Come Israele sta gettando le basi per la pulizia etnica nel Libano meridionale

Le contrattazioni interne sul disarmo di Hezbollah stanno oscurando le dimensioni regionali e a lungo termine della guerra di Israele.

Fonte: English version

Di Hicham Safieddine – 10 ottobre 2025

Lo scorso autunno, Israele ha lanciato una guerra brutale e sanguinosa contro il Libano, con conseguenze devastanti. Dopo lo scoppio dei combattimenti l’8 ottobre 2023 e fino alla firma dell’accordo di cessate il fuoco il 27 novembre 2024, gli attacchi israeliani hanno ucciso più di 4.000 persone, tra cui più di 300 bambini, e ne hanno ferite quasi 17.000.

A seguito dell’intensificazione su vasta scala di Israele nel settembre 2024, oltre un milione di persone sono state sfollate. Le tattiche terroristiche di Israele spaziavano dall’esplosione indiscriminata di cercapersone portatili negli spazi pubblici, ai bombardamenti a tappeto aerei di quartieri residenziali, agli assassinii in massa dei vertici politici e militari di Hezbollah, fino a un’invasione di terra che ha lasciato una scia di morte e distruzione.

Dall’accordo di cessate il fuoco, la guerra di Israele è continuata con altri mezzi. Nonostante la cessazione di tutte le operazioni militari da parte di Hezbollah, la sorveglianza e gli attacchi con droni israeliani, così come occasionali bombardamenti di artiglieria e attacchi aerei, sono all’ordine del giorno.

Le forze israeliane occupano ancora diverse cime collinari all’interno del territorio libanese, che si estendono per l’intera larghezza del confine. L’espansione e la fortificazione di queste basi sono in corso.

La copertura mediatica e l’analisi politica del dopoguerra si sono concentrate principalmente su uno degli obiettivi dichiarati di Israele: il disarmo di Hezbollah. In Libano, le forze politiche alleate con gli Stati Uniti e gli Stati del Golfo nell’orbita di Washington hanno trasformato questa richiesta nel loro mandato decisivo.

Sostenuto dal rumoroso Primo Ministro Nawaf Salam e da un Presidente più calcolatore, Joseph Aoun, il disarmo di Hezbollah è presentato come un passo indispensabile per ripristinare la sovranità libanese e un prerequisito per qualsiasi ripresa economica, inclusa la tanto necessaria ricostruzione postbellica.

Le contrattazioni interne sul destino delle armi di Hezbollah in relazione alla sovranità statale mettono in ombra le dimensioni regionali e a lungo termine della guerra di Israele contro il Libano nella realtà post-7 ottobre. La ricerca di una supremazia militare regionale incontrollata da parte di Israele, e il suo conseguente, la creazione del Grande Israele, ha comportato una nuova realtà nel Libano meridionale che, se non controllata, potrebbe equivalere a una Pulizia Etnica.

I fatti attuali sul campo puntano in questa direzione e sono in linea con le ambizioni e le politiche coloniali Sioniste di lunga data, risalenti a oltre un secolo fa.

Spopolamento dei villaggi

Recenti rapporti di gruppi umanitari internazionali e agenzie per i diritti umani hanno evidenziato l’entità della distruzione sistematica e indiscriminata che l’esercito israeliano ha inflitto alla Regione di confine del Libano meridionale dall’inizio dell’intensificazione dello scorso anno. I rapporti evidenziano preoccupanti tendenze di sfollamento forzato e spoliazione, difficili da giustificare da un punto di vista puramente militare.

Secondo Medici Senza Frontiere, i frequenti attacchi israeliani avvenuti dopo l’accordo di novembre hanno impedito il ritorno di oltre 82.000 sfollati.

Molti degli ospedali e delle strutture di assistenza primaria danneggiati dagli attacchi israeliani durante la guerra rimangono chiusi e alcuni necessitano di interventi di ristrutturazione. Almeno 57 persone sono state uccise mentre cercavano di tornare alle proprie case. Israele ha dichiarato ufficialmente che chiunque si sposti a Sud di una linea approssimativamente parallela al confine, profonda tra i 3 e gli 11 chilometri, “si mette in pericolo”.

Immagini satellitari e filmati analizzati da Amnesty International rivelano che tra il 1° ottobre 2024 e il 26 gennaio 2025, Israele ha distrutto più di 10.000 strutture, tra cui luoghi di culto, terreni agricoli e persino un campo da calcio. In diversi comuni, il danno è stato pressoché totale, colpendo il 70% di tutte le strutture.

La maggior parte di questi siti è stata attaccata dopo, non prima, la fine dei combattimenti, con esplosivi piazzati manualmente e ruspe.

Amnesty non ha trovato prove della presenza di combattenti di Hezbollah al momento della detonazione. Al contrario, le prove video mostrano israeliani che si rallegrano della distruzione e recitano slogan d’odio come: “che il tuo villaggio bruci”. Questo comportamento è simile a quello emerso da filmati provenienti da Gaza ed è spesso associato a Intenti Genocidi o a desideri di Pulizia Etnica.

I timori di una Pulizia Etnica nel Libano meridionale non si fondano solo sulla realtà presente e sui rischi futuri, ma anche su eredità passate, tra cui la tragica storia dei “sette villaggi perduti”.

Nel 1923, l’accordo anglo-francese che demarcava i confini tra il neonato Grande Libano e la Palestina sotto Mandato Britannico riassegnò sette villaggi originariamente considerati libanesi al Mandato Britannico. Per secoli, questi villaggi, come altri a cavallo tra l’attuale Libano meridionale e la Palestina settentrionale Occupata, erano esistiti come parte di un Regno Ottomano indiviso.

Nel 1948, i sette villaggi condivisero il destino di altri villaggi palestinesi: subirono una Pulizia Etnica da parte delle milizie Sioniste, i loro nomi furono sostituiti da quelli di insediamenti ebraici e la maggior parte dei loro abitanti fu espulsa in Libano. Molti dei sopravvissuti e i loro discendenti furono privati ​​dei loro documenti libanesi e non riconosciuti come rifugiati palestinesi. Continuano a vivere in un limbo legale.

Colonizzazione del Libano meridionale

La Pulizia Etnica Sionista nella Regione libanese meridionale di Jabal Amel sarebbe stata molto più estesa se non fosse stato per le rivalità imperialiste del periodo successivo alla Prima Guerra Mondiale.

Per i primi Sionisti, Colonizzare la Palestina significava Colonizzare il territorio più vasto possibile, che si sovrapponesse vagamente alla loro visione biblica della Terra Santa.

Le mappe presentate dall’Organizzazione Sionista Mondiale alla Conferenza di Parigi mostrano chiaramente che i Sionisti cercavano di includere nel loro territorio il Libano meridionale, compreso il fiume Litani e fino alla città costiera di Saida, a circa 60 km dall’attuale confine.

I Sionisti, come tutti i coloni europei, erano anche desiderosi di assicurarsi le terre più fertili e le fonti d’acqua dolce. I confini orientali della mappa proposta includevano ampie fasce di territorio siriano e giordano che inglobavano completamente il lago di Tiberiade e il fiume Giordano. Le controproposte francesi costrinsero i Sionisti a limitare le loro attività dopo la Prima Guerra Mondiale a quella che oggi è definita Palestina Storica.

Le ambizioni iniziali di colonizzare il Libano meridionale furono accantonate, ma mai spente. Durante quest’ultima guerra, Michael Freund, che in precedenza era stato vicedirettore della comunicazione del Primo Ministro israeliano Benjamin Netanyahu, affermò che “storicamente parlando, il Libano meridionale è in realtà il Nord di Israele”. Citò il Libro di Giosuè, che menziona “Sidone esplicitamente come promessa al popolo ebraico”. Freund elencò anche diversi santuari nel Sud come ebraici e come prova del diritto alla terra.

L’invocazione di siti religiosi come giustificazione per la Conquista Coloniale è un vecchio e sfatato luogo comune Sionista. Freund non fu il solo a riproporlo. Uno degli pseudo-archeologi israeliani, Zeev Erlich, era infiltrato nell’esercito israeliano durante la recente invasione del Libano. Le truppe israeliane bruciarono e distrussero parti del santuario. Prima di ritirarsi, demolirono gli edifici storici circostanti del quartiere vecchio del villaggio, proprio il luogo che rivendicavano come loro.

Secondo quanto riferito, Israele avrebbe insistito affinché diversi villaggi di confine rimanessero spopolati, in quanto parte di una zona cuscinetto.

Resistenza e ritorno

Nonostante la politica della Terra Bruciata di Israele e la Complicità del governo libanese nel rifiutarsi di finanziare la ricostruzione nel Sud, la popolazione di Jabal Amel ha dimostrato una straordinaria determinazione a resistere.

Nel gennaio 2025, migliaia di libanesi hanno sfidato l’ordine israeliano di non tornare nei loro villaggi. Sono tornati indietro e sono entrati nei loro villaggi, con più di una dozzina di persone cadute sotto il fuoco israeliano. Da allora, sono state avviate numerose iniziative per istituire scuole di fortuna, ricostruire piazze e luoghi di culto nei villaggi e rilanciare la produzione agricola.

Un ritorno alla normalità, tuttavia, è ancora lontano. Senza sicurezza e il ripristino di una certa deterrenza militare, la minaccia di sfollamenti a lungo termine è in aumento.

Quasi un anno dopo che le armi di Hezbollah tacciono, l’esercito libanese ha fallito miseramente nel proteggere la popolazione del Sud. Finché l’esercito sarà vincolato all’influenza e ai finanziamenti statunitensi, non sarà mai equipaggiato per fronteggiare Israele.

L’inviato statunitense Tom Barrack ha affermato questo quando ha escluso la possibilità di fornire armi alle forze armate libanesi che consentirebbero loro di combattere Israele.

Il più recente “pacchetto di assistenza alla sicurezza” di Washington per il Libano, del valore di soli 14 milioni di dollari (12 milioni di euro), riflette questa politica. Tra i materiali elencati figurano cariche di demolizione, corde detonanti, accenditori a tempo per micce e altri dispositivi chiaramente progettati, come afferma esplicitamente l’annuncio, per “smantellare depositi di armi e infrastrutture militari di gruppi non statali, tra cui Hezbollah”.

Se lo status quo persiste, è probabile che la Resistenza armata riprenda. La piena Liberazione e la Pace nel Sud, tuttavia, rimarranno irraggiungibili fino alla Liberazione della Palestina. Questa è una realtà storica e una certezza futura.

Hicham Safieddine è titolare della Cattedra di Ricerca Canadese in Storia del Medio Oriente Moderno e Professore Associato di Storia presso l’Università della Columbia Britannica. È autore di Banking on the State: The Financial Foundations of Lebanon (Contare sullo Stato: I Fondamenti Finanziari del Libano – SUP, 2019), curatore di Arab Marxism and National Liberation: Selected Writings of Mahdi Amel (Marxismo Arabo e Liberazione Nazionale: Scritti Selezionati di Mahdi Amel – Brill, 2020) e co-curatore di The Clarion of Syria: A Patriot’s Call against the Civil War of 1860 (Il Clarion della Siria: l’Appello di un Patriota Contro la Guerra Civile del 1860 – CUP, 2019).

Traduzione a cura di: Beniamino Rocchetto 
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