Gerusalemme al punto di rottura

A cura di: Omar Robert Hamilton on October 5, 2015

Palestinians protest as right-wing Israelis tour the Noble Sanctuary (Haram al-Sharif) mosque complex, known as the Temple Mount to Jews, in the Old City of Jerusalem, October 1, 2014. (Photo: EPA)
Palestinians protest as right-wing Israelis tour the Noble Sanctuary (Haram al-Sharif) mosque complex, known as the Temple Mount to Jews, in the Old City of Jerusalem, October 1, 2014. (Photo: EPA)

Nel 1967 Israele conquistò la Cisgiordania militarmente e unilateralmente annesse Gerusalemme. In 48 anni  Israele ha utilizzato una serie di metodi fisici, legali e psicologici per cercare di forzare le popolazioni palestinesi a lasciare le  loro case e rivendicare la città come la capitale etnicamente pura dello stato ebraico.

Per anni il senso imperativo in città è stato di costrizione, di cappio lentamente e irreversibilmente stretto intorno al collo di quei 370.000 palestinesi.

Un enorme anello in cemento di soli  insediamenti ebraici è stato costruito intorno alla città. Un muro dell’apartheid divide dal resto della Cisgiordania. Autostrade e linee ferroviarie tagliano  i quartieri palestinesi. Le case vengono demolite e i bambini sono incarcerati mentre le comunità vengono regolarmente minacciate da coloni armati e dai soldati che li appoggiano.

I permessi di soggiorno vengono revocati alla minima occasione, quindi non ci si può sposare, studiare o lavorare al di fuori della città. C’è un dirottamento strategico dei fondi e dei servizi comunali per mantenere le scuole poco efficienti, le strade sporche e le case scollegate dalla rete idrica. C’è l’umiliazione psicologica quotidiana di vivere sotto la trionfante bandiera israeliana  in un’economia incalzante legata al turismo israeliano.

Al centro simbolico di tutto è il Nobile Santuario: un bellissimo giardino murato che contiene due delle moschee più importanti del mondo, Al Aqsa e la Cupola della Roccia. E’ il cuore di Gerusalemme,  il Premio Estremo.

Quando sono andato a Gerusalemme nel 2002, sono passato da un piccolo negozio nella Città Vecchia. In esso erano venduti i modellini del Terzo Tempio: un santuario che un gruppo estremista di coloni aveva in programma di costruire al posto della Cupola della Roccia.

Oggi quel movimento marginale con il sostegno del governo è diventato mainstream. Hole-in-the-wall è ormai un emporio e in tutto il quartiere ebraico si trovano in vendita cartoline, piatti e t-shirt con la stampa del Terzo Tempio.

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The Third Temple – http://www.thejerusalemgiftshop.com/the-third-temple-model-kit-ezekiel-s-vision.html

Quando si vive a Gerusalemme, il Nobile Santuario è esattamente questo. Si tratta di una difesa dalle umiliazioni quotidiane dell’occupazione, è il centro della vita tradizionale della città, è il cuore psico-sociale. E’ l’unico posto che Israele non possiede.

E per questo che è sotto attacco. Ogni giorno gruppi di coloni con scorte armate attraversano i suoi giardini, soldati israeliani scorrazzano e si addestrano sui suoi prati, mentre l’accesso ai residenti palestinesi e ai fedeli viene regolarmente limitato. All’ingresso riservato ai coloni, la polizia ha decine di scudi antisommossa allineati in preparazione del successivo scontro.

La violenza, naturalmente, non è concentrata a Gerusalemme. Da una parte all’altra della Cisgiordania i coloni attaccano. Nelle ultime 24 ore ci sono stati 395 palestinesi feriti  e la Mezzaluna Rossa ha dichiarato lo stato di emergenza dopo che sono stati attaccati non meno di 14 equipaggi delle ambulanze. A Gerusalemme una marmaglia si è lanciata attraverso la città alla ricerca degli arabi, fino a bloccare un tram per “controllare” tutti i passeggeri. La furia si è conclusa con la morte di un giovane palestinese, la cui famiglia ha riferito che era uscito per fare jogging. [Oggi è stato riferito che un  ragazzo palestinese di 13 anni è stato ucciso dalle forze israeliane nel campo profughi di Aida vicino a Betlemme.]

La vita in Palestina è una vita  spinta al punto di rottura. Perché è in quei punto di rottura che Israele si scatena. Quando le persone sono spinte oltre la linea in cui le loro vite sono degne di essere vissute, quando un palestinese accoltella un israeliano consapevole che lui non vivrà per più di qualche minuto – questo è il tipo di casualità, di violenza non organizzata che Israele ricerca per sostenersi e mantenere vivo il ciclo di rappresaglie di massa credendo così di liberarsi dai palestinesi per sempre.

* Omar Robert Hamilton è un regista e scrittore. Co-fondatore di Cairo Mosireen Collective, ha realizzato decine di cortometraggi politici sulla rivoluzione egiziana. Egli è anche un co-fondatore del Festival della Letteratura della Palestina, e ha lavorato come produttore per il Festival dal 2010.

trad. Invictapalestina

Fonte: http://mondoweiss.net/2015/10/jerusalem-breaking-point#comments

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