La mano nascosta: i governi arabi e la perpetuazione della brutalità israeliana

Dall’inizio del Genocidio israeliano a Gaza il 7 ottobre 2023, la posizione araba su Israele è stata debole nella migliore delle ipotesi e insidiosa nella peggiore.

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 24 marzo 2025

Immagine di copertina: Un bambino viene portato all’obitorio dell’Ospedale Nasser dopo essere stato ucciso nell’attacco israeliano a Khan Younis, Gaza il 23 marzo 2025. (Abdallah F.s. Alattar – Anadolu Agency)

Spiegare il fallimento politico arabo nello sfidare Israele attraverso analisi tradizionali, come la disunione, la debolezza generale e l’incapacità di dare priorità alla Palestina, non coglie il quadro completo. L’idea che Israele stia brutalizzando i palestinesi semplicemente perché gli arabi sono troppo deboli per sfidare il governo di Benjamin Netanyahu, o qualsiasi altro governo, implica che, in teoria, gli Stati arabi potrebbero unirsi attorno alla Palestina. Tuttavia, questa visione semplifica eccessivamente la questione.

Molti commentatori pro-Palestina ben intenzionati hanno a lungo esortato le nazioni arabe a unirsi, a fare pressione su Washington affinché rivalutasse il suo incrollabile sostegno a Israele e ad adottare misure decisive per revocare l’assedio di Gaza, tra le altre questioni cruciali. Sebbene questi passaggi possano avere un certo valore, la realtà è molto più complessa e un simile pio desiderio difficilmente cambierà il comportamento dei governi arabi. Questi regimi sono più interessati a mantenere o tornare a una qualche forma di status quo, in cui la liberazione della Palestina rimane di secondaria importanza.

Dall’inizio del Genocidio israeliano a Gaza il 7 ottobre 2023, la posizione araba su Israele è stata debole nella migliore delle ipotesi e insidiosa nella peggiore. Alcuni governi arabi sono persino arrivati ​​al punto di condannare la Resistenza palestinese nei dibattiti delle Nazioni Unite. Mentre Paesi come la Cina e la Russia hanno almeno tentato di contestualizzare l’assalto di Hamas del 7 ottobre all’imposizione di un Brutale assedio a Gaza da parte delle Forze di Occupazione Israeliane, Paesi come il Bahrein hanno attribuito la colpa direttamente ai palestinesi.

Con poche eccezioni, ci sono volute settimane, persino mesi, ai governi arabi per sviluppare una posizione relativamente forte che condannasse l’offensiva israeliana in termini significativi.

Sebbene la retorica abbia iniziato a cambiare lentamente, le azioni non sono seguite. Mentre il Movimento Ansar Allah nello Yemen (gli “Houthi”), insieme ad altri attori arabi non statali, ha tentato di imporre una qualche forma di pressione su Israele attraverso un blocco, gli Stati arabi hanno invece lavorato per garantire che Israele potesse resistere alle potenziali conseguenze del suo isolamento.

Nel suo libro “Guerra”, Bob Woodward ha rivelato che alcuni governi arabi hanno detto all’allora Segretario di Stato americano Antony Blinken che non avevano obiezioni agli sforzi di Israele di schiacciare la Resistenza palestinese. Tuttavia, alcuni erano preoccupati per le immagini mediatiche di civili palestinesi mutilati, che avrebbero potuto suscitare disordini pubblici nei loro stessi Paesi. Quel malcontento pubblico non si è mai materializzato e, con il tempo, il Genocidio, la Carestia e le grida di aiuto a Gaza sono stati normalizzati come un altro tragico evento regionale, non diversamente dalle guerre civili in Sudan e Siria.

Per 15 mesi di implacabile Genocidio israeliano che ha portato all’uccisione e al ferimento di oltre 162.000 palestinesi a Gaza, le istituzioni politiche arabe ufficiali sono rimaste in gran parte irrilevanti in termini di sforzi per porre fine alla guerra. L’amministrazione statunitense Biden è stata incoraggiata da tale inazione araba e ha continuato a spingere per una maggiore normalizzazione tra i Paesi arabi e Israele, anche di fronte a oltre 15.000 bambini uccisi a Gaza nei modi più brutali immaginabili.

Mentre i fallimenti morali dell’Occidente, le carenze del Diritto Internazionale e le azioni Criminali di Biden e della sua amministrazione sono stati ampiamente criticati per aver fatto da scudo ai Crimini di Guerra di Israele, la complicità dei governi arabi nel consentire queste atrocità viene spesso ignorata. Gli arabi hanno, infatti, svolto un ruolo più significativo nelle atrocità israeliane a Gaza di quanto spesso riconosciamo; alcuni attraverso il loro silenzio, altri attraverso la collaborazione diretta con Israele.

Durante la guerra, sono emersi resoconti che indicavano che alcuni Paesi arabi avevano attivamente fatto pressioni a Washington per conto di Israele, opponendosi a una proposta della Lega Araba-Egiziana volta a ricostruire Gaza senza effettuare la Pulizia Etnica della sua popolazione, quest’ultima promossa dall’amministrazione Trump e da Israele.

La proposta egiziana, che è stata accettata all’unanimità dai Paesi arabi al loro vertice del 4 marzo, ha rappresentato la posizione più forte e unita assunta dal mondo arabo durante la guerra. La proposta, che è stata respinta da Israele e respinta dagli Stati Uniti, ha contribuito a spostare il discorso in America sul tema della Pulizia Etnica. Alla fine ha portato ai commenti di Trump il 12 marzo durante un incontro con il Primo Ministro irlandese Micheál Martin, tra cui: “Nessuno espellerà nessuno da Gaza”.

Per alcuni Stati arabi opporsi attivamente all’unica posizione araba relativamente forte indica che la questione dei fallimenti arabi in Palestina va oltre la mera disunione o incompetenza; riflette una realtà molto più oscura e cinica.

Alcuni Stati arabi allineano i loro interessi con Israele, per cui una Palestina libera non è solo un non-problema, è una minaccia.

Lo stesso vale per l’Autorità Nazionale Palestinese a Ramallah, che continua a lavorare mano nella mano con Israele per sopprimere qualsiasi forma di Resistenza in Cisgiordania. La sua preoccupazione a Gaza non è quella di porre fine al Genocidio, ma di garantire l’emarginazione dei suoi rivali politici palestinesi, in particolare Hamas. Pertanto, incolpare l’Autorità Nazionale Palestinese per mera “debolezza”, per “non aver fatto abbastanza” o per non essere riuscita a unire le fila palestinesi è una lettura errata della situazione. Le priorità di Mahmoud Abbas e dei suoi alleati dell’Autorità Nazionale Palestinese sono molto diverse: vogliono assicurarsi il controllo sui palestinesi, che può essere mantenuto solo attraverso il predominio militare di Israele.

Queste sono verità difficili, ma cruciali, poiché ci consentono di rianalizzare il contesto, allontanandoci dal falso presupposto che l’unità araba risolverà tutto. Il difetto della teoria dell’unità è che presuppone, ingenuamente, che gli Stati arabi rifiutino intrinsecamente l’Occupazione Israeliana e sostengano la Palestina.

Mentre alcuni governi arabi sono sinceramente indignati per il comportamento Criminale di Israele e sono sempre più frustrati dalle politiche irrazionali degli Stati Uniti nella Regione, altri sono spinti dall’interesse personale, tra cui la loro animosità verso l’Iran e la paura della crescente influenza degli attori arabi non statali. Sono ugualmente preoccupati per l’instabilità nella Regione, che minaccia la loro presa del potere in un Ordine Mondiale in rapido cambiamento. Mentre la solidarietà con la Palestina si è estesa dal Sud Globale alla maggioranza globale, i capi di Stato arabi rimangono ampiamente inefficaci, temendo che un cambiamento politico significativo nella Regione possa mettere direttamente in discussione le loro posizioni. Ciò che non riescono a capire è che il loro silenzio, o il loro sostegno attivo a Israele, potrebbe benissimo portare alla loro stessa caduta in ogni caso.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org