Le giustificazioni di Israele per l’attacco al centro UNRWA di Jabalia sono infondate e riflettono il disprezzo per la legge internazionale

L’uso da parte di Israele di armi altamente distruttive per attaccare un rifugio densamente popolato, che era principalmente pieno di bambini, dimostra un chiaro e deliberato intento di compiere un Massacro

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Dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo per i Diritti Umani – 3 aprile 2025 

Territorio Palestinese – Il bombardamento da parte dell’esercito israeliano di un centro sanitario dall’Agenzia delle Nazioni Unite per il Soccorso e l’Impiego dei profughi palestinesi nel vicino oriente (UNRWA) nel campo profughi di Jabalia nella Striscia di Gaza settentrionale è un vero e proprio atto di Omicidio di Massa. L’attacco è uno dei tanti che costituiscono un modello deliberato di Massacri commessi dalle forze israeliane contro i civili palestinesi come parte di un Genocidio in corso, che dura ormai da quasi 18 mesi.

Le forze israeliane hanno preso di mira il centro sanitario gestito dall’UNRWA, che ospitava centinaia di civili sfollati, approssimativamente alle 10:55 di mercoledì 2 aprile. L’assalto ha causato la morte di 22 persone, 16 delle quali erano donne, bambini o anziani, e decine di altri feriti. L’attacco riflette una deliberata politica israeliana di colpire assembramenti di civili e causare vittime di massa, come parte di uno sforzo organizzato per cancellare la presenza palestinese nella Striscia di Gaza.

L’attacco è stato duplice, con le forze israeliane che hanno colpito sia il lato settentrionale che quello meridionale del primo piano del centro. Il bombardamento ha anche innescato incendi che hanno causato numerose vittime civili.

Il personale sul campo dell’Osservatorio Euro-Mediterraneo ha visitato la scena subito dopo l’attacco e ha condotto una valutazione preliminare in loco senza trovare prove di alcuna presenza o attività militare palestinese all’interno o nei pressi della struttura, un’affermazione corroborata da numerosi testimoni oculari che hanno negato categoricamente la presenza di individui armati o di equipaggiamento militare nelle vicinanze prima dell’attacco.

L’uso da parte di Israele di armi altamente distruttive per attaccare un rifugio densamente popolato, che era principalmente pieno di bambini, dimostra un chiaro e deliberato intento di compiere un Massacro. Condanniamo questo palese disprezzo per la vita palestinese e la completa negazione di qualsiasi forma di sicurezza o protezione, persino all’interno di strutture delle Nazioni Unite che dovrebbero essere garantite da una protezione speciale ai sensi del Diritto Internazionale.

Ogni volta che i suoi attacchi scatenano l’indignazione internazionale, Israele ripete regolarmente la stessa narrazione, ovvero afferma di aver preso di mira i “militanti”, nel tentativo di giustificare le sue azioni. Tuttavia, Israele ha costantemente omesso di presentare alcuna prova verificabile di queste affermazioni o di consentire a parti indipendenti di indagare sulla loro legittimità.

L’attacco al centro UNRWA del campo profughi di Jabalia è un’altra grave violazione del Diritto Internazionale Umanitario e la comunità internazionale deve ritenere le autorità israeliane responsabili per i ripetuti e deliberati attacchi di Israele alle infrastrutture civili protette dalla legge.

Fare affermazioni infondate senza prove e bloccare le indagini su queste affermazioni non assolve Israele dalle sue responsabilità ai sensi del Diritto Internazionale umanitario, né esenta altri Stati dal loro obbligo legale di indagare su tali violazioni e garantire la responsabilità dei colpevoli.

L’accettazione automatica da parte della comunità internazionale delle affermazioni israeliane prive di fondamento credibile è sia legalmente che moralmente indifendibile. Questo tipo di complicità passiva di fatto concede a Israele un lasciapassare per continuare a colpire i civili sotto una falsa apparenza di legalità, esponendo così i fondamenti tendenziosi del sistema giuridico internazionale.

In una testimonianza, Souad Mohammed Zahir, una donna palestinese sfollata che ha cercato rifugio con la sua famiglia nella clinica UNRWA di Jabalia dopo che la loro casa era stata distrutta, ha detto: “Ci stavamo rifugiando nella clinica dopo aver ricevuto nuovi ordini di evacuazione. Era sovraffollata con centinaia di sfollati, per lo più donne e bambini. Stavo preparando il cibo quando ho sentito due forti esplosioni. L’intera clinica ha tremato: pietre, schegge e polvere volavano ovunque. Non riuscivo a vedere nulla a causa del fumo, ma sentivo le persone urlare da ogni angolo. Pochi minuti dopo, le persone hanno iniziato a estrarre i corpi da sotto le macerie, per lo più bambini”.

La trentenne Ghada Obeid, un’altra donna sfollata che era presente alla clinica durante l’attacco, ha descritto le orribili conseguenze: “Ho visto i resti sparsi di bambini, donne con il cranio schiacciato e altri che avevano perso gli arti. Membri delle famiglie Falouja, Imad, Abo Sa’da e Aliyan sono stati tutti uccisi in un istante. Non c’erano combattenti nella clinica, solo famiglie che cercavano sicurezza dalla morte che ci perseguita ovunque”.

Un terzo sopravvissuto, che ha chiesto l’anonimato per motivi di sicurezza, ha dichiarato: “La clinica era piena di donne e bambini. Durante il mio sfollamento, avevo stretto legami con diverse famiglie che vi soggiornavano, tra cui le famiglie Abo Sa’da e Aliyan. Dopo l’attacco, ho riconosciuto nove vittime della famiglia Abo Sa’da e cinque della famiglia Aliyan, la maggior parte delle quali bambini, così come molte altre sullo stesso piano che sono state uccise in un attacco simultaneo”. Ha sottolineato: “Non c’erano individui armati, contrariamente alle affermazioni israeliane. Tutti lì erano civili sfollati in cerca di rifugio, eppure nemmeno i rifugi gestiti dalle Nazioni Unite ci hanno risparmiato dai bombardamenti”.

In mezzo a un inaccettabile silenzio e inazione internazionale, e con palese disprezzo per il Diritto Internazionale e i principi umanitari, Israele sembra stia attuando una politica di terra bruciata contro la popolazione della Striscia di Gaza.

La comunità internazionale deve adottare misure immediate e concrete per fermare le atrocità israeliane in corso e garantire la protezione dei civili palestinesi, poiché un’ulteriore mancata azione non farà altro che consentire a Israele di continuare a commettere i suoi Crimini impunemente.

Anche se si accetta l’affermazione non provata che “individui armati” erano presenti nell’area il 2 aprile, tale circostanza non esenta Israele dai suoi obblighi legali vincolanti ai sensi del Diritto Internazionale, incluso il Diritto Internazionale Umanitario. Questi obblighi includono l’adesione ai principi fondamentali di umanità, distinzione, necessità militare, proporzionalità e precauzione. Per ridurre al minimo le vittime e i danni civili, questi principi devono essere sostenuti e garantiti da Israele durante la pianificazione e l’esecuzione di tutte le sue operazioni militari, senza eccezioni, inclusa la selezione di metodi e mezzi di guerra.

Israele ha il dovere legale di astenersi dal lanciare qualsiasi operazione militare in cui il danno calcolato per i civili superi il vantaggio militare previsto. Non farlo costituisce una grave violazione del Diritto Internazionale ed è considerato un Crimine di Guerra, come dimostrato da questo caso particolare, che è chiaramente parte di una politica sistematica più ampia perseguita da Israele nella Striscia di Gaza. Questa politica equivale a un elemento del Crimine di Genocidio in corso da parte di Israele contro la popolazione palestinese nella Striscia.

I modelli di condotta militare israeliana suggeriscono una strategia deliberata volta a eliminare i civili palestinesi in tutta la Striscia di Gaza; diffondere la paura tra loro; privarli di un rifugio o anche di una stabilità momentanea; e spostarli ripetutamente con la forza, sottoponendoli a condizioni di vita pericolose per la vita. Ciò viene realizzato attraverso bombardamenti sostenuti, prendendo di mira le “zone umanitarie” designate e concentrandosi sull’attacco ai centri di rifugio, compresi quelli situati all’interno delle strutture dell’UNRWA.

Tutti gli Stati, sia individualmente che collettivamente, devono adempiere alle proprie responsabilità legali adottando misure immediate per fermare il Crimine di Genocidio nella Striscia di Gaza in tutte le sue forme; adottare tutte le misure necessarie per proteggere i civili palestinesi; garantire il rispetto da parte di Israele del Diritto Internazionale e delle sentenze della Corte Internazionale di Giustizia; e garantire che i funzionari israeliani siano ritenuti responsabili dei loro Crimini. I mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale contro il Primo Ministro e il Ministro della Difesa israeliani devono essere implementati e questi individui devono essere portati davanti alla giustizia internazionale.

Inoltre, la comunità internazionale deve imporre sanzioni economiche, diplomatiche e militari a Israele per le sue sistematiche e gravi violazioni del Diritto Internazionale. Queste misure dovrebbero includere il divieto di importazione ed esportazione di armi da e verso Israele; la cessazione di tutte le forme di sostegno politico, finanziario e militare; e il congelamento dei beni appartenenti a individui responsabili di Crimini contro i palestinesi. È anche importante imporre divieti di viaggio e sospendere accordi e privilegi commerciali bilaterali che consentono a Israele di trarre vantaggi economici continuando a commettere Crimini internazionali.

Infine, tutti gli Stati e le entità interessate devono ritenere responsabili quegli Stati complici o facilitatori dei Crimini di Israele, in particolare gli Stati Uniti, così come altri governi che forniscono qualsiasi forma di assistenza o cooperazione (militare, di intelligence, politica, legale, finanziaria o mediatica) che contribuisce alla continuazione di tali violazioni.

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org