Rompere il silenzio sulla lotta armata palestinese: un appello alla chiarezza giuridica

L’uso della forza da parte del popolo palestinese per Resistere all’Oppressione straniera e completare la creazione di uno Stato indipendente è un diritto inalienabile

Fonte: English version

Di Ramzy Baroud – 3 aprile 2025

Il 22 febbraio 2024, l’ambasciatore cinese all’Aja, Zhang Jun, ha pronunciato l’inaspettato. La sua testimonianza, come quella di molti altri, aveva lo scopo di aiutare la Corte Internazionale di Giustizia a formulare un parere legale critico e atteso da tempo sulle conseguenze legali dell’Occupazione israeliana della Palestina.

Zhang ha articolato la posizione cinese che, a differenza dell’intervento dell’inviato americano, era interamente allineata alle leggi internazionali e umanitarie. Ma si è addentrato in un campo minato, toccando un argomento che persino gli alleati più stretti della Palestina in Medio Oriente e nel Sud del mondo non hanno osato toccare: il Diritto di Resistere con qualsiasi mezzo, “inclusa la lotta armata”.

“L’uso della forza da parte del popolo palestinese per Resistere all’Oppressione straniera e completare la creazione di uno Stato indipendente è un diritto inalienabile”, ha affermato l’ambasciatore cinese. “La lotta condotta dai popoli per la loro liberazione, il diritto all’autodeterminazione, inclusa la lotta armata contro il Colonialismo, l’Occupazione, l’aggressione, il Dominio contro le forze straniere non dovrebbe essere considerata un atto terroristico”, ha insistito.

Come prevedibile, i commenti di Zhang non hanno avuto molta risonanza.

Né i governi né gli intellettuali, compresi molti di sinistra, hanno usato le sue osservazioni come un’opportunità per esplorare la questione in modo più approfondito. È molto più comodo assegnare ai palestinesi il ruolo della vittima o del cattivo. Un palestinese che Resiste all’Occupazione, uno con capacità e controllo sul proprio destino, è sempre un campo pericoloso per un’analisi onesta.

Le osservazioni di Zhang, tuttavia, erano allineate interamente al Diritto Internazionale. Pertanto, Romana Rubeo e io non potevamo rinunciare all’opportunità di discutere l’argomento in una recente intervista che abbiamo condotto con il Professor Richard Falk, un importante studioso di Diritto Internazionale ed ex Relatore Speciale delle Nazioni Unite per la Palestina. Falk non è solo un esperto legale, per quanto affermato nel campo. È anche un profondo intellettuale e un acuto studioso di storia. Sebbene parli con grande attenzione, non esita né usa mezzi termini. Le sue idee possono sembrare “radicali”, ma solo se il termine è compreso entro i limiti intellettuali dei media tradizionali e del mondo accademico. Inoltre, egli non parla di “senso comune”, secondo il principio gramsciano, ma di “buon senso”, un linguaggio perfettamente razionale, anche se spesso incoerente con il pensiero dominante.

Abbiamo chiesto al Professor Falk specificamente del diritto del popolo palestinese a difendersi e, più specificamente, della lotta armata e della sua coerenza (o mancanza di coerenza) con il Diritto Internazionale.

“Sì, penso che questa sia una corretta comprensione del Diritto Internazionale, una di cui l’Occidente, in generale, non vuole sentir parlare”, ha detto Falk in risposta ai commenti di Zhang all’Aja. “Il Diritto alla Resistenza è stato affermato durante il processo di decolonizzazione negli anni ’80 e ’90, e questo includeva il Diritto alla Resistenza armata. Tuttavia, questa Resistenza è soggetta al rispetto delle leggi internazionali di guerra”.

Anche il preambolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani afferma che: “Considerando che è essenziale, se l’uomo non deve essere costretto a ricorrere, come ultima risorsa, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione, che i diritti umani siano protetti dallo Stato di Diritto”.

Israele non rispetta le leggi internazionali di guerra. L’intera situazione a Gaza è uno degli esempi più flagranti del completo disprezzo di Israele, non solo per le leggi di guerra, ma anche per l’intero apparato di leggi internazionali e umanitarie.

I palestinesi, d’altro canto, sono in uno stato permanente di autodifesa. Sono guidati da un insieme di valori diverso da quelli sostenuti da Israele e sono pienamente consapevoli della necessità di mantenere la legittimità morale nei loro metodi di Resistenza.

Quindi, “il rispetto delle leggi di guerra” implicherebbe un impegno a proteggere i civili; rispettare e proteggere i “feriti e i malati in ogni circostanza”; “prevenire sofferenze inutili” limitando “i mezzi e i metodi di guerra”; e condurre attacchi “proporzionati”, tra gli altri principi.

Questo ci porta agli eventi del 7 ottobre 2023, all’Operazione Onda di Al-Aqsa all’interno di quella che è nota come la Regione della Sacca di Gaza nel Sud di Israele. “Nella misura in cui ci sono prove concrete di atrocità che accompagnano l’attacco del 7 ottobre, queste costituirebbero violazioni, ma l’attacco in sé è qualcosa che, nel contesto, appare del tutto giustificabile e atteso da tempo”, ha affermato Falk.

La dichiarazione di cui sopra è sconvolgente, per usare un eufemismo. È una delle più chiare distinzioni tra l’operazione stessa e alcune accuse, molte delle quali sono già state dimostrate false, su ciò che potrebbe essere accaduto durante l’incursione transfrontaliera della Resistenza palestinese.

Questo è il motivo per cui Israele, gli Stati Uniti e i loro alleati nei governi e nei media occidentali si sono sforzati di travisare gli eventi che hanno portato alla Guerra Genocida in corso e hanno fatto ricorso a ripetute bugie su stupri di massa, decapitazioni di bambini e massacri insensati di innocenti partecipanti a un festival musicale. Creando questa narrazione fuorviante, Israele è riuscito a spostare il dibattito dagli eventi che hanno portato al 7 ottobre e ha messo i palestinesi sulla difensiva, accusandoli di aver compiuto orrori indicibili contro civili innocenti.

“Una delle tattiche usate dall’Occidente e da Israele è stata quella di riuscire quasi a decontestualizzare il 7 ottobre in modo che sembrasse essere arrivato all’improvviso”, ha spiegato Falk. “Il Segretario Generale delle Nazioni Unite è stato persino diffamato come antisemita per aver semplicemente sottolineato il fatto più ovvio: che c’era stata una lunga storia di abusi del popolo palestinese che lo avevano preceduto”. Questo era un riferimento alla dichiarazione di Antonio Guterres secondo cui il 7 ottobre “non è arrivato dal nulla”.

Richard Falk è una figura iconica e uno degli accademici e sostenitori del Diritto Internazionale più influenti del nostro tempo.

Le sue parole devono ispirare una discussione aperta e onesta sulla Resistenza palestinese.

La sua storia non è una storia di Resistenza armata, di per sé. Quest’ultima è una mera manifestazione di una lunga storia di Resistenza popolare che tocca tutti gli aspetti dell’espressione sociale, tra cui, tra le altre cose, cultura, spiritualità, disobbedienza civile, scioperi generali, proteste di massa e scioperi della fame. Tuttavia, se i palestinesi riusciranno a collocare la loro Resistenza armata, purché rispetti le leggi di guerra, all’interno di un quadro legale, allora i tentativi di delegittimare la lotta palestinese, o ampie fasce della società palestinese, saranno sfidati e alla fine sconfitti. Nel frattempo, però, Israele continua a godere dell’impunità da qualsiasi azione significativa da parte delle istituzioni internazionali, e sono i palestinesi che continuano a essere accusati, invece di essere sostenuti nella loro legittima lotta per la libertà, la giustizia e la liberazione. Solo voci coraggiose come quelle di Zhang e Falk, tra molte altre, alla fine correggeranno questo linguaggio distorto.

Ramzy Baroud è un giornalista e redattore di The Palestine Chronicle. È autore di sei libri. Il suo ultimo libro, curato insieme a Ilan Pappé, è “La Nostra Visione per la Liberazione: Leader Palestinesi Coinvolti e Intellettuali Parlano”. Ramzy Baroud è un ricercatore senior non di ruolo presso il Centro per l’Islam e gli Affari Globali (CIGA), dell’Università Zaim di Istanbul (IZU).

Traduzione: Beniamino Rocchetto – Invictapalestina.org