Dietro la decisione del tribunale di rilasciare Georges Abdallah si cela una campagna popolare decennale, recentemente rinvigorita dal genocidio israeliano a Gaza.
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Basma El Atti – Rabat – 17 luglio 2025
Immagine di copertina: Dopo quattro decenni, Georges Abdallah potrebbe finalmente uscire di prigione e il movimento che ha contribuito a ispirare non accenna a spegnersi. [Getty]
Dopo oltre 40 anni dietro le sbarre, Georges Abdallah, il militante comunista libanese un tempo definito il “nemico pubblico numero uno” della Francia, è finalmente pronto a camminare libero.
Questa mattina presto, una corte d’appello di Parigi ha concesso la liberazione condizionale al 73enne, incarcerato dal 1984 per il suo presunto coinvolgimento negli omicidi di diplomatici statunitensi e israeliani.
Il suo rilascio, previsto per il 25 luglio, è subordinato a una condizione: l’espulsione definitiva dal territorio francese. Il Libano ha confermato in una lettera al tribunale che si assumerà la responsabilità del suo rimpatrio.
Tuttavia, dietro la decisione legale si cela una campagna popolare durata decenni, recentemente rinvigorita dal genocidio israeliano a Gaza, che gli attivisti affermano essere stato fondamentale per garantire la libertà di Abdallah .
Georges Abdallah: un simbolo di resistenza
“Per noi, questa è prima di tutto la vittoria di Georges Abdallah”, ha dichiarato a The New Arab Tom Martin, membro francese del collettivo di sostegno che si batte per la sua liberazione. “Nonostante oltre quarant’anni di carcere, è rimasto saldo nelle sue convinzioni politiche: comunista e antimperialista”.
Martin ha sottolineato che la vittoria appartiene anche alla più ampia rete di sostenitori in Francia , Libano, Palestina e oltre.
“Dopo 40 anni, Georges Abdallah non è stato solo ricordato, ma è diventato un simbolo per una nuova generazione”, ha osservato Martin.
Nel 1987 Abdallah venne condannato all’ergastolo per il suo coinvolgimento negli omicidi del diplomatico statunitense Charles Ray a Parigi e del diplomatico israeliano Yacov Barsimantov nel 1982 e nel tentato omicidio del console generale statunitense Robert Homme a Strasburgo nel 1984.
Abdallah ha sempre sostenuto di essere un “combattente” che ha lottato per i diritti dei palestinesi e non un “criminale”.
Il suo rifiuto di rinunciare alle sue convinzioni, compresa la sua definizione degli omicidi come “atti di resistenza”, lo resero una figura divisiva nelle aule di tribunale, ma venerata nelle strade.
“Ciò dimostra che la speranza per i popoli della regione risiede nella resistenza e deve servire da fondamento per rafforzare la solidarietà con la Palestina, la sua resistenza e i suoi 10.800 prigionieri politici”, ha aggiunto Martin.
Una lunga strada verso la libertà bloccata dalla politica
Sebbene tecnicamente idoneo al rilascio dal 1999, le richieste di Abdallah sono state ripetutamente respinte. Il suo avvocato attribuisce ciò in gran parte alle pressioni politiche degli Stati Uniti, che sono parte civile nel caso, e dei successivi governi francesi.
“È sia una vittoria giudiziaria che uno scandalo politico. Avrebbe dovuto essere rilasciato molto tempo fa”, ha dichiarato Jean-Louis Chalanset, avvocato di Abdallah, dopo l’udienza.
Gli Stati Uniti si sono costantemente opposti al suo rilascio, mentre i tribunali francesi hanno ritardato le decisioni, citando il suo rifiuto di pagare i danni o di esprimere rimorso, chiedendo uno “sforzo significativo” per risarcire le famiglie delle vittime.
Tuttavia, in una nuova udienza del 19 giugno, senza fornire dettagli sulla posizione del suo cliente o sulla provenienza dei fondi, l’avvocato di Georges Abdallah ha informato i giudici che sul suo conto in carcere erano ora presenti 16.000 euro, a disposizione delle parti civili, compresi gli Stati Uniti.
Eppure, molti credono che la svolta non sia avvenuta in tribunale, ma nelle strade.
“La crescente mobilitazione è stata decisiva. Era diventato il prigioniero politico detenuto più a lungo in Europa e quella condanna senza precedenti è diventata indifendibile”, ha detto Martin.
I sostenitori si riunivano ogni anno fuori dal carcere di Lannemezan, dove Abdallah era detenuto. Il suo nome è diventato un punto fermo nelle manifestazioni pro-Palestina, con murales e petizioni apparsi in università e sindacati in tutta la Francia, nel Medio Oriente e in Africa Settentrionale e oltre.
In Tunisia, l’attivista pro-Palestina Wael Naouar, che mercoledì ha preso parte a una protesta per la liberazione di Abdallah, ha descritto lo stato d’animo dopo la decisione della corte come “un misto di gioia e scetticismo”, citando la storica tendenza della Francia a eludere le sentenze legali nel caso di Abdallah.
Il procuratore generale francese potrebbe ancora presentare ricorso contro la decisione, ma dal punto di vista legale ciò non ritarderà il rientro di Abdallah in Libano, previsto per venerdì prossimo.
In Libano, sollievo e cautela
La notizia dell’imminente rilascio di Abdallah è stata accolta con cauto ottimismo in Libano, dove il suo caso è da tempo una questione diplomatica importante, anche se spesso trascurata.
“Georges Abdallah è il prigioniero politico in carcere da più tempo in Europa, un continente che si vanta della propria libertà”, ha dichiarato ad Al-Araby Al-Jadeed Abdel Rahman Bizri, un parlamentare libanese che ha incontrato il Primo Ministro Nawaf Salam poco prima della sentenza .
Bizri ha riconosciuto che, nonostante il Libano abbia risposto quando richiesto, la questione non è mai stata una priorità nelle relazioni franco-libanesi.
“Avrebbe dovuto essere trattata con maggiore serietà”, ha aggiunto
Altri hanno espresso preoccupazione per il fatto che le autorità francesi potrebbero trovare il modo di ritardare la sua partenza.
“Si teme che la Francia possa imporre ostacoli amministrativi, come ha già fatto in passato, soprattutto perché il suo rilascio è subordinato all’espulsione”, ha dichiarato Wadih Al-Asmar, direttore del Centro libanese per i diritti umani. “Esortiamo lo Stato libanese a garantire l’attuazione di questa sentenza”.
Cosa aspettarsi adesso?
Georges Abdallah era, negli anni ’80, il “nemico pubblico numero uno” della Francia e uno dei prigionieri più famosi del Paese. Non per il suo caso, ma perché a lungo si è creduto, a torto, che fosse l’ideatore dell’ondata di attentati del 1985-1986 che uccise 13 persone, tra cui sette al negozio Tati in Rue de Rennes, e che scatenò un panico diffuso nella capitale.
I veri autori, militanti filo-iraniani, furono identificati due mesi dopo la condanna all’ergastolo di Georges Abdallah.
Non ha mai ammesso il suo coinvolgimento negli omicidi di diplomatici a Parigi. Tuttavia, li ha sempre descritti come “atti di resistenza” contro “l’oppressione israeliana e americana”, nel contesto della guerra civile libanese e dell’invasione israeliana del Libano meridionale nel 1978.
Si è sempre rifiutato di rinunciare alle sue convinzioni. Il suo gruppo, le Fazioni Rivoluzionarie Armate Libanesi (FARL), è stato sciolto da tempo e “non ha commesso atti di violenza dal 1984”.
Ciononostante, Abdallah è rimasto in prigione, non per quello che avrebbe potuto fare, sostengono molti, ma per quello che rappresenta.
Con l’avvicinarsi del suo rilascio a luglio, gli attivisti rimangono vigili. Sebbene la sentenza del tribunale non possa essere sospesa in appello, i sostenitori sono diffidenti, visti i ritardi registrati.
Nel gennaio 2013, un tribunale francese ne aveva approvato la liberazione condizionale, subordinandola all’espulsione immediata in Libano. Tuttavia, il Ministero dell’Interno, allora guidato da Manuel Valls, si era rifiutato di firmare il decreto di espulsione necessario per l’attuazione della decisione.
Oggi, il ministero guidato da Bruno Retailleau, esponente della destra critica nei confronti della liberazione di Abdallah, potrebbe ostacolare in modo analogo la sentenza.
“Per una volta, le autorità francesi hanno agito indipendentemente dalle pressioni di Israele e degli Stati Uniti”, ha dichiarato Robert Abdallah, suo fratello, all’AFP . “Non avrei mai pensato che questo giorno sarebbe arrivato”.
Per molti negli ambienti filo-palestinesi in Francia e in tutto il mondo arabo, la liberazione di Georges Abdallah dopo quattro decenni non segna la fine di una lotta, ma l’alba di una nuova era, un’era in cui le voci anti-israeliane si faranno più forti, sfidando uno status quo filo- israeliano che per lungo tempo è rimasto incontrastato.
Traduzione a cura di Grazia Parolari
“Tutti gli esseri senzienti sono moralmente uguali”
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