubio è che gli Stati Uniti hanno una politica estera di lotta all’antisemitismo in tutto il mondo e che tollerare la continua presenza del signor Khalil negli Stati Uniti comprometterebbe questo obiettivo politico”.

Ironia della sorte, come osserva Andrew Silverstein su The Forward, questa stessa disposizione dell’INA è stata utilizzata negli anni Cinquanta per colpire i sopravvissuti all’Olocausto sospettati di essere agenti sovietici.

Nessuna base legale

“Il Primo Emendamento protegge il diritto del popolo di criticare il governo, le sue politiche e i governi stranieri come Israele, punto e basta”, ha dichiarato a Mondoweiss l’avvocato specializzato in immigrazione Eric Lee. “L’affermazione che i discorsi a favore dei palestinesi equivalgono al “terrorismo” non è altro che un pretesto e una menzogna”.

“Non c’è alcuna base legale per queste azioni. Non solo violano i diritti di libertà di parola dei non cittadini, ma violano anche i diritti di tutti i cittadini statunitensi”, ha proseguito. “Il Primo Emendamento non solo garantisce il diritto di parola, ma anche il diritto di ascolto. I cittadini hanno il diritto di ascoltare le opinioni anti-governative o pro-palestinesi dei loro amici, colleghi e collaboratori non cittadini”.

La detenzione di Khalil è stata condannata da gruppi per i diritti umani, attivisti e legislatori.

“I diritti costituzionali di Khalil sono stati violati. Gli è stato negato un accesso effettivo all’assistenza legale e alle visite della sua famiglia. Questo è assolutamente inaccettabile – e illegale”, si legge in una lettera inviata al Segretario del Dipartimento per la Sicurezza Nazionale Kristi Noem dalla rappresentante Rashida Tlaib (D-MI) e da altri 13 membri della Camera.

“L’arresto, la detenzione e il tentativo di deportazione di un importante attivista palestinese per i diritti umani per la sua attività, costituzionalmente protetta, con cui l’amministrazione non è d’accordo, non solo è palesemente illegale, ma è un ulteriore pericoloso passo verso la moderna repressione maccartista. I tribunali devono fermare questa illegalità prima che questa agghiacciante forma di repressione si espanda ulteriormente”, ha dichiarato il direttore legale del Centro per i diritti costituzionali Baher Azmy in un comunicato.

Venerdì la difesa e l’accusa presenteranno al giudice Furman una lettera congiunta in cui illustreranno i loro piani per le argomentazioni del caso.

 

Traduzione: Simonetta Lambertini – invictapalestina.org