Una piccola casa editrice che pubblica la Palestina in Italia

Intervista a Wasim Dahmash, seconda parte.

20 marzo 2017, Simonetta Lambertini (*)

Parliamo di Edizioni Q. Come è nata? Quando?

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È nata intorno al 1999: alcuni ricercatori della Sapienza, giovani entusiasti, hanno pensato di fare qualcosa per i popoli oppressi. Alla fine degli anni ’90 c’è stato un inizio, anche drammatico, dell’immigrazione – in quel momento albanese -, ma era tutta la società che in generale stava cambiando. L’idea era nata per studiare tali cambiamenti. Quei giovani partivano dall’idea che fosse necessario divulgare la conoscenza del resto del mondo. L’Europa stava accogliendo, e lo sta facendo tuttora, popolazioni di altri contesti culturali che solo gli specialisti conoscono, almeno in parte. I politici non ne sanno niente, continuano a non saperne niente; i giornalisti ne sanno meno, continuano a saperne sempre di meno, e così via. L’idea era quindi quella di far conoscere, attraverso la letteratura e la cultura, altre popolazioni, a cominciare da quelle più vicine, quelle del mondo arabo: i vicini di casa nel Mediterraneo.

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Janna, il premio e le due misure

21 marzo 2017, Enrico Campofreda

Nota sui social per essere sostenuta da molti attivisti pro palestinesi, oltre che dai familiari, la piccola reporter di dieci anni, Janna Ayyad, che vive a Nabi Saleh (Cisgiordania) e da tre usa le microcamere dei cellulari per riprendere scene di quotidiana violenza subìte dalla sua comunità, ha ultimamente accresciuto la sua fama. E’ stata premiata nientemeno che dal presidente turco Erdoğan per la determinazione, la precisione, il coraggio con cui lancia l’occhio rivelatore della cinepresa su scene da cui dovrebbe stare lontana.

La madre sostiene che non le va a cercare perché le condizioni d’oppressione e dolore circondano le vite loro e di tanti concittadini. Purtroppo sin da bambina Janna ha dovuto conoscere la morte di un compagno di giochi, di un cugino, di uno zio, tutte scaturite dalla violenza dell’occupazione israeliana. Per volere anche dei genitori, l’occhio tecnologico di Janna si posa su brutti episodi, che lei vuole comunque mostrare. Finora ha scampato sequestro dell’iPhone e carcere perché è una bambina, se dovesse continuare (e lei e i familiari lo vogliono) probabilmente nasceranno problemi con la polizia, nonostante la giovanissima età. Per quest’audacia, per la conseguente denuncia politica Erdoğan le ha donato un trofeo che ne premia doppiamente la giovane età e l’impegno nell’informazione.

Però fra i tanti sostenitori della causa palestinese e di altre etnìe oppresse parecchi non hanno potuto tacere lo sdegno verso lo statista che applica pesi e misure differenti a seconda degli interessi di bottega.

Se quella giovinetta fosse stata kurda quali attenzioni avrebbe ricevuto dalle autorità turche? Basta chiederlo alle popolazioni del sud-est del Paese, sottoposte da un biennio a una repressione tornata ferocissima come negli anni Ottanta e Novanta, quando il conflitto strisciante fra esercito di Ankara e la copiosa minoranza etnica della fascia orientale anatolica segnò la morte di oltre 40.000 kurdi.

L’attuale presidente e prim’ancora premier turco utilizza cronaca e vicende a piacimento sfruttando, a vantaggio della sua politica, qualsivoglia avvenimento per guadagnarne in popolarità e consensi. La causa palestinese è per antonomasia la pietra dello scandalo della realtà mediorientale soprattutto per come è stata manipolata e per come viene usata da Israele e dagli alleati occidentali. Così il repressore della libertà di stampa e anche d’opinione in Turchia ha interpretato l’ennesima pantomima di grande difensore degli oppressi, mentre in patria si comporta da soffocatore della democrazia e carceriere degli oppositori. Se Janna fosse di nazionalità kurda Erdoğan non le permetterebbe nulla di quanto le consente da palestinese. Una real-politik soffocante, opportunista, degenere.

Wasim Dahmash e la letteratura palestinese

20 marzo 2017, Simonetta Lambertini (*)

Recentemente Rosario Citriniti, fondatore di Invictapalestina – Centro di informazione politica, storica e letteraria sulla Palestina – diventata negli anni un collettivo di informazione, ha chiesto la mia disponibilità ad occuparmi della biblioteca del centro e dei suoi circa 500 volumi. Non sono molti anni che ho scoperto la letteratura palestinese e devo tanto a Wasim Dahmash per avermela fatta avvicinare.

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La primavera della letteratura palestinese

in copertina dipinto di Nabil Anani A view around Ramallah Acrylic on canvas, 2013

Roma 15 Marzo 2017

Da marzo fino ad aprile sbocceranno a Roma diverse iniziative interessanti, volte a far conoscere la letteratura palestinese, in cui saranno coinvolte anche librerie e biblioteche comunali. Abbiamo pensato che presentare per tempo il ricco calendario aiuterà una maggiore diffusione e partecipazione e, magari, a stimolare associazioni e persone di altre città che hanno in programma iniziative simili ad attivarsi per farci conoscere i loro calendari da aggiungere a questo e iniziare così un monitoraggio di quanto si muove in Italia e pubblicizzarlo. Le idee e le iniziative di tutti potrebbero stimolarne altre e dare l’avvio a una primavera permanente per la letteratura palestinese in Italia.

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“La Sfida accettata di Facebook”

Foto copertina: La sfida accettata sulla Stampa di Torino

Torino, 14 marzo 2017

In questi giorni Facebook è invaso da foto personali del passato, il social network si è trasformato in una  nostalgica carrellata degli album di famiglia, una iniziativa nata in UK per sensibilizzare sulla lotta ai tumori, si è trasformata velocemente in una catena di “sfide” che fornisce migliaia di foto su come eravamo ai  servizi segreti di tutto il mondo.

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